Quella primaverile,
tra tutte le stagioni, è certamente la più decantata e la più esaltata dai
poeti di ogni tempo e di ogni luogo. Leggendo i versi dedicati a questo
argomento, scritti dai decadenti e dai simbolisti della nostra penisola, si
notano delle differenze piuttosto nette. A volte, la primavera viene
considerata alla stessa stregua di un miracolo naturale, che comporta, in tutti
gli esseri viventi, una vera e propria esplosione di energia, favorita dal
clima più mite e dalla incoraggiante visione dei colori fulgenti della
vegetazione; ciò fa in modo che i poeti, così come la stragrande maggioranza
degli esseri umani, senta dentro di sé una forza vitale nuova, e lasci da parte
tutti i sentimenti negativi che, nella stagione precedente, erano
preponderanti, affliggendo l’anima e causando una specie di immobilismo. Ci
sono, però, anche i poeti che, proprio quando la primavera si mostra in tutta
la sua bellezza, si lasciano andare a pensieri malinconici, dovuti ad una
felicità perduta e mai più ritrovata; da qui nascono, spesso, dei bei ricordi
che li riguardano direttamente, quando le primavere – ormai lontane –
rappresentavano qualcosa di esaltante. I mesi più citati dai poeti decadenti e
simbolisti sono aprile e maggio.
Poesie sull’argomento
Mario Adobati:
"Brividi" in "I cipressi e le sorgenti" (1919).
Vittoria Aganoor:
"Nova primavera" in "Leggenda eterna" (1900).
Vittoria Aganoor:
"La primavera dei dolorosi" in "Nuove liriche" (1908).
Enrico Cavacchioli:
"Insonnia primaverile", "La Gioia" e "Elogio della
primavera" in "Le ranocchie turchine" (1909).
Carlo Chiaves:
"Passa la primavera" in «La Donna», aprile 1914.
Guelfo Civinini:
"Primavera di monache" in «Fantasio», 1902.
Sergio Corazzini:
"Ballata della Primavera" in "Dolcezze" (1904).
Gabriele D'Annunzio:
"Sogno d'una notte di primavera" in "L'Isotteo. La Chimera"
(1890).
Luigi Donati.
"La fiorita" in "Poesia di passione" (1928).
Giuliano Donati
Pétteni: "Invito" in "Intimità" (1926).
Arturo Foa:
"Rapimento" in "Le vie dell'anima" (1912).
Alfredo Galletti:
"Voci primaverili" in "Odi ed elegie" (1903).
Diego Garoglio:
"Primavera del poeta" in "Sul bel fiume d'Arno" (1912).
Luisa Giaconi:
"Primavere" in "Tebaide" (1909).
Giulio Gianelli: "Convalescenza"
in "Tutte le poesie" (1973).
Cosimo Giorgieri
Contri: "Primavera dell'oblio" in "Primavere del desiderio e
dell'oblio" (1903).
Arturo Graf:
"Sonetto di primavera" in "Le Danaidi" (1905).
Gian Pietro Lucini:
"Canta la brezza vocale tra li alberi..."
in "Il Libro delle Figurazioni Ideali" (1894).
Gian Pietro Lucini:
"La Primavera" in "Il Libro delle Imagini terrene" (1898).
Enzo Marcellusi:
"Primavere" in "Il giardino dei supplizi" (1909).
Tito Marrone:
"Primavera romana" in "Liriche" (1904).
Pietro Mastri:
"Presagi primaverili" in "La fronda oscillante" (1923).
Antonio Rubino:
"Primavera sul mare" in «Poesia», ottobre 1908.
Emanuele Sella:
"La primavera celeste" in "Il giardino delle stelle"
(1907).
Domenico Tumiati:
"L'aprile fuggitivo" in "Musica antica per chitarra"
(1897).
Diego Valeri:
"Primavera" in "Umana" (1916).
Giuseppe Villaroel:
"Poliritmo" in "La tavolozza e l'oboe" (1918).
Testi
VOCI PRIMAVERILI
di Alfredo Galletti
(1872-1962)
Maggio, allor che pe
i campi rinnovelli
di primavera il
fremito sopito:
s'aprono i fior ne
l'alba tua più belli,
sorride il ciel d'un
suo riso infinito;
nel bosco, ove più
densi i rami snelli
velano d'ombre il
viottolo romito,
e le liquide voci de
i ruscelli
a lo stanco pensier
fan lieto invito,
dolce cosa è
smarrirsi! a tratti il vento
passa tra 'l verde e
su le limpid'acque
metton le fronde un
palpito leggiero;
e a me favella ne 'l
silenzio intento,
tra i fior selvaggi
ove il mio canto nacque,
la tua voce, o
foresta, e il tuo mistero.
(da "Odi ed elegie", Zanichelli, Bologna 1903, p. 76)
PRIMAVERE
di Enzo Marcellusi
(1886-1962)
I.
Una mano poggiò
candida e lieve
sul mio capo dolente:
un tocco, ed una
sùbita selva ignara
de la neve.
L'ambrosia eterna de
la primavera
spirò i virgulti e
imperlò la luna:
la vergine sorella
della sera.
Ma l'agile cipresso,
che al mio sguardo
esclude il mare,
oblìa il buon becchino;
folgora e canta, se
lo colga un dardo
di sole, come un
efebo divino.
II.
Batte a la mia
finestra il dubitante
cipresso con l'usata
melodia
d'un volubile cielo
asceso, Dante.
Signore è del
giardino ed io la buona
mia volontà gli
elevo, onde il cuor sia
lassù, quando di
fuochi si corona.
Cuore, piccolo cuore,
immenso cuore!
è d'uopo che tu sia
pari a lo stelo
del cipresso, che
suggeil buon sapore
di breve piota - il
vertice nel cielo.
(da "Il giardino
de' supplizi", Tip. di D. De Arcangelis, Atri 1909, pp. 84-85)
Arnold Böcklin, "Frühlingstag" (da questa pagina web) |
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