Nacque a Milano nel
1868 e ivi morì nel 1912. Si laureò in Giurisprudenza per poi dedicarsi
assiduamente al teatro sì da divenire, ai suoi tempi, un noto drammaturgo (fu
paragonato ad Ibsen); scrisse anche romanzi, racconti e poesie; colpito ben
presto dalla tisi, morì precocemente. I suoi versi non furono mai pubblicati in
volume e restano sparsi su varie riviste di fine Ottocento fra cui Cronaca d'arte, Nuova antologia e Il Marzocco.
Butti, nelle sue rare liriche, mostra simpatie per alcuni poeti italiani del
secondo Ottocento: Igino Ugo Tarchetti ed Arturo Graf per un non celato
pessimismo; Olindo Guerrini per una sottile sensualità; Giovanni Pascoli per
una ricerca di situazioni misteriose ed enigmatiche. Si auspica che, in un
immediato futuro, qualcuno voglia pensare di riunire in un libro i versi di
questo ennesimo poeta italiano dimenticato.
Presenze in antologie
"Dai nostri
poeti viventi", 3° edizione, a cura di Eugenia Levi, Lumachi, Firenze 1903
(pp. 62-63).
"Antologia della
lirica italiana", a cura di Angelo Ottolini, R. Caddeo & C., Milano
1923 (pp. 237-238).
"Poeti
simbolisti e liberty in Italia", a cura di Glauco Viazzi e Vanni
Scheiwiller, Scheiwiller, Milano 1967-1972 (volume secondo, p. 37; volume
terzo, pp. 31-39).
Testi
ROVINE
Le colonne dei Templi
il mar sommerse.
S'ergon freddi
dall'onde i capitelli
Ionici, cornuti come
agnelli,
E gli archi ben
lunati. Per l'avverse
Furie dei flutti non
piegar le terse
Forme: non si
squarciar sotto i flagelli
Le marmoree parvenze.
Immoti e belli
Gli avanzi umani
stettero, e si perse
L'Umanità che li
creava un giorno!
Or tra i ruderi
bianchi e l'acque chiare
Silenziosi vanno i
cigni in torno
Quasi ammirando
l'opere preclare;
E celebra l'Età senza
ritorno
La voce eternamente
alta del mare.
(Da «Il Marzocco»,
marzo 1897)
CANTI DELLA NOTTE
Dicon tra lor le
lucciole
Sommessamente
Nella notte silente:
— «Siam le stelle del
prato;
E siamo del Creato
Nel fulgido poema
Delle eteree sorelle
Non meno belle».
Rispondon gli astri
tremuli
Dal firmamento
In mistico concento:
—
«Pe 'l ciel lucciole
siamo;
E del Creato abbiamo
Nella vece suprema
Delle suore mortali
Destini uguali».
I due canti
s'accordano
Maravigliosi
Su gli umani riposi.
Armonia d'un Mistero
Che sfugge a ogni
pensiero.
Ma l'alba all'orto
trema
E spengonsi sorelle
Lucciole e stelle.
(Da «Nuova
Antologia», febbraio 1899)
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