Al battito
della campana
nell'ultima luce
s'unisce il mio,
grida un passero
volando al riposo.
E sono con te
con la prima stella.
Questa breve poesia senza
titolo è di Leo Paolazzi, meglio conosciuto con lo pseudonimo di Antonio Porta
(Vicenza 1935 - Roma 1989). Quando la pubblicò, nella raccolta intitolata Calendario (Schwarz, Milano 1956), lo
scrittore veneto, poco più che ventenne, si firmava ancora col nominativo
reale. Certamente, chi conosce la parte più famosa dell'opera poetica di Porta,
stenta a riconoscere, in questi pochi versi, uno degli autori di poesia
sperimentale più celebri del Novecento. Divenne famoso anche grazie alla
presenza di suoi versi nella memorabile antologia I Novissimi (Rusconi e Paolazzi, Milano 1961); partecipò alle
discussioni e alle riunioni del Gruppo 63,
divenendo, in pochi anni, uno dei maggiori esponenti della nuova poesia
italiana. Rileggendo però le sue poesie uscite tra il 1960 e il 1989, molte
volte si rimane un po' sconcertati; soprattutto quando vi si riscontra un azzeramento del discorso: elemento
fondamentale che caratterizza gran parte della poesia dei Novissimi. Insomma, volendo
fare un breve commento relativo alla poetica di questo gruppo d'avanguardia, se
è vero che l'esperimento può definirsi riuscito, non si può negare una totale
freddezza che emanano i testi poetici più conosciuti di Porta, Pagliarani,
Sanguineti, Balestrini ecc., che tendono ad allontanare dalla scrittura in
versi coloro che non sono in grado di identificare o a cui non interessa
cogliere la novità che essi rappresentano. Soltanto nell'ultima opera: Il giardiniere contro il becchino, Porta
tornò alla "comunicazione" ed alla "trasparenza"; in
particolare con l'ottimo poema intitolato Airone.
Parlando di questa precisa poesia, si nota facilmente che il giovane Paolazzi
iniziò a scrivere versi ispirandosi, probabilmente, a poeti nostrani come
Attilio Bertolucci, Sandro Penna ed il primo Giorgio Caproni. Qui si avverte un
vago misticismo, estrinsecato dal battito di una campana, al quale si unisce
ritmicamente quello del cuore del poeta; forse si tratta del suono dell'Ave, visto che esso si ascolta nell'ultima luce, ovvero sul far della
sera. Dopo la breve descrizione del volo di un passero che grida e poi se ne va
a dormire, appaiono gli ultimi due versi non facili, in cui il poeta dichiara
di essere insieme a qualcuno (con te)
all'apparizione, nel cielo serale, della prima stella. Chi sia questa presenza
non è specificato; potrebbe essere la donna amata, che il poeta incontra
proprio in quelle ultime ore del giorno; potrebbe essere qualcosa di più
astratto, come, facendo riferimento al suono della campana, una entità divina;
potrebbe essere infine una persona cara, magari lontana o scomparsa, che è
ancora ben presente nella mente del poeta.
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