Certamente non lo amo
il mio tempo: un tempo che preferisce di gran lunga Halloween alla festa di
Ognissanti e al Giorno dei Morti. Mi aggiro per le strade di questa periferia
disfatta, che ben si addice alla mia cronica malinconia e ad una disperazione
calma che mi porto dietro da qualche mese. Penso che per me, l'unica
consolazione rimanga la natura: lei non muta, è sempre la stessa. Sono tornate
le prime nebbie autunnali; continua a piovere quasi tutti i giorni; la luce si
è fatta sempre più avara; il terreno è già coperto dalle foglie morte...
Lentamente, l'ottobre sta trascorrendo e il novembre è, ormai, a un tiro di
schioppo.
AUTUNNO
di Gabriele
D'Annunzio
Autunno, che negli
occhi suoi specchiasti
e nel mar taciturno
il tuo fulvo oro
- tutte le acque un
immobile tesoro
parvero, e gli occhi
più del mare vasti -,
Autunno, io non
sentii mai così forte
la tristezza che tu
solo diffondi
- quante di me ne'
tuoi boschi profondi
son cose morte tra le
foglie morte!
come ieri. Fu ieri la
suprema
tristezza e fu l'amor
supremo. Ah mai,
ne l'ore più segrete,
mai l'amai
come ieri. Ancor
l'anima ne trema.
Ella taceva, chiusa
ne la nera
tunica dove sparsi
erano fiori
pallidi, Autunno,
come i tuoi che indori
sul vano stelo; e,
china a la ringhiera,
guardava il golfo
solitario, china
come colei che un
peso immane aggrava.
- Ombra de la sua
fronte! - O non guardava
forse dentro di sé la
sua ruina?
Forse. Non domandai.
Ma così piena-
mente a lei
rispondean tutte le cose
visibili, apparenze
dolorose
d'anime involte ne la
stessa pena,
che io credetti
vedere il suo dolore
in quelle forme,
vivere in un mondo
espresso intero dal
suo cuor profondo,
irradiato da quel
solo cuore;
e fu per me ciascuna
forma un segno
che svelava un
mistero: quasi un muto
verbo; e più nulla fu
disconosciuto,
anche per me, ne
l'infinito regno.
(Da "Poema
paradisiaco", 1893)
AUTUNNO
di Diego Garoglio
Or, grigio autunno,
il tedio tuo m'assale
intimamente ed ogni
mia tristezza
antica geme: come il
virginale
sogno dei fiori
sparve e la ricchezza
dei dolci frutti? Più
non piove ebbrezza
ai desolati campi il
ciel nivale.
Morti, ripenso a voi;
l'anima apprezza
or la pace e il
silenzio sepolcrale,
però che secche le
speranze estreme,
terra, come ogni tua
spoglia vana,
né geli o nevi, né
morte più teme.
La nebbia avvolga pur
l'anima mia,
grigio sudario: suona
una campana
lontana, autunno, una
lenta agonia.
(Da
"Elena", 1901)
SOLITUDINE AUTUNNALE
di Gustavo Botta
La pigra nuvolaglia
distesa all'occidente
sanguinosamente
il sole imbavaglia.
Per l'erma boscaglia
non uno sgriglio si
sente:
di tra i fusti agili
ardente
il lago da lungi
abbarbaglia.
Sterpi e grovigli di
vepri
lungo il sentiero che
svolta,
né ritenne orma
veruna.
Guardinghe, vi
andrannno le lepri
quando tu l'ombra
folta
mieterai, falce di
luna.
(Da "Alcuni
scritti", 1952)
GEMON L'ULTIME
ROSE...
di Vincenzo Fago
Gemon l'ultime rose
nel morente
crepuscolo d'autunno,
come smorte
bocche, cui già
discesero le lente
lacrime d'una
sciagurata sorte.
Rabbrividisce il
bosco e un gelo sente
pur l'anima percossa
da la forte
angoscia; le canzoni
sono spente
tutte, le illusioni
tutte morte!
Così, Donna, è
compiuto il mio destino
che d'ogni più gentil
riso mi spoglia.
