venerdì 1 dicembre 2017

Il letto nella poesia italiana decadente e simbolista

A proposito di questo argomento, mi sembrano molto esplicite ed emblematiche le parole usate da Nino Oxilia in due versi della poesia: L'elogio del letto: «O letto dove tutto si conclude, / dove tutto s'inizia»; e in effetti il letto è un oggetto particolare, dove molto spesso si nasce, si ama, si soffre, si riposa... si muore. Molte di queste situazioni sono descritte in Genialis lectus di Giovanni Cena; lo stesso discorso vale per I letti di Auro D'Alba, dove è riportata un'elencazione di luoghi in cui i letti svolgono una funzione diversa e sui quali una umanità quanto mai dissimile vive esperienze di vario tipo. Alcuni poeti parlano dell'atto sessuale che, di norma, viene consumato sul letto; altri invece si soffermano a descrivere particolari abbastanza inquietanti, come il fastidioso rumorio continuo dei tarli, che corrodono il legno dei vecchi letti. Qualcuno poi, steso su un'amaca, ovvero su un letto all'aperto, si concentra sulla descrizione del paesaggio incantevole che si trova davanti a lui, infatti il letto può essere anche un posto molto comodo in cui potersi godere uno spettacolo visivo, sia esso naturale o artificiale (si pensi alla moderna televisione).   




Poesie sull'argomento

Giovanni Cena: "Genialis lectus" in "Homo" (1907).
Arturo Colautti: "Il tarlo" in "Canti virili" (1896).
Auro D'Alba: "I letti" in "Baionette" (1915).
Gabriele D'Annunzio: "Vas mysterii" in "Poema paradisiaco" (1893).
Federico De Maria: "Il tuo letto" in "Le canzoni rosse" (1905).
Mario Giobbe: "Io non tremerò giammai" in "Gli amori" (1891).
Corrado Govoni: "Alcova" in "Le Fiale" (1903).
Remo Mannoni, "Il talamo" in «La Stella e l'Aurora italiana», maggio 1905.
Enzo Marcellusi: "Odi et amo" e "Canzonetta sospirosa" in "I canti violetti" (1912).
Nino Oxilia: "L'elogio del letto" in "Gli orti" (1918).
Guido Ruberti: "Il giaciglio" in "Le fiaccole" (1905).
Alessandro Varaldo: "Ne la culla de l'amaca" in "Marine liguri" (1898).




Testi

ALCOVA
di Corrado Govoni

Giù dal tondo soffitto screziato,
una lucerna bronzea vibrava
un debole chiarore che esaltava
la nerezza del letto di broccato

e del denso volume scompigliato
de la tua chioma, o Laide, che lisciava
la bellissima auleda che aspettava
delirando il tuo bacio di peccato.

Dentro meravigliosi bracieri
incrostati di gemme e di turchine,
bruciavano l'ammomo e il terebinto;

e sparse sopra i serici origlieri,
molli tra le tue coscie alabastrine,
morivano le rose di Corinto.

(da "Le fiale")




CANZONETTA SOSPIROSA
di Enzo Marcellusi

È l'ora. Ed ella dorme
ancora. Forse, sogna;
e nel sogno sorride, e parla, come
allora; e segue le orme
d'un bacio, ch'è una rosea menzogna.
Parla, che dice? Un nome...
Ah! dorme.

Fortunato giaciglio,
che, tra seta e merletti,
bevi il biondo languore e il profumo
del corpo; un cupo giglio
tra cespi di garofani, e mughetti,
come un fiocco di fumo
vermiglio.

Ohimé, albe lontane!
entro un letto profondo.
Sotto la bianca tunica, il suo cuore
chiuso nelle mie mani.
Era, la voce, d'usignol giocondo,
con arpeggi di strane
campane.

Pia, questa canzonetta
in minore sospira
pei risvegli che, or, più non mi concedi.
Io non l'ho per diletta;
è come le altre: nuda! La mia lira
l'ho gettata ai tuoi piedi,
o eletta,

per quel tuo bacio nuovo:
rosso e dolcigno, come un torlo d'uovo.

(da "I canti violetti")


Henri Gervex, "Rolla"



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