Tu guardi
taciturnamente il mare che dorme
che chiedi alla
fuggente onda che mai non sta?
Ecco: e in alto,
nel bacio lunare, a torme a torme,
valicano leggere
nubi l'immensità.
Chiedi anche a
loro, o donna, perché si viva: e quanto
resti eterno nel
mondo, come chiedesti al mar...
Dorme alla notte
immensa l'immenso camposanto:
chiedi qual legge
ha il mondo. Ei ti risponde: Andar.
Dove? Non sa. Ma
tutto tutto è moto. Che resta
delle cose che il
flutto suo rispecchiava un dì?
Andare, andare,
andare: è la legge funesta
e inutile del
mondo. Dice il mare così.
Chiedi qual legge
ha il mondo alle nuvole lente
che veleggiano il
cielo ne l'insonnia lunar.
Noi pellegrine
eterne passiamo eternamente:
legge triste ed
inutile: ma legge unica, andar.
Tu dai pensosi e
tristi occhi sognanti, o bianca
donna, chiedi al
poeta perché si viva: ohimè,
l'anima del poeta
non è che un'onda stanca,
che una passante
nuvola l'anima sua non è.
Domanda vana è il titolo di una poesia di Cosimo Giorgieri Contri
(Lucca, 16 agosto 1870 - Viareggio, 14 febbraio 1943), presente nella raccolta La donna del velo, pubblicata in Torino
da S. Lattes & C. Editori, nel 1905. Più esattamente si trova alle pagine
89 e 90 di detto volume (vedi foto in alto). L'autore è un poeta che fu tenuto
in grande considerazione, almeno da alcuni poeti crepuscolari (mi riferisco in
particolare al gruppo torinese); d'altronde le tematiche, le atmosfere e gli
stati d'animo trasfusi in versi dallo scrittore toscano, già dalle primissime
raccolte pubblicate nell'ultimo quindicennio del XIX secolo, avevano molti elementi
che si avvicinavano a quelli di Gozzano, Corazzini e sodali. Qui si riporta una
poesia emblematica, che tende a dimostrare l'inutilità della vita, paragonata
alle onde del mare che s'infrangono di continuo sulla riva senza un motivo
plausibile, o simile alle nuvole che attraversano di continuo il cielo, e passano e
ripassano all'infinito, senza un perché, se non quello di un insensato andare
perpetuo. Come è usuale nei versi del Giorgieri Contri, in questo contesto c'è
una presenza femminile, che è poi colei che formula la fatidica domanda del
titolo: "Perché si vive?". A questo dilemma il poeta sa rispondere
semplicemente e con sicurezza: non esiste un perché alla vita, ma è anche inutile
farsi queste domande: bisogna soltanto andare avanti, perché questa è l'unica
"legge funesta del mondo", e anche l'anima del poeta è simile
all'onda stanca che muore sulla riva, anch'essa somiglia ad una qualsiasi
nuvola che attraversa il cielo sereno, per finalmente scomparire, consapevole
della propria inutilità.
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