Fosti sera per me
senza mattino,
io l'april di tua
vita, e tu alla mia
squallido autunno che
il mio cor, qual foglia,
inaridisti lungo la
tua via.
(Da
"Discordanze", 1905)
ANCORA UN AUTUNNO
di Luisa Giaconi
Tu vedi, anima mia,
di lieve opale
soffusi i cieli, ed
una gran dolcezza
ti vince. Come mai
nell' autunnale
malinconia tu senti
una carezza?
Oh tu torni nel
sogno, anima mia
su l'onda dei lontani
anni raminga,
come vela che il mar
passi solinga
in un incanto di
malinconia!
Dolci cose rivedi, e
sì lontane
cose: quell'oro delle
ultime foglie
bisbiglianti dei
larici, le spoglie
viti sul colle arato,
le liane
dei boschi
melanconiche, il sorriso
dei mattini
fragranti, le soavi
malinconie dei
vesperi che amavi,
anima, tanto, e
quell'eterno riso
degli astri e della
luna. Dolce cosa
errar sull'onda degli
anni sereni
e i fiori, i canti di
dolcezza pieni
trovar nel sogno, o
anima pensosa.
(Da
"Tebaide", 1912)
AUTUNNALE
di Giuseppe
Casalinuovo
Allo stormir che
fecero le foglie
noi taciti guardammo
nel frascame.
Fremendo ancòra,
dentro le sue brame
il cuore pel ricordo
si raccoglie.
Noi guardammo. Da
mezzo delle rame
cadevan roteando
delle foglie.
Oh come a un tratto
delle nostre voglie
stringemmo forte le
già strette trame.
E le foglie
stanchissime al terreno
caddero come cadon
cose morte.
Vennero allora agli
occhi in un baleno
l'anime che un timore
aveva assorte,
e nello sguardo
lucido e sereno
la vita lampeggiò
stretta alla morte.
(Da
"Dall'ombra", 1907)
BRUMALE
di Mercurino Sappa
Un alito di bimba
addormentata
È lieve men de l'aria
che ti porta
Da 'l nudo ramo a la
famiglia morta,
O fogliolina d'oro
accartocciata.
Ti porta in braccio
de le tue sorelle
De 'l cespo a 'l piè,
con un lamento roco,
De le sorelle in vita
e 'n morte unite.
Più lieve soffio ad
una ad una svelle
Da 'l mio cor le
speranze, ahimè sì poco
Salde, ahimè così
presto affievolite!
O fogliolina, o mie
speranze, udite
E vi sia di conforto:
il mondo intero
Non è di voi men vano
e menzognero,
Solamente il suo
inganno ha più durata.
Un alito di bimba
addormentata.
(Da
"Ballatette", 1904)
CADON LE FOGLIE
di Franco Caracci
Dalla finestra
piccina
guardo il cader delle
foglie
che il vento, a
tratti, raccoglie
nella piazzetta
vicina.
Foglie già morte,
cadute
col freddo, dove
n'andate?
Foglie che ancora
attardate,
foglie avvizzite, giù
mute
forse per lungo
tormento,
scendete presto, ch'è
l'ora...
- tutto all'intorno
scolora -
tutto singhiozza col
vento!
Senza rimpianti,
scendete:
muore ogni giorno
qualcosa:
muore il giacinto e
la rosa:
pallide larve,
cedete...
E poi, sentite:
morire,
non è tristezza
infinita:
ed è sì triste la
vita
che vede tutto
sfiorire...
... un'altra foglia
che muore:
piano discende: un
accento
tremulo, forse un
lamento,
ed è finito il
dolore!
(Da "Campane a
sera...", 1911)
PIOGGIA D'AUTUNNO
di Vittoria Aganoor
Pompilj
Questa mane è
piovuto, e alla mia stanza sale
dalle aperte finestre
quell'odore autunnale
dei boschi, che
risuscita forme e sogni scordati:
abbadie scure e mute;
monaci incappucciati;
vecchie selve, dimora
favolosa di maghi
dalla bacchetta
d'oro; grotte profonde, e laghi
tetri, dal fondo
verde d'alighe lunghe e folte,
forse chiome ribelli
di naiadi, sepolte
sotto quell'acque...
