lunedì 16 agosto 2021

Domanda vana

 

Tu guardi taciturnamente il mare che dorme

che chiedi alla fuggente onda che mai non sta?

Ecco: e in alto, nel bacio lunare, a torme a torme,

valicano leggere nubi l'immensità.

 

Chiedi anche a loro, o donna, perché si viva: e quanto

resti eterno nel mondo, come chiedesti al mar...

Dorme alla notte immensa l'immenso camposanto:

chiedi qual legge ha il mondo. Ei ti risponde: Andar.

 

Dove? Non sa. Ma tutto tutto è moto. Che resta

delle cose che il flutto suo rispecchiava un dì?

Andare, andare, andare: è la legge funesta

e inutile del mondo. Dice il mare così.

 

Chiedi qual legge ha il mondo alle nuvole lente

che veleggiano il cielo ne l'insonnia lunar.

Noi pellegrine eterne passiamo eternamente:

legge triste ed inutile: ma legge unica, andar.

 

Tu dai pensosi e tristi occhi sognanti, o bianca

donna, chiedi al poeta perché si viva: ohimè,

l'anima del poeta non è che un'onda stanca,

che una passante nuvola l'anima sua non è.

 

 


 

Domanda vana è il titolo di una poesia di Cosimo Giorgieri Contri (Lucca, 16 agosto 1870 - Viareggio, 14 febbraio 1943), presente nella raccolta La donna del velo, pubblicata in Torino da S. Lattes & C. Editori, nel 1905. Più esattamente si trova alle pagine 89 e 90 di detto volume (vedi foto in alto). L'autore è un poeta che fu tenuto in grande considerazione, almeno da alcuni poeti crepuscolari (mi riferisco in particolare al gruppo torinese); d'altronde le tematiche, le atmosfere e gli stati d'animo trasfusi in versi dallo scrittore toscano, già dalle primissime raccolte pubblicate nell'ultimo quindicennio del XIX secolo, avevano molti elementi che si avvicinavano a quelli di Gozzano, Corazzini e sodali. Qui si riporta una poesia emblematica, che tende a dimostrare l'inutilità della vita, paragonata alle onde del mare che s'infrangono di continuo sulla riva senza un motivo plausibile, o simile alle nuvole che attraversano di continuo il cielo, e passano e ripassano all'infinito, senza un perché, se non quello di un insensato andare perpetuo. Come è usuale nei versi del Giorgieri Contri, in questo contesto c'è una presenza femminile, che è poi colei che formula la fatidica domanda del titolo: "Perché si vive?". A questo dilemma il poeta sa rispondere semplicemente e con sicurezza: non esiste un perché alla vita, ma è anche inutile farsi queste domande: bisogna soltanto andare avanti, perché questa è l'unica "legge funesta del mondo", e anche l'anima del poeta è simile all'onda stanca che muore sulla riva, anch'essa somiglia ad una qualsiasi nuvola che attraversa il cielo sereno, per finalmente scomparire, consapevole della propria inutilità.

Nessun commento:

Posta un commento