È freddo il
giorno e scuro,
piove e imperversa forte l'uragan,
aggrappasi la
vite al vecchio muro
e morte foglie al suol cadendo van;
il giorno è mesto e scuro.
Fredda e fosca è
la vita,
sibila il vento e piove, i pensier mesti
s'aggrappano al
passato, irrigidita
cade la speme giovanil, funesti
sono i giorni e la vita.
Cessa, o mio cor,
dal lutto;
al di là delle nubi avvi lucente
un sole, e simil
fato è in tutti e in tutto;
qualche giorno di pioggia ha ognun sovente,
qualche giorno di lutto.
In questo post
voglio parlare di una poesia che rimane profondamente legata ad un mio lontano
giorno dell'infanzia. Era, probabilmente, una mattina autunnale, grigia e
piovosa; mi trovavo nell'aula della scuola elementare della mia frazione,
insieme ai miei compagni di allora: forse era il 1972 o forse l'anno seguente.
Quel giorno la maestra decise di farci leggere una poesia intitolata Giorno piovoso. Non ricordo se dovemmo
impararla a memoria, però ricordo bene quei pochi versi che parlavano proprio
di una giornata uggiosa e malinconica; una volta che l'ebbi letta non potei
fare a meno di guardare, fuori dalla finestra dell'istituto scolastico, quel
pezzettino di paesaggio che riuscivo a scorgere, e che rispecchiava fedelmente
l'atmosfera dei versi appena letti. Questa poesia, tradotta in italiano da non
so chi, è del poeta statunitense Henry Wadsworth Longfellow (1807-1882). Ciò
che lessi, in realtà, è soltanto la prima parte del componimento; la seconda e
la terza non sono presenti nel libro di letture scolastiche dove si trovava e
dove tutt'ora si trova, visto che il volume lo possiedo ancora. Dato che trovo
questa poesia bellissima in tutte le sue parti, ho voluto riportarla per
intero, trascrivendola da una vecchia raccolta di poesie tradotte da
Diocleziano Mancini¹. Di quest'ultimo, so che nacque a Terni nel 1857, e che fu
egregio traduttore di poesie inglesi, francesi, spagnole e slave. Il suo nome è
facile ritrovarlo sfogliando alcune riviste di fine Ottocento e d'inizio
Novecento; ivi figura sempre come traduttore e mai come poeta originale.
Invece, i versi che lessi tanti e tanti anni or sono, e che mi rimasero sempre
impressi nella memoria, li ho riproposti nella foto in basso: alla pagina 20
del libro Il fiore d'oro Classe 2°,
Noseda, Como 1970; insieme ad essa c'è un'altra poesia², ed entrambe sono
inserite nella sezione intitolata Novembre.
NOTE
1) Esattamente è Saggio di liriche inglesi, Tipografia
dell'Unione Liberale, Terni 1886. La poesia riportata si trova alle pagine 155-156.
2) Si tratta di Crisantemo, la cui autrice: Arpalice
Cuman Pertile (1876-1958), fu docente e poetessa, e dedicò la maggior parte dei
suoi scritti al pubblico infantile.
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