Circoli è il titolo di una importante rivista letteraria nata a Genova nel 1931. Il fondatore di Circoli fu il poeta genovese Adriano Grande, il quale, oltre a dare preminenza assoluta alla poesia, scelse tra i suoi più stretti collaboratori altri poeti liguri come Guglielmo Bianchi, Angelo Barile, Camillo Sbarbaro, Eugenio Montale e Giovanni Descalzo. Non per questo furono trascurati altri poeti - provenienti da quasi tutte le regioni italiane - che, secondo il rigoroso programma della redazione di Circoli, sapevano bene incarnare lo spirito e l’essenza di quella che proprio allora fu definita “Lirica nuova”. Tra di essi spiccano i nomi di Attilio Bertolucci, Alfonso Gatto, Glauco Natoli, Sandro Penna, Salvatore Quasimodo, Leonardo Sinisgalli, Sergio Solmi, Umberto Saba ecc. Meno spazio, nelle pagine della rivista trovarono i prosatori ed i saggisti; mentre al contempo furono ospitati alcuni poeti stranieri, anche molto famosi, come Emily Dickinson, Thomas Stearn Eliot, Edgar Lee Masters, Marianne Moore ed Ezra Pound. Nel 1935 la rivista mutò la sua sede, trasferendosi a Roma. Scomparsa per tutto il 1936, Circoli, a partire dal 1937 riprese le pubblicazioni, avvalendosi di nuovi redattori e collaboratori (tra i quali anche Indro Montanelli). Già in questa nuova fase la poesia comparve più sporadicamente, mentre l’attenzione si spostò maggiormente sulla politica, la narrativa e la storia dell’arte. A partire dal 1940 cambiò nome in Raccolta, e dopo tre anni chiuse definitivamente i battenti. Per chiudere, ecco tre poesie apparse nel periodo d’oro della rivista genovese.
LA MADRE
di Glauco Natoli
Ecco: l'ombra è
discesa
e immota sulla
soglia
t'offri al buio
che tutta in trame d'astri
la tua vita già
morta
ricomponga.
Di te ti scordi e
sorridi
ai bambini
perduti:
dolore che
dissecca
ed era in te del
loro
lontanare
dubbiosi
o a prima alba
morire.
Anch'io sepolto:
m'affonda peso
lieve d'amore
e giaccio inerte
né i ginocchi mi
scioglie
la stagione che
tutta si rinnova.
E non mi cerca
che un richiamo
scarno di madre
gettato
sull'abisso
al mio nuovo
salire.
(da «Circoli», maggio/giugno
1931)
IN SECCA
di Adriano Grande
Di pianto
rifiutato
troppo s'imbeve
il cuore.
E duole, troppo
spesso
duole.
Legno, si gonfia
dove fu distratto
il calafato; e
marcisce.
Un poco mi
guarisce
lo stare in secca
al sole.
Uomo, mi sono
fatto
coraggio: ed ho
imparato,
io che stonato
nacqui,
a cantare.
Meglio sarebbe
stato
spremere questo
male in tante lagrime
dopo ogni
viaggio: o affondare,
varato.
(da «Circoli», luglio/agosto
1931)
IDILLIO ALLE
VIGNE
di Leonardo Sinisgalli
Al tempo delle
vigne
carica di furore
ai nostri occhi
si scopriva la
terra e nelle mani
ancora al gesto
acerbe e serene.
Si torceva alle
giunture
sotto il peso del
fiore
la pianta del
fico dolente.
Alla nuca era
giunto il contagio.
Infanzia gridata
dagli uccelli
ti cacciava la
sete a gola aperta
a piedi nudi
sulle crete,
il passo lesto
all'insidia delle serpi.
(da «Circoli»,
settembre/ottobre 1934)
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