A quando a quando il sol percote
la parete di contro,
e muta tinte e note
a quel mobile mondo
di fantasmi... È fuggita
ogni strana
sembianza; ecco il sole, la vita,
la giovinezza, il
vero! Che risi seduttori
che inviti, in quel
suo bianco raggio d'autunno!
«Fuori!
—
(sembra dir) — «l'aria
è fresca, i prati sono ancora
verdi, e Cerere amica
d'auree messi colora
i campi; oggi
risplendo a festa, ma non giuro
d'esser l'ugual,
domani; lo sapete, è sicuro
solo l'istante, l'ora
fugge e i maligni fati
v'invidiano le feste;
dunque fuori! sui prati,
alle colline! Avanti!
che l'inverno è alle porte
ed avrò un bel
risplendere se le foglie sien morte
e la neve distesa
sulle zolle deserte
di vita!»
E intanto fulgida dalle finestre
aperte
entra un'ondata
bianca e m'invade la stanza
e spia per ogni dove
come un bimbo in vacanza;
fruga tra i libri,
scherza sul minuto lavoro
degli stipi; a ogni
ninnolo dà una pagliuzza d'oro
e ride...
Io vorrei correre ai colli alti, al
divino
aer libero e fresco,
ma... sovra il tavolino
un nero volumone mi
guarda, fa il cipiglio,
m'ammonisce,
borbotta. Come è ingrato il consiglio
che mi dà quel
maestro inflessibile e grave!
il cielo è così
bello! l'aria così soave!
forse... è l'ultimo
giorno di festa.
O che mi serbi
tu, libro tenebroso?
forse dei veri acerbi
e null'altro...
No! meglio l'istante spensierato,
il sogno, anche se
breve, il fantasma, evocato
da un raggio bianco e
un ramo di gocciole coperto...
corriamo ai prati, ai
colli, all'aperto, all'aperto!
(Da "Leggenda
eterna", 1900)
CANTA DI FUORI
L'ETERNA PIOGGIA
di Domenico Oliva
Canta di fuori
l'eterna pioggia,
La greve pioggia
d'autunno canta,
È una canzone di
strana foggia,
Barbara e piena che
turba e incanta
È un rauco metro
senza colore,
È d'un pensiero folle
la veste,
È lungo, è scialbo:
d'un tessitore
Paion le note
stridenti e infeste.
Che mai si tesse, di
fuor, pel nero
Immane regno di
questa notte?
È forse un liquido
manto ch'austero
Scenda ad avvolgere
le vane lotte
In cui la gente vive
e s'uccide?
Poiché la pace grande
e l'oblio
Chi ascolta, afferra,
stringe, conquide
Cede il nemico
nostro, il desio -
E non umano accento
giunge,
Grido di bestia,
passo, o fragore
Di carro: solo,
vicino o lunge,
V'è il folto murmure
che mai non muore.
Oh l'infinito
rosario! oh questa
Litania immensa, queta
e profonda,
Che dal notturno nume
ridesta,
Dice ogni zolla, dice
ogni gronda,
Oh la preghiera senza
parole,
Oh il paternostro
della tenèbra,
Lene carezza l'anime
sole,
Pallia dei cori
smunti la lebra!
Sii di pazienza,
larga armonia,
Consiglio al martire
che qui si strugge,
Figlia d'autunno,
possente e pia,
Ripeti dunque: la
vita fugge:
Dillo, ripetilo a chi
l'adora
L'idol di carne,
l'idol di sangue,
Dillo: per tutti
s'appresta l'ora
Fatale e pallida: la
vita langue;
Langue e scompare: oh
non levate
L'inno di gioia: le
vostre labra
In un istante ecco ha
inchiodate
Una man gelida,
scarna e macabra:
Non la bestemmia
s'innalzi, come
Getto di fiamma:
breve è il martiro:
È un vano sogno, è un
vano nome,
Inno non merta,
rabbia o sospiro!
Canta di fuori
l'eterna pioggia,
La greve pioggia
d'autunno canta,
È una canzone di
strana foggia,
Barbara e piena che
turba e incanta.
