domenica 7 luglio 2019

"Musica antica per chitarra" di Domenico Tumiati


Probabilmente il nome di Domenico Tumiati (Ferrara 1874 - Bordighera 1943) oggi è completamente ignorato. Pure, ebbe un periodo di fama, non tanto come poeta, quanto come drammaturgo: buon successo ebbero infatti i suoi drammi storici. Praticò la poesia soprattutto in gioventù; i suoi versi, oltre che in alcuni volumetti, appaiono anche in famose riviste letterarie di fine Ottocento e d'inizio Novecento. Musica antica per chitarra, che fu pubblicato dalla Tipografia Landi di Firenze nel 1897, è il suo secondo e, a mio avviso, migliore libro di versi. Può essere considerata un'opera poematica, dato che, dall'inizio alla fine, si racconta una storia per frammenti. L'atipicità del testo di Tumiati - anche se non fu il primo in Italia a tentare una cosa del genere - consiste nel creare, per ogni sezione del suo poema, un'atmosfera musicale corrispondente alle emozioni del protagonista, ovvero del Poeta; ciò risulta evidente, oltre che dal titolo del libro, dalle brevi prose che seguono i titoli delle sezioni: descriventi gli strumenti e il tipo di musica che, forse, nell'intenzione di Tumiati avrebbero dovuto fare da accompagnamento alla recitazione dei versi. Per spiegare meglio la struttura dell'opera poetica, riporto un frammento del critico Glauco Viazzi, estratto dall'antologia Dal simbolismo ad déco (si trova a pagina 81 del primo tomo):

In Musica antica per chitarra il Tumiati costruisce, secondo un prototipo isotteo, un Antico Palagio come luogo di una vicenda mentale ed emozionale, nel quale inscrivere figurazioni che traducono stati del profondo. Le motivazioni del reale sono tutte ricondotte alla scrittura, per saggiarne la possibilità di registrare e fermare tanto il pensato che l'intraveduto o il rimemorato, sia per oggettivazione che per astrazione [...]

Il volumetto, di 96 pagine, contiene 61 poesie, divise nel seguente modo: due sezioni brevissime (includono soltanto una poesia) poste all'inizio e alla fine del poema, che portano entrambe il medesimo titolo: PER INANIA REGNA; sette sezioni rispettivamente così intitolate: OMBRE DI NEVE; VELI D'APRILE; L'INCENSIERE; DIARIO BREVE; PIANURE LONTANE; MELODIE SACRE.
La prima sezione è formata da 11 poesie; quasi tutte hanno come tema principale quello di una donna affascinante e misteriosa, una Dama che il poeta vede o intravede sempre sola, in vari luoghi, e ogni volta che ciò accade rimane ammaliato da tale, imprevista e meravigliosa visone, come se fosse un'apparizione divina. Più rari, ma molto belli, sono i versi che hanno altri temi, come Il vangelo e Ombra.
Nella seconda sezione, che presenta una serie di poesie per lo più brevi, in cui vengono descritti paesaggi e luoghi immersi in un clima primaverile, si avverte maggiormente il debito verso certo D'Annunzio (soprattutto quello de L'Isotteo e de La Chimera); sporadicamente ricompaiono quegli elementi che caratterizzano la prima sezione, relativi ad una enigmatica donna che anche in questi versi appare come una dea: pura, bianca ed estremamente misteriosa. 
La terza sezione poteva essere intitolata "Il trionfo dei sensi", visti i numerosi riferimenti all'erotismo e al sensualismo che saltano all'occhio; al centro c'è sempre e comunque la donna enigmatica, già presente nelle precedenti sezioni, qui descritta in modo meno casto; tant'è che, il poeta riesce a trattenersi a stento di fronte alla visione di un corpo femmineo particolarmente conturbante, la cui purezza rischia seriamente di essere compromessa; ad acuire ancor di più l'atmosfera afrodisiaca, contribuiscono i profumi intensi ed esotici che si espandono nell'aria circostante, voluttuosamente.
La quarta sezione, se si tiene conto soltanto del titolo che porta, dovrebbe essere un diario in versi; in realtà si tratta di un avvicinamento onirico del poeta verso una vergine che riposa tra i gigli, in un luogo fantastico, situato su le porte dei sogni. E l'atmosfera sognante attraversa tutti i frammenti qui presenti, dove scompare ogni traccia di irrequiete voglie (così le definisce il poeta stesso), e al contrario si notano numerosi elementi collegati alla purezza ed alla religione. C'è anche un costante clima di sfinimento, una malinconia che si diffonde e domina sugli scenari che via via mutano, e che comunque sono ben identificabili nella città di Firenze e nella sua periferia, e dove, una volta di più, non è mai assente la vergine - che, guarda caso, si chiama Beatrice - incontrata dal poeta quasi sempre nei suoi sogni; nei rari momenti in cui si percepisce la sua presenza reale, viene decritta in modo molto vago.
La quinta sezione è composta da liriche di argomento bucolico, incentrate sui lavori tipici della campagna; i luoghi sono quelli del ferrarese, descritti con dovizia di particolari, includendo anche antiche leggende e nomi di personaggi famosi facenti parte della storia locale. Il tema che ricorre di più è quello dell'acqua. Qui si trovano la maggior parte delle poesie che Tumiati salverà, quando deciderà di pubblicare un volume che riassumesse l'intera sua produzione in versi.
Infine, la sesta sezione vede un ritorno dei temi principali della raccolta, con, al centro dell'attenzione, donne particolarmente sofisticate ed estremamente affascinanti, avvolte in un'aria sognante, spesso tristi o disperate.
Riporto di seguito due tra le migliori liriche di quest'opera poetica "dimenticata".





LA BIANCA NOTTE

Una verginità nuova
occupa la piazza vasta:
cammino sopra la neve.

Ne la notte alta, chi trova
l'orma? solo la riceve
quella neve umile e casta.

Io non so perché il mio piede
affondare vuole l'orma
nel velluto che si frange;

io non so che cosa vede
il mio cuore, quale forma
ne la notte alta, che piange.

Dal palagio scuro, bianca
pei cristalli vien la luce:
v'entra, v'arde la mia vista.

Forse ancora non sei stanca,
ma nel libro ti seduce
una luce bianca e trista.

Forse parli, piccolina
bocca, di vedute cose,
di ascoltata melodia.

La messa del Palestrina
di stamani, ovver le rose
pallide, corolla pia?

Io non so che pensi, né
so che penso io pure;
vedo solo a me d'intorno

de la neve le ombre pure;
ed è come un chiaro giorno
celestiale su te.




IL VANGELO

Il piccolo Vangelo
antico, mi consola
quando sono più triste.

A pena qualche velo,
trame d'ignota spola
d'oro sacro commiste;

Qualche velo si stende
sovra l'anima mia:
e il mondo trasfigura

come viso che prende
una dolcezza pia
sotto una mano pura.

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