Prima di qualunque
altra cosa è bene chiarire che in questo post non si fa riferimento alla
famosissima frase pronunciata da Paul Verlaine (e che riguardava il suo fare
poetico): "La musica è tutto". Infatti, nel sottostante elenco di
poesie non si fa riferimento ad alcuna musicalità dei versi, ma alla vera e
propria musica. Detto questo, se si leggono i titoli delle composizioni
poetiche da me selezionate, è facile notare che i poeti decadenti e simbolisti
italiani sono stati maggiormente attratti da particolari generi musicali e da
altrettanto particolari strumenti. Certamente è la musica classica a
predominare, e soprattutto un musicista: Ludwig van Beethoven. Evidentemente
questi poeti, pur abbracciando nuove e sperimentali tendenze letterarie,
rimasero legati, almeno musicalmente, a quel romanticismo decisamente
passionale che il musicista tedesco rappresentava in modo perfetto. Altri
musicisti che hanno influenzato molte poesie di questo periodo storico della
poesia italiana sono Fryderyk Chopin e Franz Schubert, anch'essi riconducibili
alla sempre viva tendenza romantica. Soltanto in rari casi fanno da ispirazione
a questi versi, le opere musicali di artisti come Richard Wagner e Claude
Debussy che, al di là dei dati anagrafici, furono considerati
"nuovi". Tra gli strumenti musicali sarà di nuovo facile rilevare
l'assidua presenza di violini e flauti; per quanto riguarda i primi, è nota a
tutti la diffusa opinione che il violino sia lo strumento musicale in grado creare
atmosfere particolarmente malinconiche; il flauto, sempre in base ad alcune
leggende popolari, possiede un suono così suadente da causare una sorta
d'ipnosi in chi lo ascolta attentamente. Al di fuori della musica classica, si
riscontra la scarsa (per non dire nulla) presenza di canzoni popolari, e
l'unico strumento - se di strumento si può parlare - che compare più di una
volta in queste poesie, è il famoso organo di Barberia, che fu tanto caro ai
poeti crepuscolari. Esso, per le sue caratteristiche, può ben rappresentare
l'altra faccia della medaglia, ovvero la preferenza, da parte di determinati
poeti, della musica più umile e più semplice: quella che a quei tempi era
facile ascoltare semplicemente passeggiando in una strada cittadina; gli organi
di Barberia, infatti, erano spesso usati da persone al limite della indigenza,
che, girando la manovella di questo strumento (il quale effondeva nell'area
circostante musiche trite e a volte distorte), cercavano di racimolare qualche
moneta dai passanti rallegrati o affascinati dal suo particolarissimo suono.
Poesie sull'argomento
Pompeo Bettini:
"Canzone triste" in «Vita moderna», marzo 1892.
Antonio Bruno:
"Musiche della sera" in "Fuochi di Bengala" (1917).
Paolo Buzzi: "La
violinista" in "Versi liberi" (1913).
Giovanni Camerana:
"Beethoven" in "Poesie" (1968).
Enrico Cavacchioli:
"Un flauto" in "L'Incubo Velato" (1906).
Enrico Cavacchioli:
"Concerto per arpe" in "Le ranocchie turchine" (1909).
Girolamo Comi:
"Illuminazione musicale" in "Lampadario" (1912).
Girolamo Comi: "sento
i violini del sole" in "Smeraldi" (1925).
Sergio Corazzini:
"Per organo di Barberia" in "Piccolo libro inutile" (1906).
Auro D'Alba: "30
violini" in "Baionette" (1915).
Gabriele D'Annunzio:
"Romanza della donna velata" in "Poema paradisiaco" (1893).
Federico De Maria:
"Un adagio di Beethoven" in "Le Canzoni Rosse" (1904).
Luigi Donati:
"Il violino" in "Poesia", marzo 1908.
Vincenzo Fago:
"Torna forse l'antica melodia" e "S. Cecilia" in "Discordanze"
(1905).
Luisa Giaconi:
"Chopin" in "Tebaide" (1912).
Cosimo Giorgieri
Contri: "Sentendo suonare Schubert" in "Il convegno dei
cipressi" (1894).
Cosimo Giorgieri
Contri: "Il pianoforte" in «Nuova Antologia», aprile 1906.
Corrado Govoni:
"La musica" in "Armonia in grigio et in silenzio" (1903).
Corrado Govoni:
"Il piano" in "Fuochi d'artifizio" (1905).
Corrado Govoni:
"La musica", "In un notturno di Chopin" e "Organo di
Barberia" in "Gli aborti" (1907).
Corrado Govoni:
"Mendelssohn", "Schumann", "Chopin",
"Beethoven", "Triste adagio" e "Il flauto" in
"Poesie elettriche" (1911).
Arturo Graf: "Il
flauto notturno" e "L'organetto" in "Le Danaidi"
(1905).
Arturo Graf:
"Arpa eolia" in "Le Rime della Selva" (1906).
