Pur ammettendo il
fatto che l’opera poetica di Giosue Carducci non mi entusiasmi più di tanto, è
certo che ancora oggi mi rimangono in mente alcuni suoi versi studiati e
imparati a memoria, sui banchi di scuola delle elementari (circa cinquant’anni
or sono), come quelli di San Martino
e Pianto antico. Ciò sta a dimostrare
che qualcosa d’importante hanno lasciato in me le scolastiche letture e, direi,
non soltanto esse. Oltre alle poesie citate, infatti, ve ne sono almeno una
ventina che lessi molti anni dopo, e che mi piacquero. Ancora oggi, rileggendo
molta parte dell’opera in versi di Carducci, riconosco il suo indubbio valore.
Il ventennio in cui il poeta toscano diede il meglio di sé, credo debba essere
identificato nella settima e nell’ottava decade del XIX secolo; in questi anni,
caratterizzati da vicende personali assai importanti e da letture decisive
(Goethe, Schiller, Baudelaire e Shelley, per citarne alcune), Carducci scrisse
versi indimenticabili, che si ritrovano soprattutto nelle raccolte Odi barbare e Rime nuove; ma, più che le tanto celebrate rievocazioni storiche, a
me paiono superlativi i sentimenti di dolore, d’amore, di nostalgia e di
malinconia che, appunto, si alternano a versi di tutt’altro genere. Ottimo è
anche Rime e ritmi: l’ultimo volume
di poesie pubblicato da Carducci proprio sul finire di un secolo – l’Ottocento
– che nella sua seconda parte lo vide primeggiare indiscutibilmente, e non
soltanto nell’ambito poetico (fu anche prosatore e critico letterario). In
conclusione riporto l’elenco delle opere poetiche di Carducci, seguito da tre
sue liriche che ritengo molto belle.
Opere poetiche
"Rime",
Tip. Ristori, San Miniato 1957.
"Levia
gravia", Tip. Niccolai e Quarteroni, Pistoia 1868; Zanichelli, Bologna (2°
ed.) 1881.
"Poesie",
Barbèra, Firenze 1871; ivi (2° ed.) 1875; ivi (3° ed.) 1878.
"Primavere
elleniche", Barbèra, Firenze 1872.
"Nuove
poesie", Galeati, Imola 1873; Zanichelli, Bologna 1877 (2° ed.); ivi (3°
ed.) 1879.
"Odi
barbare", Zanichelli, Bologna 1877; ivi (2° ed.) 1878; ivi (3° ed.) 1880;
ivi (4° ed.) 1883.
"Juvenilia",
Zanichelli, Bologna 1880.
"Nuove odi
barbare", Zanichelli, Bologna 1882; ivi (2° ed.) 1886.
"Giambi ed
epodi (1867-1872)", Zanichelli, Bologna 1882.
"Ça
ira", Sommaruga, Roma 1883.
"Rime
nuove", Zanichelli, Bologna 1887; ivi (2° ed.) 1889.
"Terze odi
barbare", Zanichelli, Bologna 1889.
"Rime e
ritmi", Zanichelli, Bologna 1899.
Testi
UNA SERA DI SAN
PIETRO
Ricordo. Fulvo il
sole tra i rossi vapori e le nubi
calde al mare
scendeva, come un grande clipeo di rame
che in barbariche
pugne corrusca ondeggiando, poi cade.
Castiglioncello
in alto fra mucchi di querce ridea
da le vetrate un
folle vermiglio sogghigno di fata.
Ma io languido e
triste (da poco avea scosso la febbre
maremmana, ed i
nervi pesavanmi come di piombo)
guardava a la
finestra. Le rondini rapide i voli
sghembi tessevano
e ritessevano intorno le gronde,
e le passere
brune strepïano al vespro maligno.
Brevi d'entro la
macchia svariavano il piano ed i colli,
rasi a metà da la
falce, in parte ancor mobili e biondi.
Via per i solchi
grigi le stoppie fumavano accese:
or sí or no
veniva su per le aure umide il canto
de' mietitori,
lungo, lontano, piangevole, stanco:
grave l'afa
stringeva l'aër, la marina, le piante.
Io levai gli
occhi al sole - O lume superbo del mondo,
tu su la vita
guardi com'ebro ciclope da l'alto! -
Gracchiarono i
pavoni schernendomi tra i melograni,
e un vipistrello
sperso passommi radendo su 'l capo.
(da "Nuove
odi barbare", Zanichelli, Bologna 1886, pp. 85-86)
BALLATA DOLOROSA
Una pallida
faccia e un velo nero
Spesso mi fa
pensoso de la morte;
Ma non in frotta
io cerco le tue porte,
Quando piange il
novembre, o cimitero.
Cimitero m’è il
mondo allor che il sole
Ne la serenità di
maggio splende
E l’aura fresca
move l’acque e i rami,
E un desio dolce
spiran le viole
E ne le rose un
dolce ardor s’accende
E gli uccelli tra
’l verde fan richiami:
Quando piú par
che tutto ’l mondo s’ami
E le fanciulle in
danza apron le braccia,
Veggo tra ’l sole
e me sola una faccia,
Pallida faccia
velata di nero.
(da "Rime nuove", Zanichelli, Bologna 1889, pp. 80-81)
NEL CHIOSTRO DEL
SANTO
Sì come fiocchi
di fumo candido
tenui sfilando
passan le nuvole
su l’aëree
cupole, sovra
le fantastiche
torri del Santo;
passan pe l’
cielo turchino, limpido,
fresco di pioggia
recente; sonito
di mondo lontano
par l’eco
tra le arcate che
abbraccian le tombe.
Tal su l’audacie
de gli anni giovani
a me poeta
passâro i cantici,
ed ora ne l’animo
chiuso
solitaria ne
mormora l’eco.
Sì come nubi, sí
come cantici
fuggon l’etadi
brevi de gli uomini:
dinanzi da gli
occhi smarriti,
ombra informe,
che vuol l’infinito?
(da "Rime e
ritmi", Zanichelli, Bologna 1902, pp. 5-6)
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