domenica 15 agosto 2021

Le piccole cose

 

Talvolta

(la notte è scesa

con la paura

e il vipistrello sventola

l’ali sue di spettro

che non fanno strepito)

dentro la nostra casa solitaria

sentiamo brevi rumori nell’aria...

 

Sono le piccole cose che tremano.

 

Talvolta

(entrando nella stanza

dove l’ombra ha dormito in una bara)

sentiamo una lima

lontanissima limare,

stridere un tarlo...

 

Sono le piccole cose che gemono.

 

Talvolta

(l'anima nostra è in pace

e l'occhio svaria

dalla finestra aperta

su la campagna che giace

quieta e solitaria

sotto la luna deserta)

sentiamo nell'aria...

 

Sono le piccole cose che cantano.

 


 


Le piccole cose è il titolo di una poesia di Tito Marrone (pseud. di Amedeo Marrone, Trapani 1882 - Roma 1967), che fu pubblicata per la prima volta nella rivista La Vita Letteraria del 1° di giugno del 1905. In seguito ricomparve in varie antologie, per essere poi inclusa nel volume: Tito Marrone, Antologia poetica a cura di Donatella Breschi, Guida Napoli 1974; qui la si trova alla pagina 128 (vedi foto in alto), come sesta poesia della sezione Poemi provinciali (1903-1907). Questi versi hanno ben poca attinenza con la poesia delle "piccole cose" di pascoliana memoria; nemmeno hanno a che vedere con le famose "cose di pessimo gusto" decantate da Guido Gozzano. Il poeta che più si avvicina, per tematica e per modus operandi, alla lirica del Marrone, è senz'altro Sergio Corazzini, che in una prosa lirica intitolata Soliloquio delle cose, fa un'operazione molto simile a quella del poeta siciliano: entrambi danno vita agli oggetti - piccoli e insignificanti - che si trovano all'interno della loro casa; questi ultimi quindi si animano, pensano, parlano, a volte si muovono e di conseguenza emettono dei rumori. A mio personale parere, è anche una sorta di reazione che nasce da un'esistenza costretta alla solitudine - magari limitata e confinata alle mura di un appartamento -, da cui la mente cerca di evadere immaginando che gli oggetti domestici (unici compagni presenti) possano in qualche modo possedere dei requisiti inerenti alla vita, così come le piante. Da questo presupposto nascono le fantasticherie raccontate dal Marrone, che percepisce dei rumori insoliti e misteriosi, e li spiega col fatto che gli oggetti siano in grado di far avvertire la loro essenza vitale soltanto in quel modo, e che il poeta sia il solo (o uno dei pochi) a poterlo testimoniare.   

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