Nacque a Viadana,
in provincia di Mantova, nel 1862 e morì a Reggio Emilia nel 1923. Dopo la
licenza liceale ottenuta a Mantova, frequentò la facoltà di Giurisprudenza
dell’Università di Bologna; ivi si laureò. Si trasferì quindi a Cento, dove
iniziò la sua carriera di insegnante. Finita questa prima esperienza
professionale, tornò a Viadana, dove ricominciò a studiare assiduamente, per
poi ottenere un seconda laurea in Lettere. In seguito ebbe di nuovo la
possibilità d’insegnare presso vari istituti scolastici, ma la cronica e
dolorosa malattia che lo aveva nel frattempo colpito, lo costrinse prima del
tempo ad abbandonare il lavoro; ricoverato in varie strutture di cura, a
partire dai quarant’anni e fino al giorno della sua morte, non scrisse più
nulla, a causa delle sofferenze atroci che lo tormentarono. La sua produzione
poetica, che si svolse in meno di un ventennio, mostra le caratteristiche
tipiche della poesia italiana del secondo Ottocento, con qualche elemento
comune ad alcuni poeti decadenti francesi.
Opere poetiche
“Raggi ed Ombre”,
Zanichelli, Bologna 1885.
“Mattutino”,
Zanichelli, Bologna 1886.
“Gru migranti
(Primo stuolo)”, Libreria Treves, Bologna 1891.
“Dalla neve alla
rosa”, Stracca, Velletri 1895.
“Liriche e
scene”, Muglia, Messina 1901.
“Antologia
poetica”, Stamperia Valdonega, Verona 1962.
Presenze in
antologie
"I poeti
minori dell'Ottocento", a cura di Ettore Janni, Rizzoli, Milano 1955-1958
(vol. IV, pp.194-198).
"Poeti della
rivolta", a cura di Pier Carlo Masini, Rizzoli, Milano 1977 (pp. 315-317).
Testi
ACCENDO IL LUME...
Accendo il lume
per fugar le amare
fantasie che mi
stan sotto le ciglia;
e non so quale
spirto mi consiglia
di guardarmi allo
specchio, e ricercare
delle mie vision
l'ombra nel volto;
nulla vi scorgo;
esser vorrei sepolto.
(da
"Antologia poetica", Stamperia Valdonega, Verona 1962, p. 56)
NON SO DI CHE
LANGUO...
Non so di che
languo; il mio cuore va in cerca di strani affanni, e una mortale melanconia mi
copre, come un velo di cenere, tessuto sopra lievissima trama d'oro.
Io non so dove vado; seguo la via che è forse
della gioia, o forse del dolore; ahimé, mi dimentica l'amicizia, l'invidia,
l'amore.
La speranza vacilla; svanisce; sono lungi il
male e il bene; sono solo. A che questo mio errare, come nube? Perché questa
vita? Perché il cielo non cala sulla terra, e non avvolge tutto come lenzuolo
di morte?
(da
"Antologia poetica", Stamperia Valdonega, Verona 1962, p. 89)
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