A proposito di
poesia italiana, parlando della terza generazione di poeti novecenteschi, è
esistito un gruppo di scrittori toscani che, a partire dalla metà degli anni
'30 e per tutti i restanti decenni del secolo, hanno pubblicato molti volumi di
versi di buono o ottimo valore. Alcuni di essi furono meritatamente elogiati e
divennero celebri; altri lo furono per un periodo soltanto, finendo, dopo
qualche lustro, nel dimenticatoio. Questo mio post intende ricordarli tutti, se
pur brevemente, sperando, in seguito, di dedicare a ognuno ulteriori e più
approfonditi post. Ecco, per cominciare, l'elenco dei poeti: Piero Bigongiari
(Navacchio 1914 - Firenze 1997), Aldo Borlenghi (Firenze 1913 - Milano 1976),
Luca Ghiselli (Viareggio 1910 - Capo Caccia 1939), Mario Luzi (Firenze 1914 -
ivi 2005), Alessandro Parronchi (Firenze 1914 - ivi 2007), Guglielmo Petroni
(Lucca 1911 - Roma 1993), Mario Tobino (Viareggio 1910 - Agrigento 1991). Come
si noterà dai luoghi e dagli anni di nascita che, per ciascuno ho riportato tra
parentesi, tutti nacquero tra il 1910 e il 1914, all'interno della regione
Toscana. Come già anticipato, vi furono quelli che conobbero la gloria, venendo
inseriti nella famosa antologia di Luciano Anceschi: Lirici nuovi, per poi rientrare di diritto tra i cosiddetti
"poeti ermetici". Gli altri, non ebbero la medesima sorte, anche se
furono a loro volta, seppure in tempi diversi, considerati ed elogiati.
Qualcuno perse accidentalmente la vita in giovane età; qualche altro, cogli
anni, trascurò la poesia per dedicarsi con maggior intensità alla prosa;
qualche altro ancora si allontanò alquanto da quell'ermetismo che lo aveva
fatto conoscere. Ciò che mi pare sicuro è il fatto che tutti possedessero delle
qualità poetiche non indifferenti; per tale motivo ho voluto ricordarli,
ciascuno con una poesia, come se fossero un vero e proprio gruppo.
FIABA
di Piero
Bigongiari
Una fiaba di
cenere, se resta
la primavera,
liberi sul clivo
che Venere
riassale lacrimosa,
il tuo viso dimenticato
al nero
riaccendersi d'un
lampo si riposa.
I muri veri, la
strada in una nube
d'echi, il fiume
repe ai vani
disastri d'una
lacrima furtiva,
nelle crepe gli
scarabei, a domani
il messaggio
della tua lenta deriva.
Restano i passi
ch'io conto, e i fichi
gocciano olio di
fuoco dentro i cortili,
le tue mani
purissime deterse
nei rivi, e che
scrivi sulle vecchie mura
dove un croco
s'infiamma? Questa
è la natura? E
come il dramma? Dove la tempesta?
(da "Stato
di cose", Mondadori, Milano 1968)
QUESTI ANNI
di Aldo Borlenghi
Questi anni nel
muover del sole
mobile ombra
ovunque di un giorno,
perdano in me il
loro senso: le lunghe
memorie, il loro
passato - quel che lasciai;
ch'han lo stesso
urto leggero
che l'uccello dal
ramo sulla zolla,
o il moto corto
dei sogni.
E tanto in breve
seguiterò: per me
nell'occhieggiare,
nel trasparir dell'ombre
su questo giorno,
da loro
anche, lo
accolgo.
(da
"Poesie", Mondadori, Milano 1952)
PARTIRE
di Luca Ghiselli
Forse nel
desiderio di partire
c'è già tutta la
gioia del ritorno.
Andare, andare
attorno
per strade di
paesi ben lontani
vuol dir trovare,
domani,
la voce del paese
che sappiamo.
E sempre questa
brama?
Questa brama
d'andare oltre i confini
del nostro umano
amore
a cercare le voci
più profonde
di quel che
abbiamo in cuore?
(da "Prose e
versi", Pananti, Firenze 1985)
CIMITERO DELLE
FANCIULLE
di Mario Luzi
Eravate:
le taciturne
selve aprono al piano
e al sole il
vasto seno:
questo è il campo
di fieno ove correste.