(Da "Il
ritorno", 1896)
AUTUNNALE
di Bruno Vignola
Da due giorni
un'acquerugiola che fila
sottile e diritta in
una tisica nebbiola
ha inzuppato i campi
smossi,
infradicito
impiastrato le strade di limaccio,
marcito lungo i viali
nudi le foglie morte e le acace.
Attraverso i vetri
sprizzolati della finestra
un pàmpino ostinato
su gli stecchi
gocciolosi della siepe
ha l'aria sbiadita di
reliquia
d'un brandello di
vecchia seta gialla
appeso ai rovi...
E annotta: una goccia
che forse cade da una
gronda
su una secchia
riversa nell'orto,
ha il lento singulto
uniforme
d'un pèndolo
che batta in un
silenzio sgomento
gli ultimi istanti
del mondo...
Annotta: ora entra
nelle stanze un buio viscido e diaccio
che odora di
sotterra,
come se tutta quanta
la casa
affondi nel suolo
flàccido poltàceo
adagio - adagio -
inesorabilmente
giù in una nera tomba
di mollume.
(Da
"Gamma", 1918)
LA DIPARTITA
di Gustavo Balsamo
Crivelli
Era l'ottobre tardo.
A noi d'intorno
grigio, deserto,
sconfinava il piano:
all'orizzonte
impallidiva il giorno
tra un brulichio di
porpora lontano.
Ed io pensando nel
crudel ritorno
già disciolta la mia
dalla tua mano,
breve sosta di un
sogno il mio soggiorno
nella tua casa ed il
rimpianto vano,
come quel cielo che
tra i pioppi in brume
d'argentee nebbie
lento scoloriva,
vaporando un estremo,
esile lume,
tutto sentii nel cor
mio scolorire:
estasi, fedi, sogni e
la mia viva
anima anch'essa come
il dì morire.
(Da «Riviera Ligure»,
1902)
CREPUSCOLO AUTUNNALE
di Guido Menasci
Di sanguigni riflessi
il sol colora
le nuvole con
l'ultime faville
e sovra il buio mar
guizzano ancora
d'onda in onda
fuggevoli scintille.
S'addensa il color
grigio ad ora ad ora
su le colline a torno
e su le ville:
ridean di luce sino
da l'Aurora
e nell'oscurità
muoion tranquille.
Da quale novo
incanto, ora, da quale
vision mossa dà la
fantasia
una tristezza
indefinita a 'l core?
Nel silente
crepuscolo autunnale
sorge — squallido
fior — la Poesia
di tutto ciò che
sotto il ciel si muore.
(Da "Il libro
dei ricordi", 1895)
IL LAGHETTO D'AUTUNNO
di Teofilo Valenti
È limpido il
laghetto, a cui dintorno
ciascun albero giallo
si dispoglia:
par l'acqua, se la
increspi aurata foglia,
liquido vel, d'erbose
frange adorno.
Lento si va
discolorando il giorno,
canta pel cielo
un'angelica doglia:
di fuggir con le
rondini s'invoglia,
l'anima, de l'inverno
anzi il ritorno.
I cigni sfioran
l'onda tuttavia,
precinti d'una
candida magia:
e le imagini lor, lo
specchio inverte.
Quale si volge per
uscire al secco,
e quale, appena le
bell'ale aperte,
rompe il cristallo
nitido col becco.
(Da "Le
visioni", 1906)
FINE D'OTTOBRE
di Enrico Gerelli
Deboli son le foglie, già tutte son quasi appassite:
se continui, pioggia, tutte cadranno al suolo.
Cadranno, ed il balcone quel riso sereno d'idillio,
quell'incanto giocondo di rusticana pace
perderà. Tu non odi. Dal cielo in lunghissimi fili
luccicanti discendi; batti le foglie assidua.
Domani, a l'alba triste, vedrò il mio balcone sfrondato;
la vite negra e storta piangerà le sue foglie.
Le larghe foglie sue rossiccie, aranciate, staccanti
sul lucido metallo de le turchine sere.
Tutto appassisce e muore. Voi foglie a me care cadete!
stride la pioggia; muto io guardo dai vetri.
Perché, turbata, vede la mente codesta stanzuccia
parata a nero e vedo me su la bara steso?
