Nella mia vita
l'interesse per la politica è apparso raramente, e in quei periodi sporadici,
non ci ho trovato mai gran che di particolarmente appassionante. Certamente è
una scienza importantissima, necessaria e determinante per far sì che nazioni singole
o comunità nazionali possano essere amministrate nel miglior modo possibile.
Ritengo che quello del politico sia un mestiere richiedente una preparazione
specifica; non credo, in questo campo come in tanti altri, che
l'improvvisazione sia possibile per ottenere risultati decenti. Passando al
contenuto di questo post, penso che nella politica ci sia ben poca poesia, e
questi versi che ho scelto lo stanno a dimostrare. Sono preponderanti, infatti,
brevi poesie o epigrammi che esternano disillusione, aspre critiche, sentenze ironiche
nonché sarcastiche. Però non manca qualche anima appassionata, che palesa la
sua fede onesta e sincera. Per fortuna anche in politica, tra tanti megalomani,
farabutti, opportunisti e furbetti, si trovano ancora persone serie, che sono
guidate da una passione vera, che credono nei fondamentali e imprescindibili
valori della democrazia e che andrebbero sempre riconosciuti e premiati.
LA POLITICA IN 10 POESIE DI 10 POETI ITALIANI DEL XX SECOLO
MARX ED ENGELS
IERI ED OGGI
di Alfonso
Berardinelli (1943)
Chiamiamo
comunismo
il movimento
reale
che abolisce lo
stato di cose
presente.
Chiamiamo stato
di cose
presente
il movimento
reale
che abolisce il
comunismo.
(da
"L'inconscio politico. 36 poesie su commissione", Castelvecchi, Roma
1998, p. 12)
I MINISTRI
di Paolo Buzzi
(1874-1956)
A colpi di fischi
e di sistri
noi, poeti, vi
spazzeremo, o Farisei sinistri!
(da "Popolo
canta così!", Facchi, Milano 1920, p. 230)
POETI SOCIALISTI
di Adriano
Guerrini (1923-1986)
Poeti socialisti,
il vostro cuore
deciso ma
turbato, il vostro verso
malcerto ma
sottile, ci ricordano
cose lontane: i
secoli d'argento,
Commodiano,
Boezio.
Siamo anche noi
con voi, con la giustizia,
con la storia; e
altrimenti non possiamo:
uno solo è il
cammino dei poeti.
Ma il fiume della
storia a noi ha dato
lo sguardo calmo
e assorto.
Noi senza miti,
noi che non diremo:
«Dopo i poeti, i
soldati ed i borghesi,
siamo infine i
fedeli esecutori
delle leggi»,
noi, solo, umanamente,
per la legge del
meglio.
Siamo con voi. Ma
siamo ancora prima
di voi, con chi
parlava antiche lingue
o cantava la sera
al trotto lento
del postiglione;
e siamo anche già dopo,
quando si dirà
«allora».
(da "Poesie
politiche", All'Insegna del Pesce d'Oro", Milano 1976, p. 15)
DALL'INTERNO
di Valerio
Magrelli (1957)
La funzione
profilattica
del linguaggio
politico
consiste
nell'impedire un contatto
diretto tra le
cose. Grazie allo
sviluppo dei
nuovi materiali,
il codice è
oramai ridotto a un velo
impercettibile
(starei per dire inconsutile),
che fa sentire
tutto
dove non passa
niente.
(da
"Didascalie per la lettura di un giornale", Einaudi, Torino 1999, p.
11)
AD ALCUNI
RADICALI
di Pier Paolo
Pasolini (1922-1975)
Lo spirito, la
dignità mondana,
l’intelligente arrivismo, l’eleganza,
l’abito
all’inglese e la battuta francese,
il giudizio tanto più duro quanto più
liberale,
la sostituzione
della ragione alla pietà,
la vita come scommessa da perdere da
signori,
vi hanno impedito
di sapere chi siete:
coscienze serve della norma e del capitale.
(da "Poesia
italiana del Novecento", Garzanti, Milano 1992, vol. II, p. 871)
POLITICA ESTERA
di Giovanni
Raboni (1932-2004)
Chi parla ha da
dire
le cose che dice
e forse no
o forse altre. Ma
è un fatto che chi tace
lascia che tutto
gli succeda e quel ch'è peggio
lascia che quello
che hanno fatto a lui lo facciano
a qualcun altro.
(da
"Epigrammi italiani", Einaudi, Toino 2001, p. 354)
SOGNO DI UN
ATTIVISTA POLITICO
di Nelo Risi
(1920-2015)
All'alba sono
venute a prendermi le guardie
del Papa per
trarmi in giudizio. Con le mazze
hanno abbattuto
la porta dell'alloggio.
- Non è
possibile, ho detto, ci deve essere
un errore, non è
più il tempo del Santo Uffizio.
Uno esibì una
bolla, me la fecero ingoiare
pergamena piombi
e tutto. Così forte
la loro
intimazione che mi svegliai di botto.
Battevano alla porta,
era la polizia con un mandato.
[da "Di
certe cose (poesie 1953-2005)", Mondadori, Milano 2006, p. 127]
OPICINA 1947
di Umberto Saba
(1883-1957)
Risalii
quest’estate ad Opicina.
Era con me un
ragazzo comunista.
Tito sui muri
s’iscriveva, in vista,
sotto, della mia
bianca cittadina.
Nell’ora dei
ricordi vespertina
Sedemmo
all’osteria, che ancor m’attrista,
oggi, se penso
quella camerista
che ci servì con
volto d’assassina.
Due vecchie
ebree, testarde villeggianti,
io, quel ragazzo,
parlavamo ancora
lassù italiano,
tra i sassi e l’abete.
«Dopo il nero
fascista il nero prete;
questa è
l’Italia, e lo sai. Perché allora –
diceva il mio
compagno – aver rimpianti?»
(da "Tutte
le poesie", Mondadori, Milano 1994, p. 562)
UN SOCIALISTA
di Luigi
Siciliani (1881-1925)
Popolo, molto tu soffri: io tutti i tuoi mali ho nel cuore.
Per dissiparli, voglio, popolo mio, godere.
(da
"Corona", Modes, Roma 1907, p. 34)
DOROTEO
di Saverio
Vollaro (1922-1986)
Uncini, addome
scudato
con disegni di
croci.
Nessuno sa dov'è
nato,
nei materassi
d'un curato,
dopo un uragano
di quelli che
sfondano
e lavano la
campagna
e poi viene una
minuta folla
di creature senza
amore, al limite
tra il ragno, la
moschetta
e il fiore.
Ha poche giunture
solo per qualche
genuflessione (però
prega meno di
noi),
barba, niente cerone,
colorito di
natura, verso il pallido,
leggermente
renale, di gallina sotto sforzo.
Misogino,
misurato e ministro,
sorride come una
paletta al sole,
si chiama
Doroteo,
ama
l'agricoltura.
(da "Poesia
satirica nell'Italia d'oggi", Guanda, Parma 1964, pp. 207-208)
|
"Inaugurazione della XXI Legislatura del Regno d'Italia, da "La Domenica del Corriere" del 24 giugno 1900 (da questa pagina web)
|