Nel caso di
Giacomo Falco (Savigliano 1901 - Milano 1959) non si dovrebbe parlare di un
poeta dimenticato, bensì di uno mai considerato, se non da rari critici e
colleghi che lessero i suoi versi e seppero riconoscere in essi il talento che,
ahimè, è rimasto sempre nascosto o quasi. Falco si laureò in legge a Pavia per
poi professare l'avvocatura nella città di Milano; oltre al suo lavoro, si
dedicò alla scrittura, collaborando a varie riviste già prima dei vent'anni.
Negli anni della Seconda Guerra Mondiale fu, per breve tempo, segretario e
consulente della casa editrice Bompiani. Nell'immediato dopoguerra divenne capo
dell'ufficio stampa del Comune di Milano; in seguito tornò a collaborare con
altre case editrici italiane come traduttore, fino alla morte che lo colpì non
ancora sessantenne.
Come disse il
poeta Giovanni Titta Rosa, autore della prefazione all'unico e postumo libro di
versi di Falco, la sua migliore poesia trasse ispirazione soprattutto dai versi
dei crepuscolari e dei simbolisti franco-belgi; giusta anche la segnalazione
dello stesso, concernente uno stile particolare che lo avvicina ad un
altro poeta mai valutato in modo adeguato: Fausto Valsecchi. Sempre nella
prefazione, Titta Rosa evidenzia il carattere schivo e a volte scontroso di
Falco, che forse contribuì al suo immeritato oblio.
Opere poetiche
"Dove io
m'esilio", Garzanti, Milano 1960.
Testi
L'ANTICO COMPAGNO
DI SCUOLA
L'antico compagno
di scuola
ha un volto che
più non discerno:
ma io udii questa
notte la sua voce di bimbo
- uguale -
salutarmi e poi
perdersi nell'ombra.
Forse quasi al
mio fianco cammina,
in una via tutte
ombre come quella che percorro:
talvolta d'udirmi
sognerà, la mia voce d'allora
ridente echeggerà
nel suo sonno:
le nostre due
voci di fanciullo si rincorrono, si cercano,
ignorando il
nostro autunno,
scambiano ancora
fragranti messaggi d'aprile.
(da «Il
Convegno», marzo 1931)
PIETOSI ANGELI
Se un giorno
tornerà,
se un giorno
dall'ombra tornerà,
da quelle
lontananze,
da quel tempo fendendo
i cieli e le stagioni,
per dirti che fu
un sonno soltanto,
sonno tra i vivi
così lungo silenzio,
fate per la sua
gioia risplendere i firmamenti che non vide,
ridategli sulla
terra l'amore
angeli angeli
angeli del Paradiso.
Ah, quel suo
largo riso
disperde, brucia
primavere.
Si è fatto
persona tra i vivi, da nebbie l'ho tratto.
Senz'eco
periranno i miei lamenti,
scortateli ai
silenzi, angeli del paradiso.
(da "Dove io
m'esilio")
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