Merate,
Ottobre '96.
(Da "Nel metro odiato", 1900)
VERSO IL NOVEMBRE
di Cosimo Giorgieri
Contri
Autunno arriva. I
morti
fiori ai sentier
dolenti
dicono le silenti
malinconie delli
orti.
È il ciel tenero,
come
tu solo, Autunno,
sai;
non è più su' rosai
rosa per le tue
chiome.
Odi respir leggero
del Novembre che
viene:
qual suo perduto bene
segue egli, il
passeggero?
Viene recando in mano
fasci di fior recisi;
pianto di nebbie e
risi
di sole alterna al
piano;
e le ombre, donzelle
pie dietro sé
conduce:
fugge per lor la luce
ma crescono le
stelle.
Crescono senza posa
pel trasparente
cielo,
come a fiorire il
velo
funebre di una sposa:
e alla brezza che
scote
i nudi rami,
anch'elle
tremano... Argentee
stelle,
per che tristezze
ignote?
(Da "La donna
del velo", 1905)
I GATTICI
di Giovanni Pascoli
E vi rivedo, o
gattici d’argento,
brulli in questa
giornata sementina:
e pigra ancor la
nebbia mattutina
sfuma dorata intorno
ogni sarmento.
Gia vi schiudea le
gemme questo vento
che queste foglie
gialle ora mulina;
e io che al tempo
allor gridai, Cammina,
ora gocciare il
pianto in cuor mi sento.
Ora, le nevi inerti sopra
i monti,
e le squallide
pioggie, e le lunghe ire
del rovaio che a
notte urta le porte,
e i brevi dì che
paiono tramonti.
infiniti, e il vanire
e lo sfiorire,
e i crisantemi, il
fiore della morte.
(Da
"Myricae", 1892)
QUADRO AUTUNNALE
di Giuseppe Urbani
O mesto Autunno, o
dolce sognatore
ch'ogni anima riempi
ed ogni cuore
di tristezze
profonde,
che versi sulla terra
i tuoi languori
nei trionfi de l'albe
e dei tramonti;
spasimo d'amanti e di
poeti,
che ritorni vestito
di tutte le bellezze
moriture,
strappa il vento per
te le foglie d'oro
e un letto ti
compone;
ti cantano gli
augelli il dolce sonno
com'io ti canto in
flebile canzone.
O mesto Autunno, o
dolce sognatore;
dalle tue dita, io
veggo,
qual da fiamminghe
tavolozze, escire,
superbe tele luminose
e strane
e n'intendo d'ognuna
la bellezza
che ridirti vorrei,
ma non so dire:
Oh, come tutto
abbrividisce e muore!
Treman per l'aria
effimeri velari
come il flato che
l'alba imprime ai frutti
e nuvole d'opale in
lunghe striscie
segnan del cielo il
violato azzurro,
come il solco degli
anni in sulle fronti.
Pallido il sole tra
cineree nubi
s'affaccia e si
nasconde
come dietro una
palpebra si cela
un occhio che non
dorme e che non veglia.
A quando a quando un
timido sussurro
s'ode per l'aria come
un frullo d'ale
poi tutto torna nel
silenzio austero.
È tutta triste la
campagna, triste
come una giovinezza
che si spegne.
Oh, che lento sfacelo
floreale!
Crescono solo mesti
crisantemi
sopra tutte le tombe
ma i fiori della
gioia e della grazia
come bocche anelanti
ai baci estremi
piegano scolorati in
sullo stelo
non più porgendo i
calici
ansiosamente al cielo
pel soave licor de le
rugiade.
Oh, come tutto
lentamente cade!
Come una sfida i
salici
soli, s'ergono al
cielo
come per dir che
qualche cosa resta
di ciò che vive e
muore,
e dalle siepi tra le
poche fronde
occhieggiano le rosse
ultime more
pendenti a guisa
d'ùveri di poppa,
mite ristoro all'arso
viatore.
Su per i campi gli
alberi sfioriti
in atto di dolor
piegano i rami,
mentre cadon le
foglie a poco a poco
come un cader di
sogni e di speranze.
