All'aprirsi dell'aria
spaccata dal vento,
trafitta da lunghe
spade d'argento,
la terra ricomincia
il suo tempo,
senza memoria dei
millenni e dei giorni,
ignara d'inizi e
ritorni:
erba drizzata, sparsa
fronda,
acqua che fugge in
lucida onda,
primo fiore, colore.
Ma noi, su noi stessi
piegati
dal carico dei giorni
e dei millenni,
noi non possiamo
ricominciare;
noi abbiamo solo
occhi per guardare
l'eterna fiumana
estuare
dalle innumerevoli
porte
dell'universo; noi
confitti e chiusi
nel nostro guscio di
memoria umana,
separata finita
lontana.
È, questa, la
penultima lirica di quelle comprese nel volume riassuntivo Poesie di Diego Valeri (Piove di Sacco, 1887 - Roma 1976), pubblicato dalla Mondadori
nel 1962. Composta in tarda età dal poeta veneto, mette in risalto la netta
differenza tra la vita del nostro pianeta e quella di noi, esseri umani. Lo
spunto di questa meditazione è dato dal ritorno della stagione primaverile, che
si palesa, per quel che concerne la Terra, con un nuovo inizio di vita e di
energia: le acque che si spostano in seguito allo sgelo; la comparsa dei primi
fiori sbocciati dopo i primi tepori; l'erba dei prati che riprende vita e
colore grazie al calore dei raggi solari... Tutti elementi della rinascita
infinita che avviene ogni anno sulla superficie del pianeta, il quale non è,
come noi, consapevole di ciò che è avvenuto, che avviene e che avverrà, poiché
non ha memoria e tutto si sussegue senza ricordo alcuno. Gli uomini invece,
carichi di anni, appesantiti dal tempo che è passato, sono ben consci della
propria precarietà e del fatto che per loro è impossibile rinascere, ma
soltanto osservare gli eventi della natura che si rinnova. Quel "noi"
usato più volte dal Valeri, indica una fratellanza col genere umano che soffre
della propria finitezza ed anche dei ricordi, i quali, col passare degli anni
si accumulano e pesano nell'anima sempre di più, tanto da farla piegare su sé
stessa. Negli ultimi versi affiora con maggiore evidenza la sconsolata rassegnazione del poeta, che
parla di noi: un'umanità chiusa e inchiodata in un involucro fatto di memoria,
che ci allontana, ci separa dalla terra che sempre rinasce, facendoci sentire
quanto mai inutili e caduchi, consapevoli del nostro breve tempo che passa
velocemente, e che ci fa perdere, lungo la strada della vita, anche i ricordi più
belli.
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