domenica 12 maggio 2024

La purezza nella poesia italiana decadente e simbolista

L’argomento di questo post avrebbe potuto essere anche la verginità, perché nella stragrande maggioranza dei versi a tema che ho qui selezionato indicativamente, si parla di verginità (in qualche caso anche di castità, che è direttamente collegata a quest’ultima). Inoltre, se si eccettuano due o tre poesie, la purezza è sempre riferita a figure femminili, come se il genere maschile non abbia alcuna affinità relativa a questa caratteristica che, almeno nei versi qui presenti, è ritenuta decisamente positiva. La verginità, o purezza femminile, seppure lodata da un po’ tutti i poeti, è trattata come qualcosa di momentaneo, destinato a scomparire in breve tempo. Finché esiste la purezza, chi la rappresenta possiede delle qualità straordinarie, che ne fanno un essere divino; ma allorquando scompare, subentra il male, la corruzione e tutto ciò che si avvicina alla totale negatività. In alcuni versi è possibile identificare la figura “vergine” o “pura” di cui il poeta parla (Cosimo Giorgieri Contri, per esempio, dedica la sua poesia ad Ilaria del Carretto); in altri questo non è possibile, come nella bella poesia di Alice Schanzer, che vede protagonista un certa Leandra. Nei rari casi in cui la purezza non sia riferita a figure femminili, si pone in risalto il “pensiero puro”, ovvero la vita interiore di determinati esseri umani, che è caratterizzata da sentimenti “positivi”, cioè quelli in cui prevalgono decisamente l’amore e la bontà.

 

 

 

Poesie sull’argomento

 

Gino Borzaghi: "Morale" in "Nel passato" (1902).

Arturo Colautti: "La vergine" in "Canti virili" (1896).

Federico De Maria: "Luce" in "La Leggenda della Vita" (1909).

Cosimo Giorgieri Contri: "Ilaria" in "Primavere del desiderio e dell'oblio" (1903).

Marco Lessona: "Purità" in "Ritmi" (1902).

Giuseppe Lipparini: "La pura" e "La vergine" in "Le foglie dell'alloro. Poesie (1898-1913)" (1916).

Gian Pietro Lucini: "Li Alchimisti" in "Il Libro delle Figurazioni Ideali" (1894).

Gian Pietro Lucini: "L'Argentea" in "Il Libro delle Imagini Terrene" (1898).

Enzo Marcellusi: "Explicit" in "I canti violetti" (1912).

Fausto Maria Martini: "Elogio della castità" e "Castità" in "Poesie provinciali" (1910).

Fausto Maria Martini: "L'ostia" in "Tutte le poesie" (1969).

Giovanni Pascoli: "Mistero" in "Myricae" (1900).

Romolo Quaglino: "Marmi e bronzi - Preludio" in "Dialoghi d'Esteta" (1899).

Giacinto Ricci Signorini: "Io voglio il mio pensier dentro tuffare" in "Poesie e prose" (1903).

Fausto Salvatori: "Le Parabola delle Vergini" in "La Terra promessa" (1907).

Alice Schanzer: "Leandra" in "Motivi e canti" (1901).

Emanuele Sella: "La Vergine e il Leone" in "Monteluce" (1909).

Remigio Zena: "La voce" in "Le Pellegrine" (1894).

 

 

 

 

Testi

 

MORALE

di Gino Borzaghi (?-?)

                                     Il faut, voyez-vous, nous pardonner les choses.

                                                        Verlaine «Rom. sans par.» IV.

 

Bisogna, vedi, perdonarci molto

e chieder scusa senza aver vergogna

dell'errore d'un dì: creder bisogna

illimitatamente, e aver sepolto

 

ogni vil pregiudizio, ogni piccino

orgoglio in fondo all'anima: godere

più dell'altrui che del nostro piacere,

ed esser bianchi al pari di un bambino.

 

Bisogna amare per amare, senza

secondo fine e senza tregua, amare

senza rifletter mai, senza tremare

del poi, quasi con placida demenza.

 

E andar tranquilli giù per la corrente

della vita. L'errore è nel contrasto.

Che val la palma, se l'usbergo è guasto

nella lotta? e tu n'esci aspro e dolente?

 

Bisogna, vedi, perdonarci molto,

essere ingenui, e amare eternamente.

 

(da "Nel passato", F.lli Pagano, Genova 1902, pp. 29-30)

 

 

 

 

LEANDRA

di Alice Schanzer (Alice Galimberti Schanzer, 1873-1936)

 

Puro nome!

armoniosa figura!

Qual vai sognando

sogno candido, quando

chini il volto, Leandra?

dove affisi lontano

lo sguardo verginale

qual, d'ale

priva, lunge volar tentassi invano?

 

In te parla

delle sante che furo

casta, Leandra,

la vita, e del futuro

l'indefinito mistico desìo.

Umbre suore ripensi

tu forse, e Santa Clara?

bianche fronti celate in veli densi?

O dei pittori antichi

pe' campi aprichi volti in contro Assisi

il ritorno sospiri,

ch'eternin, fra gli altari, i tuoi sorrisi?

 

Come, come

con sì tenera cura

lieve cantando

vai, fra braccia recando

pargroletti, Leandra?

Tra siepi aulenti piano

dilegui, e 'l canto sale;

e vale

dolcemente m'accenni con la mano.

 

Mai non parla

d'altri affetti, nel puro

seno, Leandra,

a te il core? ed oscuro

troppo non sembra a te l'ufficio pio?

Non di sospiri intensi,

non di rinunzia amara

narra il tuo labbro, o d'altèri compensi;

né par che t'affatichi

di dubbi antichi su tua sorte (uccisi

a forza) il peso. Miri

d'un serto immacolato a' fiordalisi?

 

Ne' chiari, fidi

occhi un materno lume par che luca

e pur sì verginale a me t'avanzi!

Ecco, innanzi,

mentre guardi e sorridi

mi sorge la Madonna del Granduca.

 

(da "Motivi e canti", Zanichelli, Bologna 1901, pp. 41-43)

 

 

Guillaume Seignac, "Virginité"
(da questo sito web)

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