domenica 22 dicembre 2019

Poeti dimenticati: Carmelo Errico


Nacque a Castel Baronia, in provincia di Avellino, nel 1848. Dopo i primi studi effettuati a Benevento, si trasferì a Napoli, dove conseguì la laurea in Giurisprudenza. Fu quindi a Roma, dove conobbe, tra gli altri, scrittori famosi come Gabriele D'Annunzio e Matilde Serao. Professò l'avvocatura, spostandosi, durante la sua carriera, in varie città italiane. Morì nella capitale a soli quarantaquattro anni.
La poesia di Errico, che si distingue per una sapiente musicalità e per una sincera malinconia, può essere inserita nelle correnti tardo-romantiche e pre-crepuscolari che contraddistinsero la seconda metà del XIX secolo.



Opere poetiche

"Malinconie", Casali, Forlì 1870.
"Versi", Galeati, Imola 1878.
"Convonvoli", Sommaruga, Roma 1883.
"Convolvoli" (2° ed. ampliata), Campitelli, Foligno 1894.





Presenze in antologie

"Poeti minori del secondo Ottocento italiano", a cura di Angelo Romanò, Guanda, Bologna 1955 (p. 392).
"I poeti minori dell'Ottocento", a cura di Ettore Janni, Rizzoli, Milano 1955-1958 (vol. IV, pp. 54-61).
"Poeti minori dell'Ottocento italiano", a cura di Ferruccio Ulivi, Vallardi, Milano 1963 (pp. 597-599).



Testi

UNA VIOLA

China sul gambo gracile
La delicata testa,
O violetta mammola,
Passavi i giorni, mesta.
Sola, sul clivo florido,
Dove l'april fa festa,
         Gemevi sola.

Modesta, in tuo silenzio
Tu di un arcano amore
Parlavi, o vera immagine
Di chi sospira e muore:
Parlavi, e malinconica,
Dolce scendeva al core
         La tua parola.

Trista, ne l'ora tacita
Che si scolora il giorno,
Errando solitaria
Al molle clivo intorno
Una pietosa vergine,
Ti tolse al tuo soggiorno
         E al tuo dolore.

Ne le tue foglie pallide,
O fior senza speranza,
Cadde la mesta lagrima
D'una pia ricordanza,
E pegno d'amicizia
A me venisti. Or stanza
         Hai qui, sul core.

E mi sei cara. Un palpito
Tu mi ridesti in petto,
E i dolci desideri
D'un innocente affetto.
Sempre, o viola mammola,
Mio fiorellin diletto,
         Con me sarai.

Te rimirando, al subito
Svanir dei cari inganni,
Ed ai giorni incantevoli,
Ed ai presenti affanni
Ripenso. Ahimè non tornano
I miei dieciassette anni:
         Vissi, ed amai.

(da "Versi")




MARINA

Ne l'ampia solitudine
Del vespero d'estate
Le paranzelle dormono
Su l'acque addormentate.

Con le vele senz'aria,
Accidiose e lente
Si cullano ne l'ultimo
Raggio del sol morente.

Stanno. In grembo a la tenue
Nebbia crepuscolare
S'immergono, dileguano
Lungi, tra cielo e mare.

Per l'aere non palpita
Nessun'ala di canto;
Di vita nessun fremito
Move dai campi. Intanto

Pe 'l mar de le memorie,
Come una vela bianca,
Pe 'l mar dei sogni naviga
L'anima oppressa e stanca.

E, nel vasto silenzio
De la notte che scende,
La tua gentile imagine
Agli occhi miei risplende.

Invocata, a l'Angelico
Più serena e più bella
Non apparve la Vergine
Ne la deserta cella.

(da "Convolvoli")


Nessun commento:

Posta un commento