Ereditato dai poeti
scapigliati - che evidentemente avevano diversi elementi in comune coi
decadenti ed i simbolisti - il gusto per l'orrido ed il macabro si manifesta in
molti versi di questi poeti; alcuni di essi, come il Cavacchioli ed il Rubino,
lo adottano in modo costante, in versi pubblicati nel primo decennio del
Novecento. Ma è Arturo Graf il primo a seguire l'esempio di Praga, Tarchetti e
sodali; il poeta ateniese lo fa in modo del tutto personale, poiché gli
scheletri, i fantasmi e le numerosissime, orrende visioni che descrive nei suoi
versi, assurgono a simbolo della vita, visibile nella sua totale assurdità,
inutilità e terribilità. Buoni ultimi, i crepuscolari, sebbene in rare
occasioni, descrivono personaggi sinistri, libidinosi e violenti, così come
visioni inquietanti, con paesaggi tenebrosi o luoghi chiusi in cui domina una
misteriosa atmosfera, che vorrebbe trasmettere al lettore una sensazione di
angoscia o di ansia estrema.
Poesie sull’argomento
Vittoria Aganoor:
"Visione" in "Nuove liriche" (1908).
Gustavo Botta:
"A tregenda" in "Alcuni scritti" (1952).
Enrico Cavacchioli:
"La Febbre" e "Io Saturnalia!" in "L'Incubo
Velato" (1906).
Enrico Cavacchioli:
"La processione grottesca", "Il diavolo" e "Lo
sgomento" in "Le ranocchie turchine" (1909).
Giovanni Cena:
"L'edificio" in "In umbra" (1899).
Giovanni Alfredo
Cesareo: "L'ultimo convegno" in "Poesie" (1912).
Sergio Corazzini: "Leone XIII" in «Marforio», luglio 1903.
Auro D'Alba: "Il
furto" in "Baionette" (1915).
Italo Dalmatico:
"Io levo il capo con nova fermezza" e "Il sogno" in
"Juvenilia" (1903).
Giuliano Donati
Pétteni: "All'orizzonte, là, nella pianura..." in
"Intimità" (1926).
Guglielmo Felice
Damiani: "Il pastore" in "Lira spezzata" (1912).
Adolfo De Bosis:
"Rombano acque correnti entro la tenebra" in "Amori ac Silentio
e Le rime sparse" (1914).
Riccardo Forster:
"Una carogna" in "La Fiorita" (1905).
Corrado Govoni
"I veleni" e "La paura" in "Gli aborti" (1907).
Arturo Graf:
"Esercito" in "Medusa" (1990).
Gesualdo Manzella
Frontini: "Sala anatomica" in "I Poeti Futuristi" (1912).
Enzo Marcellusi:
"Crimen" in "Intensità" (1920).
Pietro Mastri:
"La carogna" in "Lo specchio e la falce" (1907).
Marino Moretti:
"La favola dell'orco" in "La serenata delle zanzare"
(1908).
Nicola Moscardelli:
"In nero" e "Naufragio" in "Abbeveratoio" (1915).
Ettore Moschino:
"Il delitto" in "I Lauri" (1908).
Domenico Oliva:
"Nella densa tenebra" in "Poesie" (1889).
Angiolo Orvieto:
"L'ascaro mutilato" in "La Sposa Mistica. Il Velo di Maya"
(1898).
Nino Oxilia:
"Strani disegni sono dipinti..." in "Canti brevi" (1909).
Aldo Palazzeschi:
"Il campo dell'odio" in "I cavalli bianchi" (1905).
Antonio Rubino:
"Il viandante magro" in «Poesia», ottobre 1908.
Antonio Rubino:
"Peste regina" in "Versi e disegni" (1911).
Domenico Tumiati:
"L'invisibile" in "Liriche" (1937).
Mario Zarlatti: "Tor sanguigna" in «Gran Mondo», giugno 1908.
Giuseppe Zucca:
"Brividi" in "Io" (1921).
Testi
ESERCITO
di Arturo Graf
Contro all’obliquo
sol, nell’aer crasso,
Nere dall’aste pendon
le bandiere;
Sottesso il ciel,
silenzïose e nere,
Le falangi
s’incalzano al trapasso.
— Compagni, avanti;
accelerate il passo!
Compagni avanti;
serrate le schiere!
Per monti e valli,
per lande e riviere,
Procedete ordinati, a
capo basso.
Un infinito popolo
s’accalca
A noi da tergo, e
migra ai regni bui,
Dove tutto sarà
sconfitto e rotto.
A noi davanti il
Capitan cavalca,
Il negro Capitan che
accenna altrui
Con la scarnata man
senza far motto.
(da "Medusa", Mucchi, Modena 1990, p. 157)
IL VIANDANTE MAGRO
di Antonio Rubino
Grigie nel violaceo
mattino
traggon le nubi ad
una ridda folle:
per l'erta solitaria
del colle
s'affretta un
singolare pellegrino.
Porta una cappa di
candido lino
e intorno a lui su
rei càlami estolle
tasso barbasso le
fetenti ampolle:
funghi immondi
gl'infiorano il cammino.
Or sì or no l'accidia
d'un vento
con un trito gridìo
di spiriti egri
garrisce tra gli
stecchi un suo lamento;
e il peplo balla
tentenna e svolazza,
scoprendo l'ossa
degli stinchi allegri
e l'atroce mascella,
che sghignazza.
(da «Poesia», ottobre
1908, p. 6)
Illustrazione di Antonio Rubino, dalla pagina 80 della sua raccolta poetica: Versi e disegni, Selga, Milano MCMXI |
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