Enzo Marcellusi:
"Marcia patetica nuziale" in "Il giardino dei supplizi"
(1909).
Tito Marrone:
"Forse..." in "Le gemme e gli spettri" (1901).
Mario Morasso:
"Il sorgere di una nuova speranza" in "I Prodigi" (1894).
Nicola Moscardelli:
"Flauto pomeridiano" in "Abbeveratoio" (1915).
Arturo Onofri:
"L'immensa orchestra del vento spande..." in "Canti delle
oasi" (1909).
Arturo Onofri:
"Le armonie della pietra alzano un canto" in "Suoni del
Graal" (1932).
Angiolo Orvieto:
"La cornamusa" in "La primavera della cornamusa" (1925).
Ceccardo Roccatagliata
Ceccardi: "Sinfonia d'autunno" in "Sillabe ed Ombre"
(1925).
Guido Ruberti:
"Chopin: notturno" in "Le Evocazioni" (1909).
Emanuele Sella:
"Questo ricordo viene dal passato" in "Il giardino delle
stelle" (1907).
Emanuele Sella:
"Il suono del flauto" in "Monteluce" (1909).
Agostino John
Sinadinò: "Alitano, cémbali profondi" in "La Festa" (1900).
Giovanni Tecchio:
"Sopra un notturno di L. van Beethoven" in "Mysterium"
(1894).
Diego Valeri:
"Organetti" in "Umana" (1916).
Diego Valeri:
"Da Debussy - Serenata per la bambola" in "Crisalide"
(1919).
Diego Valeri:
"Momenti beethoveniani" in "Ariele" (1924).
Carlo Vallini:
"Musica" in "Un giorno e altre poesie" (1967).
Domenico Zarlatti:
"La musica carnale" in "Rivista di Roma", gennaio 1906.
Domenico Zarlatti:
"Nostalgia" in "Rivista di Roma", settembre 1907.
Remigio Zena:
"Notturno per organetto di Barberia" in "Olympia" (1905).
Testi
UN ADAGIO DI
BEETHOVEN
di Federico De Maria
Il violino
singhiozzava
con gemiti lunghi di
schianto,
con grida acute - spasimava
disperatamente il suo
pianto.
Tacevano tutti - tu,
immota,
sedevi al mio fianco,
ascoltando
rapita la musica
ignota,
né ci guardavamo; ma
quando
alzai gli occhi, su
la parete
di fronte, a lo
specchio che adombrano
i fini velluti e le
sete
dell'ampie cortine, - penombra
lucente - io ti vidi
riflessa
dinanzi a me,
pallida, muta;
non mi paresti più la
stessa
donna: no, - ti vidi,
venuta
da un altro mondo,
visione
immobile, rigida,
senza
né sguardo né voce,
impersone,
lontana nella
trasparenza
dello specchio: io
vidi una morta.
L'anima mia
rabbrividiva
pensando che saresti
morta
così... - La melodia
saliva.
(da "Le canzoni
rosse")
NOTTURNO PER
ORGANETTO DI BARBERIA
di Remigio Zena
Udite? udite un
organo
Detto di Barberia,
Che sulla strada
macina
Cantilene ed ariette?
Ora è una sinfonia
Di flauti e di
trombette,
Un'orchestra
bizzarra,
Un'onda fragorosa,
Ed ora una pietosa
Toccata di chitarra.
Trilli galanti,
egloghe
Languenti in
nostalgia,
Serenate dolcissime,
Lunari barcarole;
E la mia fantasia
Sa trovar le parole,
Nell'anima le imprime
Mentre si fanno liete
D'una frangia di
rime.
E il labbro le
ripete,
È il tema che
predomina
Quello di Geremia,
L'appassionato al
flebile
Grigiamente
s'intreccia,
Ma talor l'ironia
Scatta come una
freccia,
Sibilando l'angoscia
D'ogni cosa
perduta...
Ha un sapor di cicuta
La risata che
scroscia.
Bieco portento!
L'organo,
Non so per qual
magia,
Dagli ordigni
meccanici
D'improvviso
sprigiona
Rantoli d'agonia,
Come se a una
persona,
Anzi a varie persone
Sepolte e ancor
viventi,
Digrignasse fra i
denti
L'ultima convulsione.
O tu, chi sei,
rispondimi,
O tu, che per la via
Trascini nelle
tenebre,
Su due fragili ruote,
Tutta un'epifania
Di tante anime
ignote?
Chi sono? e questi
canti?
E questi spasmi?
dite,
O voi, donde venite,
Anime agonizzanti? -
- Non t'importi, o
nottambulo,
Di saper ch'io mi
sia,
Se da ieri o da un
secolo
Compro o rivendo
crome;
Ma tu vuoi ch'io ti
dia
Età, nome e cognome
Di costoro che
ascolti,
E dei quali ti bei?
Sono otto o dieci
Orfei,
Da me, vivi, sepolti!
(da
"Olympia", 1905)
Vilhelm Hammershøi, "Interior with Ida Playing the Piano" da questa pagina web |
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