Nei versi dei poeti
decadenti e simbolisti, si possono identificare diverse tipologie di partenze.
La partenza che comporta l'allontanamento definitivo dalla persona amata,
dovuta quasi sempre alla fine di una relazione intensa; la partenza da
un'abitazione, che sostanzialmente è uno sgombero, e che spesso comprende una
descrizione anche particolareggiata di ciò che rimane nelle stanze abbandonate
(tali oggetti divengono simboli collegati alla perdita); la partenza obbligata,
per motivi che a volte sono dovuti ad un'esigenza personale urgente; la
partenza immotivata, che si verifica in seguito ad un istinto, oppure a dei
semplicissimi e all'apparenza insignificanti avvenimenti. Ma nell'elenco di
poesie sottostante ci sono ancora altre tipologie di partenze, meno frequenti;
tra di esse spiccano quelle in cui i personaggi che abbandonano determinati
luoghi non hanno alcuna attinenza con la realtà, ma assurgono a veri e propri
simboli.
Poesie sull’argomento
Mario Adobati:
"La partenza nel mattino" e "Sgombero" in "I cipressi
e le sorgenti" (1919).
Vittoria Aganoor:
"Io me ne andrò nella notte" in "Nuove liriche" (1908).
Gustavo Botta:
"Partenza" in "Alcuni scritti" (1952).
Paolo Buzzi: "La
partenza" in "Poema dei Quarant'anni" (1922).
Enrico Cavacchioli:
"Partenza" in "Le ranocchie turchine" (1909).
Sergio Corazzini:
"La liberazione" in "Libro per la sera della domenica"
(1906).
Giuliano Donati
Pétteni: "Partenze" in "Intimità" (1926).
Francesco Gaeta:
"Sgombero" in "Poesie d'amore" (1920).
Giulio Gianelli:
"Salpando" in "Tutti li angioli piangeranno" (1903).
Cosimo Giorgieri
Contri: "Partenza" in «Nuova Antologia», giugno 1908.
Enzo Marcellusi:
"Dunque è tutto finito? Già finito?" in "Il giardino dei
supplizi" (1909).
Fausto Maria Martini:
"Clausura" e "Vigilia di partenza" in "Poesie
provinciali" (1910).
Marino Moretti:
"Andiamo via!" e "La domenica delle valigie" in
"Poesie scritte col lapis" (1910).
Francesco Pastonchi:
"Partenze" in "I versetti" (1930).
Giovanni Tecchio:
"L'addio" e "La triste sera" in "Mysterium"
(1894).
Alessandro Varaldo:
"La goletta s'allontana" in "Marine liguri" (1898).
Giuseppe Villaroel:
"Partire" in "La tavolozza e l'oboe" (1918).
Remigio Zena:
"Parla la Sfinge" in "In yatch da Genova a Costantinopoli"
(1887).
Testi
SALPANDO
di Giulio Gianelli
Esuleremo, sì; senza
evocare
le illusioni che
abbiam qui nutrito
ci affideremo come
bimbi al mare.
Oh questo lido fosse
già sparito!
Via le lusinghe, non
vogliamo restare:
il bene che facemmo
hanno punito,
l'anima nostra non
può più sognare
tanto è delusa; qui
tutto è finito!
E non andiamo alla
terra promessa,
anzi chissà se
troveremo un nido...
(credilo, per pietà,
cielo natio!)
Come restare se la
patria stessa
c'irrideva ogni
lacrima, ogni grido?
Tornerem, forse,
...ma per ora, addio!
(da "Tutti li angioli piangeranno", 1903)
LA DOMENICA DELLE
VALIGE
di Marino Moretti
Voglio cantare tutte
l'ore grigie
in questa solitudine
pensosa
mentre raduno ogni
mia vecchia cosa
PER riempir le mie
vecchie valigie.
Oh le valigie! Le
compagne buone
dei poveri viaggi in
terza classe,
vecchie, sfiancate,
fatte con qualche asse
sottile, con la tela,
col cartone!
Le camicie van qui da
questa parte,
qua pei colletti
cerco di far posto,
là le cravatte e qui,
quasi nascosto,
un manoscritto, e
ancora libri e carte...
Ecco il pacchetto
della mamma! Odora
vagamente di cacio e
di salame...
Già, s'io m'avessi,
nel viaggio, fame...
E questo libro... E
un altro, un altro ancora...
Dio com'è triste
questo insaccamento
di cose troppo note e
troppo care,
che passando un
lontano limitare
saran meschine come
foglie al vento!
Io non so il nome del
paese dove
debbo esser fra
quattr'ore, fra cinque ore;
ma so, non so se il
mio povero cuore
ancor, fra tanta
nostalgia, si muove!...
Dove vado? Non so. Ma
mi sovviene
d'averla pur
desiderata questa
partenza: come, il
frugolo, la festa
che col serraglio e
con la giostra viene...
Ma i miei lupini che
pareano d'oro
son nelle mani mie
bucce soltanto,
e le valige che mi
stanno accanto
contengono un bel
povero tesoro!
Tutto è perduto; ed a
me par ch'io debba
vivere senza scopo,
allo sbaraglio,
e a tratti con
l'inutile bagaglio
partir per i paesi
della nebbia...
(da "Poesie
scritte col lapis", 1910)
Edvard Munch, "Seated on a suitcase"
(da questa pagina web)
Nessun commento:
Posta un commento