domenica 30 ottobre 2022

Le partenze nella poesia italiana decadente e simbolista

 

Nei versi dei poeti decadenti e simbolisti, si possono identificare diverse tipologie di partenze. La partenza che comporta l'allontanamento definitivo dalla persona amata, dovuta quasi sempre alla fine di una relazione intensa; la partenza da un'abitazione, che sostanzialmente è uno sgombero, e che spesso comprende una descrizione anche particolareggiata di ciò che rimane nelle stanze abbandonate (tali oggetti divengono simboli collegati alla perdita); la partenza obbligata, per motivi che a volte sono dovuti ad un'esigenza personale urgente; la partenza immotivata, che si verifica in seguito ad un istinto, oppure a dei semplicissimi e all'apparenza insignificanti avvenimenti. Ma nell'elenco di poesie sottostante ci sono ancora altre tipologie di partenze, meno frequenti; tra di esse spiccano quelle in cui i personaggi che abbandonano determinati luoghi non hanno alcuna attinenza con la realtà, ma assurgono a veri e propri simboli.

 

 

Poesie sull’argomento

 

Mario Adobati: "La partenza nel mattino" e "Sgombero" in "I cipressi e le sorgenti" (1919).

Vittoria Aganoor: "Io me ne andrò nella notte" in "Nuove liriche" (1908).

Gustavo Botta: "Partenza" in "Alcuni scritti" (1952).

Paolo Buzzi: "La partenza" in "Poema dei Quarant'anni" (1922).

Enrico Cavacchioli: "Partenza" in "Le ranocchie turchine" (1909).

Sergio Corazzini: "La liberazione" in "Libro per la sera della domenica" (1906).

Giuliano Donati Pétteni: "Partenze" in "Intimità" (1926).

Francesco Gaeta: "Sgombero" in "Poesie d'amore" (1920).

Giulio Gianelli: "Salpando" in "Tutti li angioli piangeranno" (1903).

Cosimo Giorgieri Contri: "Partenza" in «Nuova Antologia», giugno 1908.

Enzo Marcellusi: "Dunque è tutto finito? Già finito?" in "Il giardino dei supplizi" (1909).

Fausto Maria Martini: "Clausura" e "Vigilia di partenza" in "Poesie provinciali" (1910).

Marino Moretti: "Andiamo via!" e "La domenica delle valigie" in "Poesie scritte col lapis" (1910).

Francesco Pastonchi: "Partenze" in "I versetti" (1930).

Giovanni Tecchio: "L'addio" e "La triste sera" in "Mysterium" (1894).

Alessandro Varaldo: "La goletta s'allontana" in "Marine liguri" (1898).

Giuseppe Villaroel: "Partire" in "La tavolozza e l'oboe" (1918).

Remigio Zena: "Parla la Sfinge" in "In yatch da Genova a Costantinopoli" (1887).

 

 

 

Testi

 

SALPANDO

di Giulio Gianelli

 

Esuleremo, sì; senza evocare

le illusioni che abbiam qui nutrito

ci affideremo come bimbi al mare.

Oh questo lido fosse già sparito!

 

Via le lusinghe, non vogliamo restare:

il bene che facemmo hanno punito,

l'anima nostra non può più sognare

tanto è delusa; qui tutto è finito!

 

E non andiamo alla terra promessa,

anzi chissà se troveremo un nido...

(credilo, per pietà, cielo natio!)

 

Come restare se la patria stessa

c'irrideva ogni lacrima, ogni grido?

Tornerem, forse, ...ma per ora, addio!

 

(da "Tutti li angioli piangeranno", 1903)

 

 

 

 

LA DOMENICA DELLE VALIGE

di Marino Moretti

 

Voglio cantare tutte l'ore grigie

in questa solitudine pensosa

mentre raduno ogni mia vecchia cosa

PER riempir le mie vecchie valigie.

 

Oh le valigie! Le compagne buone

dei poveri viaggi in terza classe,

vecchie, sfiancate, fatte con qualche asse

sottile, con la tela, col cartone!

 

Le camicie van qui da questa parte,

qua pei colletti cerco di far posto,

là le cravatte e qui, quasi nascosto,

un manoscritto, e ancora libri e carte...

 

Ecco il pacchetto della mamma! Odora

vagamente di cacio e di salame...

Già, s'io m'avessi, nel viaggio, fame...

E questo libro... E un altro, un altro ancora...

 

Dio com'è triste questo insaccamento

di cose troppo note e troppo care,

che passando un lontano limitare

saran meschine come foglie al vento!

 

Io non so il nome del paese dove

debbo esser fra quattr'ore, fra cinque ore;

ma so, non so se il mio povero cuore

ancor, fra tanta nostalgia, si muove!...

 

Dove vado? Non so. Ma mi sovviene

d'averla pur desiderata questa

partenza: come, il frugolo, la festa

che col serraglio e con la giostra viene...

 

Ma i miei lupini che pareano d'oro

son nelle mani mie bucce soltanto,

e le valige che mi stanno accanto

contengono un bel povero tesoro!

 

Tutto è perduto; ed a me par ch'io debba

vivere senza scopo, allo sbaraglio,

e a tratti con l'inutile bagaglio

partir per i paesi della nebbia...

 

(da "Poesie scritte col lapis", 1910)



Edvard Munch, "Seated on a suitcase"
(da questa pagina web)


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