lunedì 9 dicembre 2019

Dal canzoniere di un vecchio: Davanti al caminetto


Lo so, lo so: dentro la scorza e i duri
Stami di vostre fibre, o piccioletti
Tronchi, o fascine, imprigionato è il sole
Che vi diè vita... Un dì, giovani rami,
Superbamente la materna quercia
Coronaste di verde; e ben vi parve
Miserevole cosa il gramo arbusto
Su cui l'ombra cadea di vostre foglie,
Tremolanti alla brezza e al vivo sole,
Libere, in alto. Oggi uno stesso fato
Qui vi accomuna; con mal ferma mano
Vi sovrappongo, e, come allor, l'arbusto,
Or tagliato in fascine, un'altra volta
Vi sottostà, ma con diversa sorte.
Ai suoi rami sottili io raccomando
La cara fiamma, ed esso a voi non ombra
Rende, ma luce, ma calore, e al raggio
Almo del sole, in voi dormente, indice
Lietamente la sveglia... Ecco sorride
Il picciol antro affumicato; crepita,
Crepita la fiammata, e in alto spingesi
E per la gola del camino esalasi,
Quasi tornar voglia lassù, nell'aere,
Là dove il padre Sol la invita a ascendere.
Ed io stendo le mani, e il corpo tutto
Protendo, e parte almen tento assorbire
Del colore novo. Un po' di sole ho anch'io,
Latente, sangue, fibre, ossa ridotto
Ed anima... Ma niente ahimè v'induce
Fiamma e calore!... Sopravvivo. È morto
Tutto per me; morti i miei cari; morte
Le mie speranze, i sogni miei!... Felici
Voi, tronchi, voi, fascine! Ecco già siete
Ritornati lassù, mentr'io rimango,
Cenere, a contemplare il cener vostro!





Ecco una poesia molto bella, firmata da un certo Pietro Griffo, di cui non ho trovato alcuna notizia (escludendo che possa essere il famoso vescovo pisano vissuto a cavallo tra il XV ed il XVI secolo). Questi versi, che furono pubblicati nella rivista Cenerentola del 3 dicembre 1893, parlano di un signore anziano e solo - forse il poeta stesso che li ha scritti -, che si trova nella sua casa in una rigida giornata invernale e che, per riscaldarsi, raduna un po' di legna e accende un fuoco nel suo caminetto. Fatto ciò, postosi davanti al focolare, comincia a meditare su quei rami e quelle fascine che guarda mentre a poco a poco s'infiammano. Pensa a quando, anche loro, giovani e forti, erano parti di un albero robusto; ora, secchi e in pezzi, si ritrovano tutti accomunati dalla medesima sorte, e il fuoco li divora incenerendoli; la loro energia adesso abbandona per sempre la terra e s'innalza verso il cielo, dove il sole, come un padre che aspetta il ritorno dei figli lontani, li accoglie lietamente. E quest'estrema energia vitale che, col fuoco, si trasforma in calore, viene utile anche all'anziano uomo, che protende il suo corpo verso la fiamma del focolare, e prova ad immettere dentro sé quella forza che ormai ha perduto, a causa della vecchiaia. Poi si rende conto che la sua è soltanto un'illusione: quel calore che prova ad immagazzinare nel suo corpo, nulla può davanti al tempo spietato che lo ha ridotto ad un rottame umano. Egli ora aspira soltanto a sopravvivere; per quanto riguarda il resto, non gli è rimasto nulla: sono scomparsi i suoi cari, le sue speranze ed anche i suoi sogni. E allora si ritrova, completamente solo e affranto, ad invidiare quei tronchi e quelle fascine che, finalmente, tornano nel sole, ovvero da colui che li ha fatti nascere e li ha nutriti. A lui, povero vecchio, non rimane che osservare la cenere: residuo della combustione che tanto somiglia alla sua persona.

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