Han le foglie morendo
un riso d'oro
e il turbine le
strappa ad una ad una
come ali di farfalle,
e sulle morte gore le
raduna,
quasi a formare un
albo di tristezza:
pagine d'oro, quelle
foglie gialle,
ove l'autuuno scrive
le sue melanconie.
(Da "Il rosario
del cuore", 1907)
DIPARTITA D'AUTUNNO
di Vittorio Emanuele
Bravetta
Sorge fosco, tra le
foglie
dei gialli alberi, il
convento
sopra quel colle,
lassù;
e sul tetto si
raccoglie
tutta quanta a
parlamento
una garrula tribù.
Che si dicono?...
S'affaccia
ora un monaco canuto
verso quella turba
gaia,
e di lunga e nera
traccia,
sopra lui che ascolta
muto,
si ricopre la
grondaia.
Che si dicono?...
Ogni madre
certo i piccoli
consiglia
con segrete sue
parole.
Ecco: già s'ordina a
squadre
quella erratica
famiglia
mentre cade occiduo
il sole;
vanno lungi, ad altri
lidi;
e le guarda
mestamente
di Francesco il mite
alunno...
Un desìo di nuovi
nidi
quelle sentono...
egli sente
la tristezza de
l'autunno.
Mentre cadono le
foglie,
mentre piove sul
convento
un solare ultimo
raggio,
il buon vecchio si
raccoglie
col suo cuore a
parlamento,
s'apparecchia al gran
viaggio.
Ma sorride e benedice
e s'indugia a
salutare
quella erratica
tribù:
"Oh!... mio
cuore", il vecchio dice,
"torneranno esse
dal mare";
"noi non
torneremo più".
(Da "Odi e
canzoni")
FOGLIA SECCA
di Emilio Girardini
Spinta a vortici dal
vento,
che a novembre i
tralci spoglia,
con un esile lamento
mi perseguita una
foglia.
Se talora anco
s'arretra,
nuova raffica mi
porta
sul cammin la vista
tetra
de la foglia arida e
morta;
de la foglia che
m'insegue
e mi crepita a le
spalle
mano a mano, a brevi
tregue,
pel sentier che mena
a valle.
Sotto grigia aria di
neve
e tra strida aspre di
corvi,
mentre l'ora de la
pieve
batte e ascende i
cieli torvi,
va la foglia, mi
spaura,
mi rincorre su la
traccia
ed un gel di
sepoltura,
tutto brividi, mi
agghiaccia.
(Da "Liriche
varie", 1908)
QUEST'AUTUNNO...
di Girolamo Comi
Quest'autunno che mi
canta la fine
dell'Amore e della
Bellezza
in quali passati
domini
lo rividi con
tenerezza?...
La coppa è vuota -
languido efèbo
ed il sovrano dio
dell'avvenire
m'è parso vederlo
morire
presso un vaghissimo
Erèbo.
...La madre è triste
- il bimbo sopito
sui ginocchi -
attende che cosa?...
...Voi, amanti de la
migliore rosa
non scrutate mai
l'Infinito?
Dagli orizzonti
pallidi emerge
un filo d'agonia -
pallida morte
d'una sera che apre
le porte
alla notte che piano
sommerge
il sorriso d'una
vittoria.
Addio, amanti chini
sul fiore
del vostro sangue -
della vostra storia
fiorita sopra
singhiozzante aurora
e che vi parve
mondiale gloria!...
(Da "Il
lampadario", 1912)
Nils Kreuger, "Autumn, Varberg" |
Pubblichi sempre degli splendidi versi...io però son nata a novembre!
RispondiEliminaBellissimo mese! A giorni pubblicherò ulteriori versi sull'autunno con molte poesie dedicate a novembre; fra un po' di tempo invece pubblicherò un post che riguarda il mese di novembre per quel che concerne la poesia italiana simbolista, decadente e crepuscolare. Queste sono le pagine già pubblicate con poesie sul novembre: http://leonbizz66.blogspot.it/2014/11/novembre-in-10-poesie-di-10-poeti_2.html
Eliminahttp://leonbizz66.blogspot.it/2014/11/novembre-in-10-poesie-di-10-poeti.html