domenica 28 luglio 2019

Poeti dimenticati: Giovanni Bertacchi


Nacque a Chiavenna, in provincia di Sondrio, nel 1869, da una famiglia di artigiani. Studiò e si laureò a Milano; si trasferì quindi a Padova, dove nel 1916 ottenne la cattedra di letteratura nell'università della città veneta; continuò a professare l'insegnamento fino al 1938. Morì a Milano nel 1942.
La sua opera poetica - assai più interessante dei suoi saggi - che ha origine nell'ultima parte del XIX secolo, e si conclude al tramontare della terza decade del Novecento, non si ricorda tanto per le pur nobili e sincere idealità umanitarie e sociali (vano il suo tentativo di integrare e conciliare il pensiero marxista con quello di Giuseppe Mazzini), quanto per certo intimismo e per la descrizione dei paesaggi della terra montana che lo vide nascere. Certamente Bertacchi, poeticamente parlando, non può essere definito un innovatore, poiché rimase sempre legato ad un gusto ottocentesco. La sua fama, che conobbe picchi notevoli agli albori del XX secolo, scemò rapidamente dopo la sua morte, tanto da poterlo oggi definire, senza alcun margine di errore, un "poeta dimenticato".   



Opere poetiche

"Il Canzoniere delle Alpi", Chiesa e Guindani, Milano 1895.
"Poemetti lirici", Sonzogno, Milano 1898.
"Liriche umane", Libreria Editrice Nazionale, Milano 1903.
"Malie del passato", Libreria Editrice Lombarda, Milano 1905.
"Alle sorgenti", Baldini & Castoldi, Milano 1906.
"A fior di silenzio", Baldini & Castoldi, Milano 1912.
"Riflessi d'orizzonte", Baldini & Castoldi, Milano 1921.
"Il perenne domani", Baldini & Castoldi, Milano 1929.
"Poesie scelte", La Fiaccola, Milano 1950.
"Poesie", Arti Grafiche Stefanoni, Lecco 1963.





Presenze in antologie

"I Poeti Italiani del secolo XIX", a cura di Raffaello Barbiera, Treves, Milano 1913 (pp. 1284-1288).
"Antologia della lirica italiana", a cura di Angelo Ottolini, R. Caddeo & C., Milano 1923 (pp. 324-327).
"Poeti d'oggi: 1900-1925", a cura di Giovanni Papini e Pietro Pancrazi, Vallecchi, Firenze 1925 (pp. 114-116).
"Le più belle pagine dei poeti d'oggi", 2° edizione, a cura di Olindo Giacobbe, Carabba, Lanciano 1928 (vol. I, pp. 63-77).
"La nuova poesia religiosa italiana", a cura di Gino Novelli, La Tradizione, Palermo 1931 (pp. 52-58).
"Antologia della lirica italiana. Ottocento e Novecento", nuova edizione, a cura di Carlo Culcasi, Garzanti, Milano 1947 (pp. 215-216).
"Antologia della lirica contemporanea dal Carducci al 1940", a cura di Enrico M. Fusco, SEI, Torino 1947 (pp. 319-321).
"La lirica moderna", a cura di Francesco Pedrina, Trevisini, Milano 1951 (pp. 442-446).
"Poeti minori del secondo Ottocento italiano", a cura di Angelo Romanò, Guanda, Bologna 1955 (pp. 369-373).
"I poeti minori dell'Ottocento", a cura di Ettore Janni, Rizzoli, Milano 1955-1958 (vol. IV, pp. 323-331).
"Un secolo di poesia", a cura di Giovanni Alfonso Pellegrinetti, Petrini, Torino 1957 (pp. 137-140).
"Antologia della Poesia Italiana Cattolica del Novecento", a cura di Mario Nanteli, UPSCI, Roma 1959 (pp. 85-86).
"Poeti minori dell'Ottocento italiano", a cura di Ferruccio Ulivi, Vallardi, Milano 1963 (pp. 781-784).
"Poeti italiani del XX secolo", a cura di Alberto Frattini e Pasquale Tuscano, La Scuola, Brescia 1974 (pp. 83-88).
"L'albero a cui tendevi la pargoletta mano", a cura di due anonimi, Mursia 1979 (pp. 266-267).



Testi

Da "SONETTI ALPESTRI"

V.
O perché non sei qui? L'alpestre rosa
per te profuma questa landa estrema:
la migrabonda allodola disposa
il tuo nome a l'azzurro, e par che gema.

O perché non sei qui? Ne l'obliosa
sua calma ti desia l'Alpe suprema;
intreccierai l'alpina erba odorosa
de' tuoi bruni  capegli al diadema.

E per le nevi degli intatti monti
trapasserai di raggi circonfusa
al riflesso de l'albe e dei tramonti:

e la luce vedrai bianca degli astri,
dal riso azzurro de la notte effusa,
riscintillar sui nitidi alabastri.

(da "Il Canzoniere delle Alpi")




SCENDE COME UNA MUSICA...

Forse fu altrove un'armonia di bianche
voci, sospesa trepida pei cieli,
e in silenzi fedeli ora discende.
Scende come una musica d'ascose
aeree corde, che dovunque indugia
purifica e trasforma anime e cose.

Si ricaman di lei guglie e frontoni,
s'incornicia d'un bianco orlo ogni tetto,
quasi ribenedetto in fede nuova;
e da presso alle candide cimase
più azzurro il fumo e più dorato il lume
vien dall'interno delle dolci case.

Offron le case all'ospite che giunge
intime paci sotto la gran coltre:
- Che ti giova andar oltre, o pellegrino?
Resta e riposa tra le fide mura,
mentre nel bianco sfarfallìo d'intorno
c'è la vasta bontà della natura. -

Scende. E pei campi gli alberi più nudi
si rinfioran di petali inattesi;
fiorite di paesi immacolati.
Forse il grande biancore in sé traduce
i colori di un dì, quando ogni ramo
fiammava di corimbi entro la luce?

Fiori d'inverno! Pur nei cuori umani
nevica il tempo ai tardi anni e tramuta
ogni gioia vissuta in pie memorie.
Ma voi domani nel tepor d'un raggio
vi stempererete in lacrime non viste
maturando le flore al nuovo maggio,

e le fanciulle che or con occhi intenti
guardan per entro il tremolio del velo
che, calando dal cielo, avvolge il mondo,
corranno in festa per la via fiorita
serti vivi di tinte e di profumi,
e ne offriranno un fresco inno alla vita.

(da "La Lettura", febbraio 1932)

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