sabato 14 agosto 2021

Nubila

 

                                  Je porte en moi le tombeau de moi même

                                          et suis plus mort que ne sont bien de morts

                                                                       Th. Gautier.

 

 

Le gocce cadevano rare...

qual sangue che sgorghi tepente

le intesi sul volto colare:

 

e l'afa era greve, opprimente

in quell'estuare precoce

di un livido cielo inclemente.

 

Ne 'l core mi tacque ogni voce:

il cuore mi fu un utensile

inutile, sordo e veloce.

 

La stupida mente servile

pur senza sentiero, sentiva

null'altro che d'esser vile...

 

Ne 'l sonno che lento sfiniva

le membra pesanti mi parve

la stessa mia vita non viva.

 

Venivano intorno le larve

di un sogno che con l'oscurare

del sole più non comparve:

 

le gocce cadevano rare...

 

 


 

Nubila è il titolo di una poesia di Guido Ruberti (Roma 1885 - ivi 1955), che fa parte della raccolta Fiaccole, pubblicata nel 1905 dalla Casa Editrice Nazionale Roux & Viarengo, che aveva sede sia a Roma che a Torino. Più precisamente, Nubila (titolo in lingua latina che significa "Nuvole"), si trova alle pagine 16 e 17 di detto volume (vedi foto in alto), come terzo componimento poetico della prima sezione intitolata: Libro I (1903-04). L'epigrafe riporta due versi di Théophile Gautier, che fanno parte della lirica Le trou du serpent (in italiano si possono tradurre così: Porto in me la tomba di me stesso / e sono più morto di molti morti). Dopo molti anni dalla sua prima pubblicazione in volume, Nubila fu recuperata dal critico letterario Nino Tripodi, che la inserì nell'antologia I crepuscolari (Il Borghese, Milano 1966); qui la si legge a pag. 399. Il tema trattato da questi versi è comune a molti poeti crepuscolari, e riguarda sostanzialmente il sentirsi svanire, in una giornata caldissima, sia a livello cerebrale che corporale. Da notare che Ruberti parla di qualcosa già avvenuto, come dimostra l'uso dell'imperfetto. Mentre l'afa imperversa spietata, il poeta sente le gocce di sudore che scorrono lungo il suo volto e poi cadono; nello stesso tempo egli prova una sorta di torpore, un senso di debolezza ed una soverchiante sonnolenza che lo spingono a lasciarsi andare, quasi stesse per morire, abbandonandosi alle larve di un sogno che, col finire della giornata, si dilegua, scompare così come la sensazione di vivere, lasciando prevalere soltanto il presentimento di una imminente e dolce morte.

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