«Officina»
(sottotitolo: Cultura, letteratura e
politica negli anni cinquanta) è il titolo di un’antologia dedicata ad una
delle migliori riviste letterarie italiane del secondo Novecento. Officina ebbe breve ma intensissima vita
- i suoi numeri uscirono tra il 1955 ed il 1959 - e potè avvalersi di redattori
e collaboratori molto prestigiosi; questi infatti furono inizialmente Francesco
Leonetti, Pier Paolo Pasolini e Roberto Roversi; col tempo, ad essi si
aggiunsero Franco Fortini, Angelo Romanò e Gianni Scalia. Nata come «Fascicolo
bimestrale di poesia», in quella che potremmo definire la sua prima parte
(1955-1958), fu pubblicata dalle Arti Grafiche Calderini; la seconda, invece,
di brevissima durata (marzo-giugno 1959), vide la luce grazie all’editore
Bompiani. Nelle pagine di Officina,
oltre ai versi, alle prose e ai saggi dei collaboratori e dei redattori sopra
citati, comparvero anche scritti di vario genere di altri scrittori famosi,
come Clemente Rebora, Camillo Sbarbaro, Giuseppe Ungaretti, Carlo Emilio Gadda,
Sandro Penna, Italo Calvino, Attilio Bertolucci, Mario Luzi, Giorgio Bassani,
Paolo Volponi, Elio Pagliarani, Edoardo Sanguineti e altri ancora. Ma per
meglio chiarire il contenuto di questa antologia (pubblicata per la prima volta
da Einaudi di Torino nel 1975), ho trascritto due frammenti esplicativi; il
primo è tratto da un Nota del
curatore Gian Carlo Ferretti, che precede il saggio introduttivo dello stesso:
Questo lavoro si
propone anzitutto di valutare il significato che «Officina» ebbe nella seconda
metà degli anni cinquanta (e risulta oggi) nel suo insieme, considerando perciò
l’analisi delle sue singole personalità e dei suoi vari versanti sempre in
funzione di quel significato più generale; e, ancora, esso si propone anzitutto
di cogliere i nuclei ideali e culturali e metodologici e letterari del discorso
complessivo della rivista, considerando perciò la verifica di ogni posizione o
testo particolare sempre in funzione di quel discorso. Tutto questo con
un’impostazione che vuol essere al tempo stesso informativa e sistematica, ma
anche calata nel vivo del dibattito critico attuale. In tal senso si muovono
l’introduzione, l’antologia, i vari apparati e le appendici degli inediti.
Nell’impianto generale, perciò, e nella cura delle sezioni dei testi
ripubblicati o pubblicati per la prima volta, si è cercato di applicare un
criterio che fosse al tempo stesso agevole e pratico, ma rigoroso e
documentato. […]¹
Il secondo
frammento, che trascrivo interamente, fa parte della “Scheda bibliografica
Einaudi”, ovvero un foglio di piccole dimensioni presente all’interno della
seconda edizione (1978) di quest’antologia:
Le esperienze
letterarie e culturali e politiche degli anni cinquanta, sono oggi al centro di
un diffuso interesse. E questo libro porta appunto un prezioso contributo di
riflessione storico-critica e di attualizzazione problematica e di
documentazione in tal senso, perché ricostruisce per la prima volta una delle
vicende intellettuali più vivaci di quegli anni, e perché al tempo stesso
interviene attivamente su nodi che sono ancora da sciogliere.
«Officina»,
infatti, non rappresentò soltanto il terreno d’incontro (e di scontro) tra
personalità che avrebbero avuto, in diverso modo, una parte sempre più
rilevante nella vita culturale italiana (Fortini e Leonetti, Pasolini e Romanò,
Roversi e Scalia, Calvino, Sanguineti e Volponi, oltre a certi «ospiti», come
Gadda e Luzi e altri ancora); ma segnò anche una fase di fondamentale trapasso
(1955-59), le cui implicazioni sono arrivate a investire gli stessi anni
sessanta e settanta. Dall’«impegno» alla crisi del 1956, all’avvento del
neocapitalismo, dallo storicismo alla stilistica ai primi apporti
strutturalisti, dal crocianesimo a Gramsci a Auerbach, da Lukacs a Della Volpe
a Barthes e Goldmann, dal «marxismo critico» all’esistenzialismo al
neopositivismo, dall’antinovecentismo al realismo allo sperimentalismo, e così
via: «Officina» si misurò con tutti i principali problemi (ideali e culturali,
metodologici e letterari) di quel periodo, portando nel dibattito proposte
originali e talora anche anticipatrici, e sviluppando – attraverso la sua
concomitante ricerca poetica e critica – il tentativo più consapevole e
avanzato di vivere intimamente le contraddizioni, gli attriti e le difficoltà
del rapporto tra privato e pubblico, io e storia, linguaggio e realtà.
Rivista insieme
antologica e di gruppo, eclettica e di tendenza, neoaccademica e militante,
divisa tra vocazione artigiana e tensione scientifica, tra consapevole istanza
extraletteraria e tenace letterarietà, tra rifiuto del mondo borghese e
attrazione per esso, «Officina» concluse il suo ciclo proprio nel momento in
cui l’intero orizzonte politico e culturale italiano cominciava a cambiare
profondamente, e proprio nel momento in cui si profilava la stagione trionfante
della nuova avanguardia. Ma la sua travagliata esperienza sarebbe ben presto
apparsa ricca di insegnamenti fecondi e di indicazioni attive, al di là di
ritardi e limiti e irrisolti contrasti (e, talora, anche grazie ad essi).
Impostato su un
organico saggio introduttivo, su una vasta scelta di testi della rivista (tanto
più utile, quanto più introvabili sono ormai da tempo i suoi tredici
fascicoli), e su una serie di esaurienti apparati, questo libro si vale
largamente delle dirette testimonianze attuali dei protagonisti e presenta
alcuni documenti inediti di vivo interesse.
In conclusione,
ecco l’elenco dei nomi - in ordine alfabetico - degli scrittori presenti nella
sezione antologica (coloro che vi compaiono con dei versi sono contrassegnati
con un asterisco).
«Officina»
Cultura,
letteratura e politica negli anni cinquanta
Attilio
Bertolucci*, Italo Calvino, Massimo Ferretti*, Franco Fortini*, Carlo Emilio
Gadda, Francesco Leonetti*, Mario Luzi*, Elio Pagliarani*, Pier Paolo
Pasolini*, Clemente Maria Rebora*, Angelo Romanò, Roberto Roversi*, Edoardo
Sanguineti*, Camillo Sbarbaro, Gianni Scalia, Paolo Volponi*
NOTE
1) Da «Officina»,
Einaudi, Torino 1978, p. XI.
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