Io son giunto a
limitarmi un regno
tutto per me,
mirabile e severo.
Simile a un frate
austero
sto in una cella
bianca
che ha l'uscio al monte,
la finestra al mare.
Trascorrere quivi la
mia vita eguale,
lenta ed assorta come
una preghiera.
Ma qualche sera che
il tramonto incendia
l'ultime nubi e
incenerisce il cielo
l'anima sbatte come
una bandiera.
Questa poesia di
Adriano Grande (1897-1972) appartiene alla sezione Pause
del volume La tomba verde. La
raccolta uscì per la prima volta nel 1929 (edita da Buratti in Torino) ed è stata recentemente riproposta al
pubblico della poesia grazie all'editore San Marco dei Giustiniani di Genova.
Sono pochi versi che raccontano di una scelta di vita solitaria e isolata: una
sorta di clausura. Un uomo (forse il poeta stesso) ha deciso di porre dei
limiti al suo mondo (qui definito regno);
ha fatto in modo che la sua casa divenisse una cella di colore bianco, simile a
quella dei frati, situata sui monti. Questa piccola stanza ha soltanto una
finestra, dalla quale, è possibile osservare il lontano mare. L'uomo ha deciso
di trascorrere il resto della propria vita fra queste quattro mura anguste,
limitando al massimo i suoi spostamenti; in tal modo il tempo trascorre più
lento e ne rimane molto per meditare. Sembrerebbe quasi un letargo, un
allontanamento da qualsiasi slancio vitale; se non fosse per quella finestra
che dà sul mare e che offre all'uomo ormai completamente estraneo a tutto,
l'unico, intenso contatto col mondo esterno. Ed è nelle sere in cui, al
tramonto, il sole fa splendere (incendia)
le ultime nuvole del giorno e, nello stesso tempo, colora il cielo di un grigio
simile a quello della cenere, che l'uomo affacciato alla finestra si emoziona e
si esalta davanti al solo spettacolo della natura che il luogo può offrirgli.
In quel momento la sua anima assopita si risveglia e si esalta proprio come fa
una bandiera esposta ad un forte vento.
Si parla, in breve,
delle sensazioni che prova chi vive, per scelta o costrizione, in un luogo
chiuso e angusto per un lungo periodo di tempo; può essere il frate o il
prigioniero, entrambi per diversi motivi, spesso rintanati in una cella; può
essere il malato in quarantena o chiunque abbia deciso di estraniarsi dal resto
dell'umanità passando numerosi giorni fra quattro mura. Allora, può essere
sufficiente un odore, una piccola visione o perfino un rumore a risvegliare l'anima
addormentata, così da far rinascere antichi ricordi e impensate emozioni,
oppure a creare, grazie alla fantasia, una serie di immagini e di eventi
irreali (a questo proposito, molto bello è il testo della canzone La casa in riva al mare). Mi viene anche
in mente, per la sintetica ma quanto mai efficace sensazione che l'anima umana
prova di fronte a certe situazioni, la brevissima e celebre poesia di Giuseppe
Ungaretti intitolata Mattina.
Una poesia bella e struggente. Per spiriti nobili e sensibili. Il paradiso, a volte, può essere anche una "cella bianca" con la sua finestrella che ti permette di vedere il mare...
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