domenica 28 agosto 2022

La poesia di Olindo Guerrini

 

Circa trent’anni fa, quando per la prima volta consultai un’antologia dedicata ai poeti italiani del XIX secolo, la mia attenzione si concentrò, tra l’altro, su alcuni versi di Olindo Guerrini (Forlì 1845 – Bologna 1916). Ciò che mi piacque di più, nelle poesie di Guerrini che tale antologia riportava, erano determinate atmosfere, assai vicine a quelle che, alcuni decenni dopo, avrebbero caratterizzato la poesia dei crepuscolari. Ma Guerrini non fu soltanto un precursore del crepuscolarismo: la sua poesia – e in particolare la sua prima raccolta – rappresentò qualcosa di inaspettato e di scandaloso nel panorama della letteratura italiana del secondo Ottocento. Postuma (questo il titolo della raccolta d'esordio) infatti, fu attribuita ad un amico del poeta: Lorenzo Stecchetti, morto di tisi a soli trent’anni; soltanto in seguito si seppe che il vero autore di tali versi era il poeta emiliano, che per questo fu accusato ferocemente da alcuni critici di amoralità e blasfemia. In verità, a leggerlo oggi, tale volumetto (così come l’intera opera in versi di Guerrini) non suscita alcuna reazione scandalistica o cose del genere. Sono versi che in Italia, evidentemente, non erano mai comparsi fino ad allora, e che in parte si rifacevano a quelli dei poeti maledetti francesi (in particolare a Baudelaire). Guerrini, che visse sempre un’esistenza assai tranquilla, svolgendo l’attività d’impiegato e di bibliotecario nel capoluogo emiliano, non può essere paragonato ai migliori poeti stranieri che vissero ed operarono in quel preciso periodo storico; la sua poesia possiede ben diverse caratteristiche, vicine alla satira e, magari, in certi casi anche all’erotismo; ma il “maledettismo” è qualcosa che non gli appartiene assolutamente. Il poeta forlivese fu inserito, dai critici del suo tempo, tra i cosiddetti realisti (gruppo che comprende anche altri discreti poeti italiani come Mario Rapisardi e Felice Cavallotti). Nel cospicuo volume intitolato Le Rime di Lorenzo Stecchetti, pubblicato nel 1903, il Guerrini chiude definitivamente la sua carriera poetica, tornando ad usare il suo primo pseudonimo (ne usò anche degli altri), e riunendo tutta la sua migliore produzione in versi che, ripeto, ha quale migliore qualità, la presenza di atmosfere malinconiche anticipatrici della poesia crepuscolare. Chiudo riportando un elenco delle opere poetiche di Olindo Guerrini, seguito da tre poesie tratte da una ristampa delle Rime.

 

 

 

 

Opere poetiche

 

“Postuma” (di Lorenzo Stecchetti), Zanichelli, Bologna 1877.

“Polemica” (di Lorenzo Stecchetti), Zanichelli, Bologna 1878.

“Nova polemica”, Zanichelli, Bologna 1879.

“Giobbe” (con Corrado Ricci), Treves, Milano 1882.

“Rime” (di Argia Sbolenfi), Monti, Bologna 1897.

“Le Rime” (di Lorenzo Stecchetti), Zanichelli, Bologna 1903.

 

 

Piatto anteriore di una ristampa de "Le Rime di Lorenzo Stecchetti"

 

 

Testi

 

 

 

QUANDO CADRAN LE FOGLIE E TU VERRAI

 

Quando cadran le foglie e tu verrai

A cercar la mia croce in camposanto,

In un cantuccio la ritroverai

E molti fior le saran nati accanto.

 

Cògli allora pe' tuoi biondi capelli

I fiori nati dal mio cor. Son quelli

 

I canti che pensai ma che non scrissi,

Le parole d'amor che non ti dissi.

 

(da “Le Rime di Lorenzo Stecchetti”, Zanichelli, Bologna, p. 32)

 

 

 

 

QUANDO SCROSCIA LA PIOVA E FISCHIA IL VENTO

 

Quando scroscia la piova e fischia il vento

E nella notte latra la tempesta,

Se dal freddo origlier levo la testa

Chiamarmi da lontano un urlo sento;

 

E sui cubiti allor pien di spavento

Mi levo, ascolto e il respirar s'arresta...

Ahi, la conosco, la conosco questa

Implacabile voce di lamento!

 

Eppur nella città dorme ogni cosa,

Eppur l'eterno oblio l'ossa conforta

Sotto le pietre bianche alla Certosa.

 

Sola tu, sola tu, dietro la porta

Del monumento tuo vegli gelosa

E mi chiami e mi vuoi, povera morta.

 

(da “Le Rime di Lorenzo Stecchetti”, Zanichelli, Bologna, p. 114)

 

 

 

 

PREGHIERA DELLA SERA

 

De' miei semplici padri antico Iddio,

      Se vana ombra non sei,

Dio di mia madre in cui fanciullo, anch'io

      Innocente credei;

 

Se pur tu scruti col pensiero augusto

      De' nostri cori il fondo,

Se menzogna non è che tu sia giusto

      Con chi fu giusto al mondo,

 

Guarda: dell'agonia patir gli orrori

      Ogni giorno mi tocca:

Guarda l'anima mia di che dolori

      E di che fiel trabocca!

 

Abbrevia tu, se puoi, le maledette

      Ore del mio soffrire,

Avventami, mio Dio, le tue saette:

      Mio Dio, fammi morire!

 

(da “Le Rime di Lorenzo Stecchetti”, Zanichelli, Bologna, p. 137)

 

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