Corinna Teresa Ubertis (Térésah era il suo nome d'arte) nacque a Frassineto Po, in provincia di Alessandria, nel 1877, e morì a Roma nel 1964. Figlia di un colonnello, grazie alla madre che era particolarmente colta, iniziò ad interessarsi di letteratura; pubblicò la sua prima opera poetica a soli vent'anni; oltre ai versi, scrisse novelle, opere teatrali e romanzi destinati al pubblico infantile. Sposò lo scrittore e politico fascista Ezio Maria Gray. La sua carriera poetica somiglia, in parte, a quella di Ada Negri: accolte con entusiasmo di critica e di pubblico, sia la prima che la seconda raccolta di versi della poetessa piemontese, negli anni successivi la sua notorietà andò spegnendosi, fino ad essere praticamente ignorata e quindi obliata da un po' tutti i lettori di poesia, a partire dalla seconda metà del Novecento.
Opere poetiche
"Il campo
delle ortiche", Tip. Capriolo e Massimino, Milano 1897.
"Nova lyrica",
Roux & Viarengo, Torino-Roma 1904.
"Il libro di
Titania", Ricciardi, Napoli 1909.
"Oriana e il
saggio", Istituto Veneto di Arti Grafiche, Venezia 1909.
"Il cuore e
il destino", Carabba, Lanciano 1911.
"Canzoncine",
Bemporad e Figlio, Firenze 1918.
"Il libro di
Titania", 2° ed. riveduta, Bemporad, Firenze 1921.
Presenze in
antologie
"Antologia
della lirica italiana", a cura di Angelo Ottolini, R. Caddeo & C.,
Milano 1923 (pp. 460-461).
"La fiorita
francescana", a cura di Tommaso Nediani, Istituto italiano d'arti
grafiche, Bergamo 1926 (pp. 270-271).
"Le più
belle pagine dei poeti d'oggi", 2° edizione, a cura di Olindo Giacobbe,
Carabba, Lanciano 1928 (vol. VII, pp. 179-195).
"Poeti simbolisti
e liberty in Italia", a cura di Glauco Viazzi e Vanni Scheiwiller,
Scheiwiller, Milano 1967-1972 (vol. 2, pp. 253-254).
Testi
GLI ANGELI
Gli angeli, nel mio sogno, ànno sorriso
l'ultima volta in
una estasi antica
quando il Beato
l'immortal fatica
sortì di laudare
il paradiso.
Gli angeli nel mio sogno ànno sul viso,
ora, la morte
dell'umana gioia
e ne cinge pietà
sola le fronti.
Da i celesti
giardini alcun reciso
stelo non è che
tra lor dita muoia;
del canto
inaridirono le fonti.
Guardano, immoti,
ai pallidi orizzonti
se mai li varchi
un'amorosa suora
che lasci il
pianto nella sua dimora
e rechi loro
un'ombra di sorriso…
(da "Nova lyrica", Roux & Viarengo, Torino-Roma 1904, p. 96)
UNA COSA
Povera cosa
finita
nel rigagnoletto,
che eri? in cima
al tetto
un'ala
intirizzita?
una teluccia di
ragno?
un soldatino di
stagno?
o il magico
balocco
fatto di carta e
di fede
che il bimbo
povero vede
vogare sul mare,
sul mare?
Fors'eri la cosa
pesante,
l'inutile cosa
pesante
di cui ci si
disfà.
Fors'eri la cosa
più bella,
l'inutile cosa sì
bella
di cui ci si
disfà.
Il sogno che
voga, che voga,
il desiderio che
affoga
nel limo come in
un mare,
mare senza
immensità!
Forse una
creatura...
(anche una
creatura?...)
ma fragile, ma
piccina,
sì che ora non
sai più
d'essere stata la
pura,
la credula
bambolina
che ognuna di noi
fu.
Ora diventi una
cosa,
anonima, che
muore.
Chi sa che
spasimo al cuore
quegli che t'ha
perduta!
Eppure... sei
così muta
nell'infima
agonia!
...o t'ha buttata
via?
Povera povera
cosa,
e un po' di cielo
ti sposa
nel rigagnoletto.
E il fango è lo
specchietto
ultimo di quel
cielo!
(da "Il
libro di Titania", Bemporad, Firenze 1921, pp. 71-72)
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