A proposito di questo
argomento, mi sembrano molto esplicite ed emblematiche le parole usate da Nino
Oxilia in due versi della poesia: L'elogio
del letto: «O letto dove tutto si
conclude, / dove tutto s'inizia»; e in effetti il letto è un oggetto
particolare, dove molto spesso si nasce, si ama, si soffre, si riposa... si
muore. Molte di queste situazioni sono descritte in Genialis lectus di Giovanni Cena; lo stesso discorso vale per I letti di Auro D'Alba, dove è riportata
un'elencazione di luoghi in cui i letti svolgono una funzione diversa e sui
quali una umanità quanto mai dissimile vive esperienze di vario tipo. Alcuni
poeti parlano dell'atto sessuale che, di norma, viene consumato sul letto;
altri invece si soffermano a descrivere particolari abbastanza inquietanti,
come il fastidioso rumorio continuo dei tarli, che corrodono il legno dei
vecchi letti. Qualcuno poi, steso su un'amaca, ovvero su un letto all'aperto,
si concentra sulla descrizione del paesaggio incantevole che si trova davanti a
lui, infatti il letto può essere anche un posto molto comodo in cui potersi
godere uno spettacolo visivo, sia esso naturale o artificiale (si pensi alla moderna televisione).
Poesie sull'argomento
Giovanni Cena:
"Genialis lectus" in "Homo" (1907).
Arturo Colautti:
"Il tarlo" in "Canti virili" (1896).
Auro D'Alba: "I
letti" in "Baionette" (1915).
Gabriele D'Annunzio:
"Vas mysterii" in "Poema paradisiaco" (1893).
Federico De Maria:
"Il tuo letto" in "Le canzoni rosse" (1905).
Mario Giobbe: "Io non tremerò giammai" in
"Gli amori" (1891).
Corrado Govoni:
"Alcova" in "Le Fiale" (1903).
Remo Mannoni,
"Il talamo" in «La Stella e l'Aurora italiana», maggio 1905.
Enzo Marcellusi:
"Odi et amo" e "Canzonetta sospirosa" in "I canti
violetti" (1912).
Nino Oxilia:
"L'elogio del letto" in "Gli orti" (1918).
Guido Ruberti:
"Il giaciglio" in "Le fiaccole" (1905).
Alessandro Varaldo:
"Ne la culla de l'amaca" in "Marine liguri" (1898).
Testi
ALCOVA
di Corrado Govoni
Giù dal tondo
soffitto screziato,
una lucerna bronzea
vibrava
un debole chiarore
che esaltava
la nerezza del letto
di broccato
e del denso volume
scompigliato
de la tua chioma, o
Laide, che lisciava
la bellissima auleda
che aspettava
delirando il tuo
bacio di peccato.
Dentro meravigliosi
bracieri
incrostati di gemme e
di turchine,
bruciavano l'ammomo e
il terebinto;
e sparse sopra i
serici origlieri,
molli tra le tue
coscie alabastrine,
morivano le rose di
Corinto.
(da "Le
fiale")
CANZONETTA SOSPIROSA
di Enzo Marcellusi
È l'ora. Ed ella
dorme
ancora. Forse, sogna;
e nel sogno sorride,
e parla, come
allora; e segue le
orme
d'un bacio, ch'è una
rosea menzogna.
Parla, che dice? Un
nome...
Ah! dorme.
Fortunato giaciglio,
che, tra seta e
merletti,
bevi il biondo
languore e il profumo
del corpo; un cupo
giglio
tra cespi di
garofani, e mughetti,
come un fiocco di
fumo
vermiglio.
Ohimé, albe lontane!
entro un letto
profondo.
Sotto la bianca tunica,
il suo cuore
chiuso nelle mie
mani.
Era, la voce,
d'usignol giocondo,
con arpeggi di strane
campane.
Pia, questa
canzonetta
in minore sospira
pei risvegli che, or,
più non mi concedi.
Io non l'ho per
diletta;
è come le altre:
nuda! La mia lira
l'ho gettata ai tuoi
piedi,
o eletta,
per quel tuo bacio
nuovo:
rosso e dolcigno,
come un torlo d'uovo.
(da "I canti
violetti")
Henri Gervex, "Rolla" |
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