Si fa riferimento,
qui, al mistero, parlando di versi che pongono in primo piano tutta una serie
di personaggi, situazioni, musiche, opere artistiche, cose più o meno concrete e
perfino ideali, che hanno caratteristiche decisamente enigmatiche, e che quindi
trovano spazio e interesse proprio grazie al mistero contenuto in essi.
Passando alla descrizione di alcune singole poesie, si possono certamente
definire inquietanti e impenetrabili i versi di Giovanni Camerana in cui fanno
la loro comparsa Tre Madri (e il
numero ha un preciso significato) senza forma e senza peso; sedute su un terribil trono, appaiono come dee o come
demoni: eterne, enormi, spaventose. Immobile è anche l'immagine fin troppo
sfruttata poeticamente parlando, della "Sfinge"; ottima comunque la
poesia di Arturo Graf, che la descrive da par suo, riuscendo a trasmettere al
lettore tutto l'arcano fascino che contraddistingue questa figura mitologica.
Un riferimento finale alla sfinge è presente anche in Paese notturno di Giovanni Pascoli, quando il poeta cerca di trovare un
significato ultraterreno nella visione notturna che ha di un luogo una volta
abitato, ma ormai in totale stato di abbandono. In un contesto notturno è ambientata
anche la lirica di Enrico Annibale Butti, il quale, forse mentre tentava di
addormentarsi, viene scosso da un sibilo
lontano, non ben definito, che fa nascere in lui delle ipotesi allarmanti
sull'origine di tale rumore, e nello stesso tempo lo induce a pensare cose
molto tristi. Ancora una volta la notte è protagonista nel sonetto di Tito
Marrone intitolato Le Argire: qui, in
una notte autunnale pregna di profumi e incanti, il sommo mistero è
rappresentato da donne velate (probabilmente le Argire del titolo), che
oltrepassano le dischiuse porte di
non ben precisati palagi, per
dirigersi verso i taciti giardini Una
situazione totalmente diversa è presente nella poesia di Angiolo Orvieto, in
cui un moribondo giovane biondo sale
su un treno vuoto e scompare lentamente verso
l'ignoto.
Poesie sull'argomento
Diego Angeli:
"Il mistero degli occhi" in "L'Oratorio d'Amore" (1904).
Enrico Annibale
Butti: "Sonno interrotto" in "Il Marzocco", novembre 1900.
Giovanni Camerana:
"Le Madri" in "Poesie" (1968).
Dino Campana:
"La Chimera" in "Canti Orfici" (1914).
Girolamo Comi:
"Mistero" in "Lampadario" (1912).
Sergio Corazzini:
"Dopo" in "Piccolo libro inutile" (1906).
Adolfo De Bosis:
"Rare, nel bujo, lampade..." in "Amori ac silentio e Le rime
sparse" (1914).
Cosimo Giorgieri
Contri: "Immagine in una villa romana" in "La donna del
velo" (1905).
Domenico Gnoli:
"Il carro notturno" in "I canti del Palatino. Nuove
solitudini" (1923).
Corrado Govoni:
"Lapide anonima" in "Armonia in grigio et in silenzio"
(1903).
Corrado Govoni:
"Le stranezze" in "Gli aborti" (1907).
Guido Gozzano:
"L'assenza" in "I colloqui" (1911).
Arturo Graf:
"Sfinge" in "Medusa" (1990).
Arturo Graf: "La
croce nel tronco" in "Le Rime della Selva" (1906).
Amalia
Guglielminetti: "Seguace" in "Le Seduzioni" (1909).
Virgilio La Scola:
"Refrigerio" in "La placida fonte" (1907).
Giuseppe Lipparini:
"Il viandante" in "Le foglie dell'alloro. Poesie
(1898-1913)" (1916).
Tito Marrone:
"Sestina del mistero" in "Cesellature" (1899).
Tito Marrone:
"Le Argire" in "Sonetti dell'estate e dell'autunno" (1900).
Angiolo Orvieto:
"Verso l'ignoto" in "La Sposa Mistica. Il Velo di Maya"
(1898).
Nino Oxilia: "Alta è la notte sull'urbe..." in
"Canti brevi" (1909).
Aldo Palazzeschi:
"La croce", "Ara, mara, amara" e "Oro, doro, odoro,
dodoro" in "I cavalli bianchi" (1905).
Aldo Palazzeschi:
"Lo sconosciuto" in "Poemi" (1909).
Giovanni Pascoli:
"Paese notturno" in "Myricae" (1900).
Giovanni Pascoli:
"La felicità" in "Primi poemetti" (1904).
Francesco Pastonchi:
"Fossa dell'abate" in "Il pilota dorme" (1913).
Romolo Quaglino:
"Simbolo" in "Fior' brumali" (1897).
Ceccardo
Roccatagliata Ceccardi:"Pensiero" in "Sillabe ed Ombre"
(1925).
Ettore Romagnoli:
"L'ora" in "Miti e fantasie" (1910).
Emanuele Sella:
"Transitus vitae" in "L'Ospite della Sera" (1922).
Giovanni Tecchio:
"Mistero" in "Canti" (1931).
Domenico Tumiati:
"La verità" in "Liriche" (1937).
Diego Valeri:
"Parole" e "Da Chopin - Preludio IV" in
"Crisalide" (1919).
Alessandro Varaldo:
"Sognando" in "Marine liguri" (1898).
Mario Venditti,
"Cerimonia" in "Il cuore al trapezio" (1921).
Giuseppe Villaroel:
"Sorpresa" in "La tavolozza e l'oboe" (1918).
Testi
TRANSITUS VITAE
di Emanuele Sella
O vecchio, hai tu
inteso la voce?
qualcuno m'ascolta il
pensiero.
- Deh smetti, o
invisibile spettro, l'atroce
tuo scherno, s'è vero
che esisti... - Chi sa? -
Io dico talora a me
stesso:
la vita è un perenne
sognare;
che cosa ci attende
di sotto un cipresso?
varcato il sogliare
dell'eternità?
La vita?... la
vita?... Ma nulla
ci svela la stasi
eternale
del Tempo che adombra
la bara e la culla
e l'anima assale con
l'immensità?
E vedo sui floridi
clivi,
- che sono un delirio
di gialle
farfalle - sbocciare,
fra i cedri e gli ulivi
ignare le calle di
quel che sarà.
Ippolita in alto
m'appare
nel verde: è una
gioia vederla!
la stringe uno
scialle colore del mare,
d'un mare di perla e
riflessi lillà.
E tutto tremante
l'ascolto:
«Nascosta fra i
pensili rami
d'un salice, vidi il
tuo pallido volto:
mi chiesi se m'ami;
risposi: chi sa?»
«Non dire!... Lo so
che sovrasta
sull'uomo una tragica
Sfinge.
La vita è un mistero;
l'amore non basta;
al nulla ne spinge la
morte...». Chi sa?
MISTERO
di Giovanni Tecchio
Che notte di luna! La
strada
Sì bianca diritta
infinita,
Di cupi cipressi fra
nere
Due lugubri immobili
schiere!
Se verso la morte o
la vita,
Mistero! non so dove
vada.
Ma c'è pure un non so
che nero
Là, in fondo, che
lento si muove:
Un nero convoglio,
una bianca
Scheletrica rozza che
arranca,
che incespica
ansante. Ma dove,
Non so dove vada.
Mistero!
Chi è mai chiuso là?
Chi sarà
Che gode un viaggio
sì strano?
Incanto di sogno, di
pace:
È forse la gioia
verace.
E forse quel nero
lontano
Va verso la felicità!
Odilon Redon, "Mystery"
(da questa pagina web)
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