Nacque a
Chiavenna, in provincia di Sondrio, nel 1869, da una famiglia di artigiani.
Studiò e si laureò a Milano; si trasferì quindi a Padova, dove nel 1916 ottenne
la cattedra di letteratura nell'università della città veneta; continuò a
professare l'insegnamento fino al 1938. Morì a Milano nel 1942.
La sua opera
poetica - assai più interessante dei suoi saggi - che ha origine nell'ultima
parte del XIX secolo, e si conclude al tramontare della terza decade del
Novecento, non si ricorda tanto per le pur nobili e sincere idealità umanitarie
e sociali (vano il suo tentativo di integrare e conciliare il pensiero marxista
con quello di Giuseppe Mazzini), quanto per certo intimismo e per la descrizione
dei paesaggi della terra montana che lo vide nascere. Certamente Bertacchi,
poeticamente parlando, non può essere definito un innovatore, poiché rimase
sempre legato ad un gusto ottocentesco. La sua fama, che conobbe picchi
notevoli agli albori del XX secolo, scemò rapidamente dopo la sua morte, tanto
da poterlo oggi definire, senza alcun margine di errore, un "poeta dimenticato".
Opere poetiche
"Il
Canzoniere delle Alpi", Chiesa e Guindani, Milano 1895.
"Poemetti
lirici", Sonzogno, Milano 1898.
"Liriche umane",
Libreria Editrice Nazionale, Milano 1903.
"Malie del
passato", Libreria Editrice Lombarda, Milano 1905.
"Alle
sorgenti", Baldini & Castoldi, Milano 1906.
"A fior di
silenzio", Baldini & Castoldi, Milano 1912.
"Riflessi
d'orizzonte", Baldini & Castoldi, Milano 1921.
"Il perenne
domani", Baldini & Castoldi, Milano 1929.
"Poesie
scelte", La Fiaccola, Milano 1950.
"Poesie",
Arti Grafiche Stefanoni, Lecco 1963.
Presenze in
antologie
"I Poeti
Italiani del secolo XIX", a cura di Raffaello Barbiera, Treves, Milano
1913 (pp. 1284-1288).
"Antologia
della lirica italiana", a cura di Angelo Ottolini, R. Caddeo & C., Milano
1923 (pp. 324-327).
"Poeti
d'oggi: 1900-1925", a cura di Giovanni Papini e Pietro Pancrazi,
Vallecchi, Firenze 1925 (pp. 114-116).
"Le più
belle pagine dei poeti d'oggi", 2° edizione, a cura di Olindo Giacobbe,
Carabba, Lanciano 1928 (vol. I, pp. 63-77).
"La nuova
poesia religiosa italiana", a cura di Gino Novelli, La Tradizione, Palermo
1931 (pp. 52-58).
"Antologia
della lirica italiana. Ottocento e Novecento", nuova edizione, a cura di
Carlo Culcasi, Garzanti, Milano 1947 (pp. 215-216).
"Antologia della
lirica contemporanea dal Carducci al 1940", a cura di Enrico M. Fusco,
SEI, Torino 1947 (pp. 319-321).
"La lirica
moderna", a cura di Francesco Pedrina, Trevisini, Milano 1951 (pp.
442-446).
"Poeti
minori del secondo Ottocento italiano", a cura di Angelo Romanò, Guanda,
Bologna 1955 (pp. 369-373).
"I poeti
minori dell'Ottocento", a cura di Ettore Janni, Rizzoli, Milano 1955-1958
(vol. IV, pp. 323-331).
"Un secolo
di poesia", a cura di Giovanni Alfonso Pellegrinetti, Petrini, Torino 1957
(pp. 137-140).
"Antologia
della Poesia Italiana Cattolica del Novecento", a cura di Mario Nanteli,
UPSCI, Roma 1959 (pp. 85-86).
"Poeti
minori dell'Ottocento italiano", a cura di Ferruccio Ulivi, Vallardi,
Milano 1963 (pp. 781-784).
"Poeti
italiani del XX secolo", a cura di Alberto Frattini e Pasquale Tuscano, La
Scuola, Brescia 1974 (pp. 83-88).
"L'albero a
cui tendevi la pargoletta mano", a cura di due anonimi, Mursia 1979 (pp.
266-267).
Testi
Da "SONETTI
ALPESTRI"
V.
O perché non sei
qui? L'alpestre rosa
per te profuma
questa landa estrema:
la migrabonda
allodola disposa
il tuo nome a
l'azzurro, e par che gema.
O perché non sei
qui? Ne l'obliosa
sua calma ti
desia l'Alpe suprema;
intreccierai
l'alpina erba odorosa
de' tuoi bruni capegli al diadema.
E per le nevi
degli intatti monti
trapasserai di
raggi circonfusa
al riflesso de
l'albe e dei tramonti:
e la luce vedrai
bianca degli astri,
dal riso azzurro
de la notte effusa,
riscintillar sui
nitidi alabastri.
(da "Il
Canzoniere delle Alpi")
SCENDE COME UNA
MUSICA...
Forse fu altrove
un'armonia di bianche
voci, sospesa
trepida pei cieli,
e in silenzi
fedeli ora discende.
Scende come una
musica d'ascose
aeree corde, che
dovunque indugia
purifica e
trasforma anime e cose.
Si ricaman di lei
guglie e frontoni,
s'incornicia d'un
bianco orlo ogni tetto,
quasi ribenedetto
in fede nuova;
e da presso alle
candide cimase
più azzurro il
fumo e più dorato il lume
vien dall'interno
delle dolci case.
Offron le case
all'ospite che giunge
intime paci sotto
la gran coltre:
- Che ti giova
andar oltre, o pellegrino?
Resta e riposa
tra le fide mura,
mentre nel bianco
sfarfallìo d'intorno
c'è la vasta
bontà della natura. -
Scende. E pei
campi gli alberi più nudi
si rinfioran di
petali inattesi;
fiorite di paesi
immacolati.
Forse il grande
biancore in sé traduce
i colori di un
dì, quando ogni ramo
fiammava di
corimbi entro la luce?
Fiori d'inverno!
Pur nei cuori umani
nevica il tempo
ai tardi anni e tramuta
ogni gioia
vissuta in pie memorie.
Ma voi domani nel
tepor d'un raggio
vi stempererete
in lacrime non viste
maturando le
flore al nuovo maggio,
e le fanciulle
che or con occhi intenti
guardan per entro
il tremolio del velo
che, calando dal
cielo, avvolge il mondo,
corranno in festa
per la via fiorita
serti vivi di
tinte e di profumi,
e ne offriranno
un fresco inno alla vita.
(da "La
Lettura", febbraio 1932)
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