E dai profondi
borghi alta la torre
suona ancora le
feste
onde animava
ognuna alle finestre
di gioia umana il
volto inesistente.
Ma le mani
chimeriche e le ciglia deserte
chi solleva più
al suo nome
nelle vie
silenziose e l'aria come
quando la luna le
celesti chiome
odorava di rose
fiorentine?
Ma l'amore? e i
balconi della sera?
le braccia
abbandonate
dal sole alla
profonda luce nera
negli orti ove
dirada
impallidendo
ignota la contrada
chi preme più,
chi bacia? Dallo spazio
lontano un vento
vuoto
s'alza e parla
coi tetti di voi morte.
Ma io sono: ho
natura e fede e il tempo
mio umano
intercede
per me dalle
sostanze eterne amore
ancora, e grave
d'esistenze il giorno
s'aggira qui
d'intorno mentre tace
il mare delle
vostre ombre al mio piede
con un triste e
mirifico soggiorno.
L'ora langue sui
colli e il cielo fa
di me il limitare
dei suoi mondi,
de' miei sguardi
infecondi
l'intenta umanità
delle sue stelle:
si spengono le
celle
delle pievi
montane e il sole e i campi,
lunge l'erba infinita
spazia sui vostri
inceneriti lampi,
fanciulle morte;
passano su voi
epoche e donne
poi come su un'onda
i successivi
venti senza sponda
di mare in mare e
io tremo innanzi a voi
di questa mia
solenne irta esistenza.
(da "Tutte
le poesie", Garzanti, Milano 1993)
TRAPIANTO
di Alessandro
Parronchi
Felice zingaro
che parte e non saluta
la terra che l'ha
ospitato una notte!
Felice rondine
nel vento spinta a caso
da un desiderio
che sempre devia!
Ero l'albero più
bello del giardino,
quello dai frutti
teneri e dorati
che nel giugno
trafitti dalle api
colavano un umore
così limpido!
M'hanno strappato
alle radici, tolto
alla terra che
per me era più cara
di tavole
oscillanti al pescatore
che ripensa la
sua vita sospesa
alla danza d'un
sughero sull'acqua.
Era bello
invecchiare
succhiando con
difficoltà le linfe
del mio terreno,
accogliere con lui
fino alla morte
il barrito dei venti.
E nei venti
spogliarsi e rivestirsi
a ogni nuova
stagione, fino a tardi,
fino all'ultima
stanca foglia... Invece
dovrò assorbire
terra sconosciuta
aggrinzito nel
rimpianto a poco a poco...
Felice non chi
porta i suoi ricordi
senza timore che
il tempo li consumi,
ma chi non ne
possiede, chi non beve
due volte l'acqua
dalla stessa fonte.
(da "Le
poesie", Polistampa, Firenze 2000)
L'AMORE
di Guglielmo
Petroni
Io non pensavo a
seduzioni e forme
che nella notte
tornano a svegliare
e la prim'aria
che caccia le stelle
vien lenta e
inesorabile a vedere
e trova gli occhi
della notte bianca.
Uscivan
l'incertezze mie lontano
verso ogni spazio
i colli e le fontane
alle case
solitarie e sgomente.
Mi fu vicina
un'anima eccitata
persi la
fanciullezza ebbi la sorte
di veder chiaro
come un mezzogiorno.
Il primo amore
mette nella mente
un pensiero sincero
per la morte
che in certi
giorni stiamo a riascoltare.
[da "Poesie
(1928-1978)", Guanda, Milano 1978]
LE ONDE SONO LE
ROSE
di Mario Tobino
Girar per le
strade
cullate di notte
dal rumore del mare,
entrar nelle case
di allegre ragazze
svelte a picchiare
sulle mani lunghe;
in darsena
l'ascia tenere come una penna
sicura a disegnar
bastimenti;
navigare fino
alle fredde gole
che versano il
vento del Nord,
e presto tornare
a Viareggio;
essere uno che
quando muore
gli fanno uno
spontaneo trasporto
dolce di fiori e
popolo.
Questa è la
gloria dei viareggini.
Le onde sono le
rose,
i bastimenti sono
le vigne.
(da "L'asso
di picche. Veleno e Amore secondo", Mondadori, Milano 1974)
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