domenica 4 febbraio 2024

La poesia di Giosue Carducci

 

Pur ammettendo il fatto che l’opera poetica di Giosue Carducci non mi entusiasmi più di tanto, è certo che ancora oggi mi rimangono in mente alcuni suoi versi studiati e imparati a memoria, sui banchi di scuola delle elementari (circa cinquant’anni or sono), come quelli di San Martino e Pianto antico. Ciò sta a dimostrare che qualcosa d’importante hanno lasciato in me le scolastiche letture e, direi, non soltanto esse. Oltre alle poesie citate, infatti, ve ne sono almeno una ventina che lessi molti anni dopo, e che mi piacquero. Ancora oggi, rileggendo molta parte dell’opera in versi di Carducci, riconosco il suo indubbio valore. Il ventennio in cui il poeta toscano diede il meglio di sé, credo debba essere identificato nella settima e nell’ottava decade del XIX secolo; in questi anni, caratterizzati da vicende personali assai importanti e da letture decisive (Goethe, Schiller, Baudelaire e Shelley, per citarne alcune), Carducci scrisse versi indimenticabili, che si ritrovano soprattutto nelle raccolte Odi barbare e Rime nuove; ma, più che le tanto celebrate rievocazioni storiche, a me paiono superlativi i sentimenti di dolore, d’amore, di nostalgia e di malinconia che, appunto, si alternano a versi di tutt’altro genere. Ottimo è anche Rime e ritmi: l’ultimo volume di poesie pubblicato da Carducci proprio sul finire di un secolo – l’Ottocento – che nella sua seconda parte lo vide primeggiare indiscutibilmente, e non soltanto nell’ambito poetico (fu anche prosatore e critico letterario). In conclusione riporto l’elenco delle opere poetiche di Carducci, seguito da tre sue liriche che ritengo molto belle. 

 

 


 

Opere poetiche

 

"Rime", Tip. Ristori, San Miniato 1957.

"Levia gravia", Tip. Niccolai e Quarteroni, Pistoia 1868; Zanichelli, Bologna (2° ed.) 1881.

"Poesie", Barbèra, Firenze 1871; ivi (2° ed.) 1875; ivi (3° ed.) 1878.

"Primavere elleniche", Barbèra, Firenze 1872.

"Nuove poesie", Galeati, Imola 1873; Zanichelli, Bologna 1877 (2° ed.); ivi (3° ed.) 1879.

"Odi barbare", Zanichelli, Bologna 1877; ivi (2° ed.) 1878; ivi (3° ed.) 1880; ivi (4° ed.) 1883.

"Juvenilia", Zanichelli, Bologna 1880.

"Nuove odi barbare", Zanichelli, Bologna 1882; ivi (2° ed.) 1886.

"Giambi ed epodi (1867-1872)", Zanichelli, Bologna 1882.

"Ça ira", Sommaruga, Roma 1883.

"Rime nuove", Zanichelli, Bologna 1887; ivi (2° ed.) 1889.

"Terze odi barbare", Zanichelli, Bologna 1889.

"Rime e ritmi", Zanichelli, Bologna 1899.

 

 

 

 

Testi

 

 

UNA SERA DI SAN PIETRO

 

Ricordo. Fulvo il sole tra i rossi vapori e le nubi

calde al mare scendeva, come un grande clipeo di rame

che in barbariche pugne corrusca ondeggiando, poi cade.

Castiglioncello in alto fra mucchi di querce ridea

da le vetrate un folle vermiglio sogghigno di fata.

Ma io languido e triste (da poco avea scosso la febbre

maremmana, ed i nervi pesavanmi come di piombo)

guardava a la finestra. Le rondini rapide i voli

sghembi tessevano e ritessevano intorno le gronde,

e le passere brune strepïano al vespro maligno.

Brevi d'entro la macchia svariavano il piano ed i colli,

rasi a metà da la falce, in parte ancor mobili e biondi.

Via per i solchi grigi le stoppie fumavano accese:

or sí or no veniva su per le aure umide il canto

de' mietitori, lungo, lontano, piangevole, stanco:

grave l'afa stringeva l'aër, la marina, le piante.

Io levai gli occhi al sole - O lume superbo del mondo,

tu su la vita guardi com'ebro ciclope da l'alto! -

Gracchiarono i pavoni schernendomi tra i melograni,

e un vipistrello sperso passommi radendo su 'l capo.

 

(da "Nuove odi barbare", Zanichelli, Bologna 1886, pp. 85-86)

 

 

 

 

 BALLATA DOLOROSA

 

Una pallida faccia e un velo nero

Spesso mi fa pensoso de la morte;

Ma non in frotta io cerco le tue porte,

Quando piange il novembre, o cimitero.

 

Cimitero m’è il mondo allor che il sole

Ne la serenità di maggio splende

E l’aura fresca move l’acque e i rami,

E un desio dolce spiran le viole

E ne le rose un dolce ardor s’accende

E gli uccelli tra ’l verde fan richiami:

Quando piú par che tutto ’l mondo s’ami

E le fanciulle in danza apron le braccia,

Veggo tra ’l sole e me sola una faccia,

Pallida faccia velata di nero.

 

(da "Rime nuove", Zanichelli, Bologna 1889, pp. 80-81)

 

 

 

 

NEL CHIOSTRO DEL SANTO

 

Sì come fiocchi di fumo candido

tenui sfilando passan le nuvole

su l’aëree cupole, sovra

le fantastiche torri del Santo;

 

passan pe l’ cielo turchino, limpido,

fresco di pioggia recente; sonito

di mondo lontano par l’eco

tra le arcate che abbraccian le tombe.

 

Tal su l’audacie de gli anni giovani

a me poeta passâro i cantici,

ed ora ne l’animo chiuso

solitaria ne mormora l’eco.

 

Sì come nubi, sí come cantici

fuggon l’etadi brevi de gli uomini:

dinanzi da gli occhi smarriti,

ombra informe, che vuol l’infinito?

 

(da "Rime e ritmi", Zanichelli, Bologna 1902, pp. 5-6)

 

 

 

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