Il nome di
Diego Angeli (Firenze 1869 - Roma 1937) ricorreva spesso nelle più importanti riviste italiane di fine Ottocento e
d'inizio Novecento; interventi e articoli di vario genere, prose, traduzioni e
poesie infatti si ritrovano sulle pagine del Convito, del Marzocco, di
Nuova Antologia e addirittura in Poesia. Scrisse versi in gioventù,
pubblicando due raccolte poetiche di grande valore. La Città di Vita uscì nel
1896 e segnò il suo esordio poetico. Il libriccino, edito a Spoleto dalla
Tipografia dell'Umbria, si sostanzia in 62 pagine che contengono 38 poesie. La
prima, che dà il titolo all'opera, mette in risalto una sorta di luogo ideale,
ovvero una città dell'anima, popolata da pensieri di estrema purezza, da sogni,
da orti protetti da mura alte e da santi pregati o invocati dal poeta
all'interno di un oratorio ben isolato e sicuro; altro non è che la torre d'avorio immacolata dove nessun altro ha
mai potuto giungere né sporcare o violare quel luogo fantastico eppur reale, necessario al poeta per poter vivere una vita degna. Altra poesia da
segnalare è il sonetto Lacrime, dove
si assiste ad una pioggia notturna di gocce ardenti che giungono al suolo e
vengono bevute dalla terra. La pioggia di lacrime non ha fine e donde vengano è
un mistero assoluto. Il mondo intero rimane esterrefatto di fonte a questa
caduta continua d'acqua, mentre la Terra se ne compiace e l'accoglie felice di
essere fecondata grazie da essa. Molto bella è anche Tristezze d'una sera d'inverno, seppure debba più di qualcosa al
D'Annunzio del Poema Paradisiaco. Più
avanti, si trovano tre poesie: L'Amorosa,
Il Castigo e L'Addolorata, incentrate su personaggi femminili sofferenti; anche
in questi versi Angeli è debitore del D'Annunzio, ma riesce comunque ad
aggiungere qualcosa di più intenso rispetto al poeta pescarese, mostrando una
partecipazione ed una comprensione personale al dolore sofferto dalle donne
descritte in modo eccelso. L'Abbandonato
e L'Albero sono invece due brevi
poesie che devono molto al Giovanni Pascoli di Myricae; piace comunque la prima delle due, per l'ottima capacità
di Angeli nel tratteggiare il patimento del povero bambino a cui è stato da poco
amputato un arto. Ne La vedova, è di
nuovo in primo piano una figura femminile dolorante, ma insieme a lei, il
dolore ha sconvolto anche l'intera famiglia, ovvero i due piccoli figli che la
seguono sulla strada verso il cimitero, dove il defunto genitore troverà
sepoltura. Bellissime le poesie intitolate Il
parco e Orto botanico, in cui è
evidente l'influenza dannunziana esercitata sul nostro (soprattutto pensando ai
versi di Hortus conclusus e Hortus larvarum, inserite nella raccolta
Poema paradisiaco), ma, come in altri
casi, Angeli riesce ad eguagliare - se non a migliorare - il suo maestro,
inserendo nel contesto del giardino-parco-orto decadente, personaggi ed
atmosfere di grande suggestione. Seguono, nell'ordine, quattro poesie invernali
(Santa Sabina; Sera d'inverno ad Acqua Traversa; Giorno d'inverno a Lunghezza; Pomeriggio
di Decembre ai monti Parioli) e tre autunnali (In una villa, d'autunno; Tramonto
di un giorno d'ottobre; Sonetto
d'autunno), in cui di nuovo la fa da padrone un clima decadente che Angeli
riesce a ricostruire in maniera egregia. Nell'ultima lirica: La festa, si rilevano elementi che
paiono anticipare le prime poesie di Aldo Palazzeschi. In effetti, a proposito
di quest'ultimo accostamento, sia La
Città di Vita che L'Oratorio d'amore
(pubblicato nel 1904), sono libri che presentano molti versi
"crepuscolari", se non fosse che l'autore li scrisse in netto
anticipo rispetto alla nascita del movimento poetico che inaugurò la migliore
stagione della poesia italiana del Novecento.
Chiuso
riportando tre poesie presenti in La Città di Vita.
L'AMOROSA
Sotto il bassorilievo del seicento,
nel parco, un poco triste, ella è seduta.
Ora in lei sorge un nuovo sentimento:
pensa la dolce illusion perduta,
e sibila tra i rami esili, il vento.
Ella è sola e già prossima è la sera;
un vapor d'oro scende su gli estremi
orizzonti; una tacita preghiera
in lei s'agita; i bianchi crisantemi
tutti abbandona sulla veste nera.
Ella pensa: - L'amore è stato breve.
Il bel sogno è finito! Ora qui sola
io ritorno. L'amore è stato breve. -
Chi ascolterà la sua dolce parola?
Oh il silenzio! L'amore è stato breve.
Sta sul banco di marmo l'Amorosa:
un platano su lei tende una rama
tutta d'oro; la fronte dolorosa,
casta, rispecchia la profonda brama
del suo cuore. Nell'ombra ella riposa.
(da La Città di Vita, p. 20)
ORTO BOTANICO
Era quello che ho visto in una sera
d'inverno, dentro l'orto abbandonato.
Il sole a quando a quando era velato
dalle nebbie diafane, sul prato
cadean le foglie ed era già la sera.
Nessuno più sedea sopra i sedili
marmorei, nessuno più passava
nei viali ove l'erba germogliava
da tempo; qualche foglia pur restava
su gli olmi, altre ingombravano i sedili.
Fumigava nel vespero la terra
umida e si spargea come un odore
grave di muffe e il sole avea un languore
indefinito e sembrava che l'ore
indugiasser più lente sulla Terra.
E in fondo all'Orto ardea limpido un fuoco.
In fondo, accanto alle solenni porte
di travertino ardean le foglie morte
le fiamme divampavano scontorte,
e sola cosa viva era quel fuoco.
(da La Città di Vita, p. 50)
IN UNA VILLA, D'AUTUNNO
L'infinita tristezza del cortile
veduto nelle lunghe ore piovose
a traverso le imposte polverose
rigate dalla fredda acqua sottile.
La pianta che intristisce in un bacile
di creta tra le mura tediose,
e le bianche pozzanghere fangose
in fondo allo scalone signorile.
Piombano l'ore ad una ad una nello
spazio, senza speranza di ritorno,
lenta misura dell'eternità.
Ma l'aspetto del luogo è sempre quello,
sempre quello, così per tutto il giorno
per sempre: e chi sa mai se cambierà?
(da La Città di Vita, p. 55)
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