domenica 7 gennaio 2024

La primavera nella poesia italiana decadente e simbolista

 

Quella primaverile, tra tutte le stagioni, è certamente la più decantata e la più esaltata dai poeti di ogni tempo e di ogni luogo. Leggendo i versi dedicati a questo argomento, scritti dai decadenti e dai simbolisti della nostra penisola, si notano delle differenze piuttosto nette. A volte, la primavera viene considerata alla stessa stregua di un miracolo naturale, che comporta, in tutti gli esseri viventi, una vera e propria esplosione di energia, favorita dal clima più mite e dalla incoraggiante visione dei colori fulgenti della vegetazione; ciò fa in modo che i poeti, così come la stragrande maggioranza degli esseri umani, senta dentro di sé una forza vitale nuova, e lasci da parte tutti i sentimenti negativi che, nella stagione precedente, erano preponderanti, affliggendo l’anima e causando una specie di immobilismo. Ci sono, però, anche i poeti che, proprio quando la primavera si mostra in tutta la sua bellezza, si lasciano andare a pensieri malinconici, dovuti ad una felicità perduta e mai più ritrovata; da qui nascono, spesso, dei bei ricordi che li riguardano direttamente, quando le primavere – ormai lontane – rappresentavano qualcosa di esaltante. I mesi più citati dai poeti decadenti e simbolisti sono aprile e maggio.

 

 

 

Poesie sull’argomento

 

Mario Adobati: "Brividi" in "I cipressi e le sorgenti" (1919).

Vittoria Aganoor: "Nova primavera" in "Leggenda eterna" (1900).

Vittoria Aganoor: "La primavera dei dolorosi" in "Nuove liriche" (1908).

Enrico Cavacchioli: "Insonnia primaverile", "La Gioia" e "Elogio della primavera" in "Le ranocchie turchine" (1909).

Carlo Chiaves: "Passa la primavera" in «La Donna», aprile 1914.

Guelfo Civinini: "Primavera di monache" in «Fantasio», 1902.

Sergio Corazzini: "Ballata della Primavera" in "Dolcezze" (1904).

Gabriele D'Annunzio: "Sogno d'una notte di primavera" in "L'Isotteo. La Chimera" (1890).

Luigi Donati. "La fiorita" in "Poesia di passione" (1928).

Giuliano Donati Pétteni: "Invito" in "Intimità" (1926).

Arturo Foa: "Rapimento" in "Le vie dell'anima" (1912).

Alfredo Galletti: "Voci primaverili" in "Odi ed elegie" (1903).

Diego Garoglio: "Primavera del poeta" in "Sul bel fiume d'Arno" (1912).

Luisa Giaconi: "Primavere" in "Tebaide" (1909).

Giulio Gianelli: "Convalescenza" in "Tutte le poesie" (1973).

Cosimo Giorgieri Contri: "Primavera dell'oblio" in "Primavere del desiderio e dell'oblio" (1903).

Arturo Graf: "Sonetto di primavera" in "Le Danaidi" (1905).

Gian Pietro Lucini: "Canta la brezza vocale tra li alberi..." in "Il Libro delle Figurazioni Ideali" (1894).

Gian Pietro Lucini: "La Primavera" in "Il Libro delle Imagini terrene" (1898).

Enzo Marcellusi: "Primavere" in "Il giardino dei supplizi" (1909).

Tito Marrone: "Primavera romana" in "Liriche" (1904).

Pietro Mastri: "Presagi primaverili" in "La fronda oscillante" (1923).

Antonio Rubino: "Primavera sul mare" in «Poesia», ottobre 1908.

Emanuele Sella: "La primavera celeste" in "Il giardino delle stelle" (1907).

Domenico Tumiati: "L'aprile fuggitivo" in "Musica antica per chitarra" (1897).

Diego Valeri: "Primavera" in "Umana" (1916).

Giuseppe Villaroel: "Poliritmo" in "La tavolozza e l'oboe" (1918).

 

 

 

 

Testi

 

VOCI PRIMAVERILI

di Alfredo Galletti (1872-1962)

 

Maggio, allor che pe i campi rinnovelli

di primavera il fremito sopito:

s'aprono i fior ne l'alba tua più belli,

sorride il ciel d'un suo riso infinito;

 

nel bosco, ove più densi i rami snelli

velano d'ombre il viottolo romito,

e le liquide voci de i ruscelli

a lo stanco pensier fan lieto invito,

 

dolce cosa è smarrirsi! a tratti il vento

passa tra 'l verde e su le limpid'acque

metton le fronde un palpito leggiero;

 

e a me favella ne 'l silenzio intento,

tra i fior selvaggi ove il mio canto nacque,

la tua voce, o foresta, e il tuo mistero.

 

(da "Odi ed elegie", Zanichelli, Bologna 1903, p. 76)

 

 

 

 

PRIMAVERE

di Enzo Marcellusi (1886-1962)

 

I.

Una mano poggiò candida e lieve

sul mio capo dolente: un tocco, ed una

sùbita selva ignara de la neve.

 

L'ambrosia eterna de la primavera

spirò i virgulti e imperlò la luna:

la vergine sorella della sera.

 

Ma l'agile cipresso, che al mio sguardo

esclude il mare, oblìa il buon becchino;

folgora e canta, se lo colga un dardo

di sole, come un efebo divino.

 

II.

Batte a la mia finestra il dubitante

cipresso con l'usata melodia

d'un volubile cielo asceso, Dante.

 

Signore è del giardino ed io la buona

mia volontà gli elevo, onde il cuor sia

lassù, quando di fuochi si corona.

 

Cuore, piccolo cuore, immenso cuore!

è d'uopo che tu sia pari a lo stelo

del cipresso, che suggeil buon sapore

di breve piota - il vertice nel cielo.

 

(da "Il giardino de' supplizi", Tip. di D. De Arcangelis, Atri 1909, pp. 84-85)

 

 

Arnold Böcklin, "Frühlingstag"
(da questa pagina web)

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