Voi che vivete
sicuri
Nelle vostre
tiepide case,
Voi che trovate
tornando a sera
Il cibo caldo e
visi amici:
Considerate se questo è un uomo
Che lavora nel fango
Che non conosce pace
Che lotta per mezzo pane
Che muore per un sì o per un no .
Considerate se questa è una donna,
Senza capelli e senza nome
Senza più forza di ricordare
Vuoti gli occhi e freddo il grembo
Come una rana d'inverno.
Meditate che
questo è stato:
Vi comando queste
parole.
Scolpitele nel
vostro cuore
Stando in casa e
andando per via,
Coricandovi
alzandovi;
Ripetetele ai
vostri figli.
O vi si sfaccia
la casa,
La malattia vi
impedisca,
I vostri nati
torcano il viso da voi.
10 gennaio 1946
Nel “Giorno della Memoria” che, a quanto si dice, sta perdendo sempre più d’interesse in tempi in
cui si riscontra un allarmante, generalizzato ritorno agli armamenti e un
sempre più alto numero di conflitti bellici che coinvolgono anche paesi
europei; e, contemporaneamente, ci si accorge che il razzismo è divenuto un
male cronico, ineliminabile e pericolosissimo, mi pare più che mai opportuno
pubblicare un post in cui si possano di nuovo leggere dei versi scritti da
Primo Levi, e che compaiono sia all’inizio del suo romanzo autobiografico più
famoso: Se questo è un uomo; sia
nella sua raccolta poetica più significativa: Ad ora incerta. Sono versi molto crudi, che spesso si possono anche
leggere nelle pagine delle antologie scolastiche vecchie e nuove; ecco, a tal
proposito, come vengono brevemente presentati da una di queste, che fu anche il
mio testo di Lettere del primo
biennio di Liceo Scientifico (1979-1981):
[…] Le parole
sono le più semplici, le più quotidiane, senza un’eco dei sapientissimi moduli
verbali realizzati dagli uomini di lettere nei decenni precedenti; - ma
l’intonazione è quella delle invettive dantesche, e la maledizione lanciata dal
poeta contro chi vorrà dimenticare, e lasciar cadere il ricordo delle infamie
compiute, quella stessa dei versetti più duri, implacabili, martellati dell’Antico testamento.¹
Il titolo della
poesia: Shemà, in lingua ebraica
significa Ascolta, ma è anche il nome di una
delle preghiere più famose della liturgia ebraica.
Primo Levi
(Torino 1919 – ivi 1987), che nella vita svolse il mestiere di chimico, fu
deportato dai tedeschi e quindi internato nel campo di concentramento di Auschwitz, all’inizio del
1944. In quel contesto infernale, quasi miracolosamente riuscì a sopravvivere
fino all’arrivo dei russi, nel 1945. In due romanzi che rientrano nella
migliore letteratura italiana del Novecento: Se questo è un uomo (1947) e La
tregua (1963), ha raccontato la sua esperienza nel famigerato campo di
sterminio e il suo travagliato ritorno in patria dopo la liberazione.
La poesia Shemà, l’ho trascritta dalla pagina 15
del volume Ad ora incerta, Garzanti,
Milano 1984; gli stessi versi, senza titolo, si leggono anche a mo’ di
epigrafe, nel citato volume Se questo è
un uomo (nella foto qui sotto si può vedere la pagina 1 dello stesso, ripubblicato
dallo Stabilimento Nuova Stampa Mondadori, Cles 1997).
NOTE
1) Da I problemi - antologia italiana per il
biennio delle scuole superiori, Casa Editrice D’Anna, Messina-Firenze 1974,
p. 787.
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