L’argomento di questo post avrebbe potuto essere anche la verginità, perché nella stragrande maggioranza dei versi a tema che ho qui selezionato indicativamente, si parla di verginità (in qualche caso anche di castità, che è direttamente collegata a quest’ultima). Inoltre, se si eccettuano due o tre poesie, la purezza è sempre riferita a figure femminili, come se il genere maschile non abbia alcuna affinità relativa a questa caratteristica che, almeno nei versi qui presenti, è ritenuta decisamente positiva. La verginità, o purezza femminile, seppure lodata da un po’ tutti i poeti, è trattata come qualcosa di momentaneo, destinato a scomparire in breve tempo. Finché esiste la purezza, chi la rappresenta possiede delle qualità straordinarie, che ne fanno un essere divino; ma allorquando scompare, subentra il male, la corruzione e tutto ciò che si avvicina alla totale negatività. In alcuni versi è possibile identificare la figura “vergine” o “pura” di cui il poeta parla (Cosimo Giorgieri Contri, per esempio, dedica la sua poesia ad Ilaria del Carretto); in altri questo non è possibile, come nella bella poesia di Alice Schanzer, che vede protagonista un certa Leandra. Nei rari casi in cui la purezza non sia riferita a figure femminili, si pone in risalto il “pensiero puro”, ovvero la vita interiore di determinati esseri umani, che è caratterizzata da sentimenti “positivi”, cioè quelli in cui prevalgono decisamente l’amore e la bontà.
Poesie sull’argomento
Gino Borzaghi:
"Morale" in "Nel passato" (1902).
Arturo Colautti:
"La vergine" in "Canti virili" (1896).
Federico De Maria:
"Luce" in "La Leggenda della Vita" (1909).
Cosimo Giorgieri
Contri: "Ilaria" in "Primavere del desiderio e dell'oblio"
(1903).
Marco Lessona:
"Purità" in "Ritmi" (1902).
Giuseppe Lipparini:
"La pura" e "La vergine" in "Le foglie dell'alloro.
Poesie (1898-1913)" (1916).
Gian Pietro Lucini:
"Li Alchimisti" in "Il Libro delle Figurazioni Ideali"
(1894).
Gian Pietro Lucini:
"L'Argentea" in "Il Libro delle Imagini Terrene" (1898).
Enzo Marcellusi:
"Explicit" in "I canti violetti" (1912).
Fausto Maria Martini:
"Elogio della castità" e "Castità" in "Poesie
provinciali" (1910).
Fausto Maria Martini:
"L'ostia" in "Tutte le poesie" (1969).
Giovanni Pascoli:
"Mistero" in "Myricae" (1900).
Romolo Quaglino:
"Marmi e bronzi - Preludio" in "Dialoghi d'Esteta" (1899).
Giacinto Ricci
Signorini: "Io voglio il mio pensier dentro tuffare" in "Poesie
e prose" (1903).
Fausto Salvatori:
"Le Parabola delle Vergini" in "La Terra promessa" (1907).
Alice Schanzer:
"Leandra" in "Motivi e canti" (1901).
Emanuele Sella:
"La Vergine e il Leone" in "Monteluce" (1909).
Remigio Zena:
"La voce" in "Le Pellegrine" (1894).
Testi
MORALE
di Gino Borzaghi
(?-?)
Il faut,
voyez-vous, nous pardonner les choses.
Verlaine «Rom. sans par.» IV.
Bisogna, vedi,
perdonarci molto
e chieder scusa senza
aver vergogna
dell'errore d'un dì:
creder bisogna
illimitatamente, e
aver sepolto
ogni vil pregiudizio,
ogni piccino
orgoglio in fondo
all'anima: godere
più dell'altrui che
del nostro piacere,
ed esser bianchi al
pari di un bambino.
Bisogna amare per
amare, senza
secondo fine e senza
tregua, amare
senza rifletter mai,
senza tremare
del poi, quasi con
placida demenza.
E andar tranquilli
giù per la corrente
della vita. L'errore
è nel contrasto.
Che val la palma, se
l'usbergo è guasto
nella lotta? e tu
n'esci aspro e dolente?
Bisogna, vedi,
perdonarci molto,
essere ingenui, e
amare eternamente.
(da "Nel passato", F.lli Pagano, Genova 1902, pp. 29-30)
LEANDRA
di Alice Schanzer
(Alice Galimberti Schanzer, 1873-1936)
Puro nome!
armoniosa figura!
Qual vai sognando
sogno candido, quando
chini il volto,
Leandra?
dove affisi lontano
lo sguardo verginale
qual, d'ale
priva, lunge volar
tentassi invano?
In te parla
delle sante che furo
casta, Leandra,
la vita, e del futuro
l'indefinito mistico
desìo.
Umbre suore ripensi
tu forse, e Santa
Clara?
bianche fronti celate
in veli densi?
O dei pittori antichi
pe' campi aprichi
volti in contro Assisi
il ritorno sospiri,
ch'eternin, fra gli
altari, i tuoi sorrisi?
Come, come
con sì tenera cura
lieve cantando
vai, fra braccia recando
pargroletti, Leandra?
Tra siepi aulenti
piano
dilegui, e 'l canto
sale;
e vale
dolcemente m'accenni
con la mano.
Mai non parla
d'altri affetti, nel
puro
seno, Leandra,
a te il core? ed
oscuro
troppo non sembra a
te l'ufficio pio?
Non di sospiri
intensi,
non di rinunzia amara
narra il tuo labbro,
o d'altèri compensi;
né par che
t'affatichi
di dubbi antichi su
tua sorte (uccisi
a forza) il peso.
Miri
d'un serto immacolato
a' fiordalisi?
Ne' chiari, fidi
occhi un materno lume
par che luca
e pur sì verginale a
me t'avanzi!
Ecco, innanzi,
mentre guardi e
sorridi
mi sorge la Madonna
del Granduca.
(da "Motivi e
canti", Zanichelli, Bologna 1901, pp. 41-43)
Guillaume Seignac, "Virginité" (da questo sito web) |