domenica 8 dicembre 2019

La mitologia nella poesia italiana decadente e simbolista


Di riferimenti alla mitologia se ne possono trovare a non finire in tutta la poesia di ogni epoca, ed anche, ovviamente, nelle poesie dei decadenti e dei simbolisti italiani; quella greca è, per forza di cose, la più presente: miriadi di versi sono dedicati a divinità, mostri e personaggi vari che compongono la stupenda e altamente affascinante mitologia della Grecia antica. In minor misura, ma ben presenti, sono altre figure leggendarie, spesso appartenenti alla storia della letteratura. Ancora più rari sono i versi in cui la fanno da protagonisti i santi o comunque i personaggi della religione cristiana che, col tempo, furono ammantati da un'aura leggendaria (tanto potente e convincente da divenire veri e propri miti). C'è infine qualche poeta che rievoca le mitologie nordiche: anch'esse colme di personaggi fantasiosi e di storie suadenti, ma evidentemente meno conosciute nel nostro paese. Inutile aggiungere che ogni storia ed ogni personaggio di queste poesie hanno un riferimento più o meno chiaro ai tempi in cui furono scritte, e di conseguenza possono essere il simbolo di qualcosa o di qualcuno.



Poesie sull'argomento

Mario Adobati: "Circe" in "I cipressi e le sorgenti" (1919).
Vittoria Aganoor: "L'ultimo canto di Saffo" in "Poesie complete" (1912).
Diego Angeli: "Dafne" in "L'Oratorio d'amore" (1904).
Alfredo Baccelli: "Miti silvestri" in "Poesie" (1929).
Gustavo Botta: "Medusa" in "Alcuni scritti" (1952).
Giovanni Camerana: "Su, galoppate adunque..." in "Poesie" (1968).
Guglielmo Felice Damiani: "Leggenda" in "Lira spezzata" (1912).
Gabriele D'Annunzio: "Diana inerme" in "L'Isotteo. La Chimera" (1890).
Gabriele D'Annunzio: "Psiche giacente" in "Poema paradisiaco" (1893).
Luisa Giaconi: "Philomela" in «Dai nostri poeti viventi» (1896).
Luisa Giaconi: "Il pianto di Agar" in "Tebaide" (1912).
Cosimo Giorgieri Contri: "Il viale delle Muse" in "Mirti in ombra" (1913).
Domenico Gnoli: "Ostia" in "Fra terra ed astri" (1903).
Domenico Gnoli: "Via Appia" in "Poesie edite e inedite" (1907).
Corrado Govoni: "Siringa fioca", "San Giorgio",  "Gruppo" e "Graal" in "Le Fiale" (1903).
Corrado Govoni "Loengrino" in "Gli aborti" (1907).
Guido Gozzano: "L'invito" in "poesie e prose" (1961).
Arturo Graf: "Le Danaidi" in "Le Danaidi" (1905).
Luigi Gualdo: "Venere nera" in "Le Nostalgie" (1883).
Virgilio La Scola: "Delo" in "La placida fonte" (1907).
Giuseppe Lipparini: "Il fauno" in "Le foglie dell'alloro. Poesie (1898-1913)" (1916).
Gian Pietro Lucini: "Protesa Ella fatale e sovrumana", "La "Chimera" e "Penelope moderna, dalle spole" in "Il Libro delle Figurazioni Ideali" (1894).
Gian Pietro Lucini: "Adone" e "Klingsor" in "Il Libro delle Imagini Terrene" (1898).
Marino Marin: "È l'Ellade..." in "Sonetti secolari" (1896).
Tito Marrone: "La Gorgone" in "Sonetti dell'estate e dell'autunno" (1900).
Tito Marrone: "Nummus" in "Le Gemme e gli Spettri" (1901).
Tito Marrone: "La morte dei centauri" in "Liriche" (1904).
Fausto Maria Martini: "Il Cavaliere" in "Le piccole morte" (1906).
Angiolo Orvieto: "Le Chimere" in "La Sposa Mistica. Il Velo di Maya" (1898).
Ceccardo Roccatagliata Ceccardi: "Apua, Ninfa" in «Riviera Ligure», 1903.
Umberto Saffiotti: "Le Sirene" in "Le Fontane" (1902).
Giulio Salvadori: "Saffica ascolana" in «Nuova Antologia», ottobre 1920.
Fausto Salvatori: "La Chimera" in "La Terra promessa" (1907).
Emanuele Sella: "I Numi" in "Rudimentum" (1911).
Pietro Sgabelloni: "Fauno" in «Il Tirso», aprile 1907.
Agostino John Sinadinò: "La morte di Parsifal" in «Poesia», ottobre/novembre/dicembre/gennaio 1906/1907.
Agostino john Sinadinò: "La Dea nel sonno" e "L'Ara d'Apolline" in "Il Dio dell'attimo" (1924).
Giovanni Tecchio: "Alastor" in "Canti" (1931).
Domenico Tumiati: "Aretusa" in "Liriche" (1937).
Alfredo Tusti: "L'arco" in «Roma Flamma», luglio 1904.
Domenico Zarlatti: "Nascono le Walkirie" in «Cronache latine», gennaio 1906.



Testi

VENERE NERA
di Luigi Gualdo

Era una notte chiara e tropicale.
          Nell'aria torrida
Passava un soffio di languor letale,
          Afrodisiaco.

Sul mar brillava un luccichìo di fosforo,
          Misterïoso;
Parca forier di cósmiche battaglie
          L'alto riposo,

Morivan lenti in su la calda riva
          I flutti languidi,
L'onda lambendo la rena moriva
          Con lungo murmurare.

Tutto era bruno: e terra e cielo e oceano;
          Taceano i venti,
Eppur movea lassù un arcano palpito
          Le stelle ardenti.

Stendeasi in là, vastissima pianura,
          Il suol dell'India;
Il sacro suoi della gran fede oscura
          Pieno di tènebre.

Pareva il mar d'alto portento gravido.
          Irrequieto,
Ma la natura già potea conoscere
          Il suo segreto.

Ecco, d'un tratto, l'onda si divide,
          E sorge argentea
In mezzo al mar che intorno ad essa ride
          Una conchiglia,

Vasta conchiglia illuminata, rosea,
          Che par dischiuda
Cosa di ciel, poiché vi sorge Venere
          Divina e nuda,

Ma paurosa ancor più della greca
          Bellezza candida,
Ché bianca no, ma è d'un color che acceca,
          Di bronzo splendido.

S'allieta il ciel, la luna vibra un raggio...
          Ed ecco altera
Incanta allora in sua beltà terribile
          Venere Nera.

(da "Le nostalgie")




IL FAUNO
di Giuseppe Lipparini

Appresso a la fontana ove perenni
sgorgan dal seno del granito l'acque,
a un antico signor del loco piacque
erger un Fauno con lascivi cenni.

Danzavan le fanciulle quando venni
nel magico recesso. Tosto tacque
ogni danzare; ognuna d'esse giacque
a' pie de l'Erma con arguti accenni.

Una sottile voluttà ne l'aria
era; dal suolo un umido languore
saliva; ed elle co i procaci gesti

destavano ne l'anima una varia
brama di baci, o di tranquillo amore,
o di abbracci malefici funesti.

(da "Le foglie dell'alloro")



Gaston Bussière, "Le Nereidi"
(da questa pagina web)


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