Nacque a Palermo
nel 1858 e morì ad Erice nel 1885. Oltre che poeta, fu narratore, giornalista e
critico letterario; fu anche cofondatore e condirettore della rivista «La Farfalla», dove
pubblicò memorabili articoli. Partecipò, da volontario combattente, alla guerra
tra Epiro e Turchia. Morì a soli ventisette anni, dopo aver conseguito la
libera docenza in letteratura italiana all’Università di Catania. Le sue
sparute raccoltine di versi, mostrano a volte un’anima ribelle, che si scaglia
contro i detentori del potere; esiste però anche un lato intimista dell'Onufrio, che in taluni casi, rivolgendosi ai migliori amici, mette in versi una dettagliata descrizione dei suoi ricordi più belli
vissuti insieme a loro. Complessivamente, la sua poesia rappresenta un
proseguimento della scapigliatura, pur possedendo alcuni elementi che la avvicinano anche al realismo.
Enrico Onufrio |
Opere poetiche
“Barbarie”, Tip.
Gaudiano, Palermo 1877.
“Momenti”, Tip.
Gaudiano, Palermo 1878.
“Albàtro”,
Sommaruga, Roma 1882.
Presenze in
antologie
"Poeti della
rivolta", a cura di Pier Carlo Masini, Rizzoli, Milano 1977 (pp. 207-210).
"Sicilia, poesia dei mille anni", a cura di Aldo Gerbino, Sciascia, Caltanissetta-Roma 2001 (pp. 348-352).
Testi
MOMENTI
Momenti, momenti
D'orribile noia,
Momenti di gioia,
Volate co' venti,
Correte le vie,
Leggiadre follie.
Se il mondo
v’accoglie
Col riso e lo
scherno;
Se un urlo
d'inferno
Vi ferma alle
soglie,
La folla
lasciate...
Momenti, tornate!
(da "Momenti", Gaudiano, Palermo 1878, pp. 9-10)
IN VILLA
Quando viene la
sera, e la campana
Spande nell'aria
un suono di lamento,
E la nebbia
s'addensa a la fiumana,
E corre i campi,
sibilando, il vento,
O mio povero cor,
cui lunga e arcana
Infermità va
distruggendo a lento,
Te pur la nebbia
de la vita umana
Fredda e greve
ravvolge in quel momento.
Ma nel deserto de
la vita mia,
Dolce conforto al
mio lungo dolore,
Mi sorride una
donna onesta e pia;
E brilla ne le
sue luci serene
Solitaria una
lacrima d'amore:
Povera mamma
quanto mi vuol bene!
(da
"Albàtro", Sommaruga, Roma 1882, p. 55)
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