sabato 17 agosto 2024

Milano, agosto 1943

 Un po' tutti ormai sono a conoscenza del fatto che le guerre moderne siano peggiori di tutte le altre che hanno attraversato l'intera storia della scellerata umanità di cui, ahimè, anche noi facciamo parte. Se in precedenza a morire erano soltanto i giovani soldati - ed anche questa realtà era inaccettabile -, ora muoiono per lo più i civili, a causa di bombardamenti ripetuti e scriteriati. Se è vero che nessun potente della terra ha - fino ad oggi - lanciato su una città la famigerata Bomba H, è anche vero che tanti governanti del pianeta non hanno mai rinunciato al perverso e sanguinario piacere del guerreggiare, causando migliaia e migliaia di morti inutili, dolorosissime, del tutto evitabili… Circa ottanta anni or sono, questa assurdo massacro era già cominciato, e la nostra era una delle nazioni più martoriate dai bombardamenti, come ben dice questa breve poesia di Salvatore Quasimodo.




MILANO, AGOSTO 1943


Invano cerchi tra la polvere,

povera mano, la città è morta.

È morta: s’è udito l’ultimo rombo

sul cuore del Naviglio. E l’usignolo

è caduto dall’antenna, alta sul convento,

dove cantava prima del tramonto.

Non scavate pozzi nei cortili:

i vivi non hanno più sete.

Non toccate i morti, così rossi, così gonfi:

lasciateli nella terra delle loro case:

la città è morta, è morta.


(da: Salvatore Quasimodo, "Poesie", Newton Compton, Roma 1992, p. 132)


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