Un cacciatore
infallibile
abbatte i giorni al
culmine
del loro stanco volo,
con mira più spietata
se appena accenna
un'ala,
timida, a più
librarsi...
Li segue dal lor
primo
levarsi incerto dalla
indistinta brughiera,
e li attende al
confine
dove il volo si
avvalla
nella breve sconfitta
della sera.
Nella breve sconfitta della sera è la tredicesima
poesia delle quindici comprese nella sezione Ai giorni (1948-1949); quinta del volume Solo se Ombra e altre poesie, di Gaetano Arcangeli (Bologna 1910 - ivi
1970), edito da Mondadori nel 1952 e poi ristampato da Scheiwiller nel 1995 (da
quest'ultima edizione ho estratto il testo). Tutta la sezione citata (e questa
poesia non fa eccezione) palesa sentimenti di stanchezza e rassegnazione: una fatica di vivere ben dimostrata dalle frequenti confessioni
riguardanti il fastidio provato di fronte al diffondersi della luce mattutina e
di conseguenza, del sole, come dimostrano questi altri versi: Non cesserò d'illudermi che un giorno /
s'interrompa lo strazio dell'esausto / turno del sole a affaticarci invano...
Erano gli anni del dopoguerra: un periodo tra i più duri e difficili della
storia italiana; la popolazione, per la stragrande maggioranza in condizioni di povertà, tribolava perfino per trovare il modo di alimentarsi
giornalmente. Da qui e da un travaglio interiore non ben chiarito, s'insinuano
nella mente del poeta una sorta di sfinitezza e di pessimismo tali che egli
veda, come in una onirica visione, un cacciatore
infallibile, il quale abbatte uno
dopo l'altro i giorni, come fossero uccelli dallo stanco volo che si conclude tragicamente nella breve sconfitta della sera.
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