Nelle dieci
poesie che ho selezionato e pubblicato in questo post, quasi sempre non si
parla di alberi specifici; i poeti qui, evidentemente, non attribuiscono
eccessiva importanza al tipo di albero che vogliono porre in evidenza;
d’altronde, quante volte io, come chissà quante altre persone, ho visitato un
bosco, un viale alberato o un parco, rimanendo sorpreso dalla bellezza che quei
luoghi possedevano, grazie alla cospicua presenza di alberi – qualunque essi
fossero – che li abbellivano in modo ineguagliabile, rendendoli, a volte, unici
(veri e propri paradisi in terra). Ma l’importanza degli alberi – lo sappiamo
tutti – non risiede soltanto nella loro bellezza, ma in altre qualità, forse
ben più importanti; gli alberi infatti, sono determinanti nel combattere il
riscaldamento climatico, perché assorbono l’anidride carbonica; così facendo,
rendono l’aria più pulita, poiché alcuni elementi fortemente inquinanti vengono
da loro incamerati. E cosa dire, poi, dei frutti che tanti di essi producono, e
che noi troviamo tutti i giorni nei negozi di frutta e verdura o nei
supermercati? Si potrebbe continuare, ma ora voglio dire due parole sulle
poesie dedicategli.
Ciò che spicca,
nei versi qui presenti, è il riferimento alla solitudine dell’albero; spesso,
infatti, i poeti vengono colpiti da questo aspetto che è proprio di certe
piante legnose, a volte situate in luoghi impervi; chi li descrive, probabilmente
si sente simile a tali alberi, e ci parla, oppure li ascolta parlare. In altri
versi, l’albero è talmente simile all’uomo, che si confonde con esso, e assume
i medesimi comportamenti. C’è, poi, chi rimane particolarmente colpito e
affranto dalla “morte” di un albero, poiché esso rappresentava qualcosa di
estremamente importante per intere popolazioni del passato, che lo
consideravano alla stessa stregua di una vera e propria divinità. Troppi alberi
scompaiono ogni anno a causa degli uomini, e sono troppo pochi quelli che ogni
anno nascono; superfluo aggiungere che, in un futuro non molto lontano,
pagheremo a caro prezzo la scarsa presenza di alberi sul nostro pianeta,
causata dallo sciagurato comportamento di pochi, meschini esseri umani.
GLI ALBERI IN 10
POESIE DI 10 POETI ITALIANI DEL XX SECOLO
ALBERO SOLO
di Angelo Barile
(1888-1967)
Eri l’albero
solo,
l’alito verde
sul piombo fuso
della mia piana:
a un filo di
conforto
aprivi l’afa.
Nel tuo circolo
d’ombra
Sono entrato
leggero
Quasi nel gioco
della fontana.
Mio rifugio
solingo
di un’ora,
la tenerezza
della tua chioma
m’è piovuta
d’intorno, mi ha chiuso
come sotto una
verde campana.
(da “Poesie”,
Scheiwiller, Milano 1986, p. 158)
ALBERO SOLITARIO
di Arnaldo Calori
(1892-1950)
All'ombra tua mi
rifugio, albero,
e ascolto e, nel
silenzio,
sento che vivi.
Sento filtrare
nel terreno
all'intorno,
dove insinui le
mille radici,
l'umor che ti
nutre
e te che suggi e
respiri,
naufrago in un
mare di sole.
Felice creatura
che al tacere del
vento riposi
e d'inverno dormi
il tuo sonno:
il languore
d'autunno ti è vespro,
alba la
primavera.
(da «Quadrivio»,
26 agosto 1934)
LA MORTE
DELL'ALBERO
di Sergio
Corazzini (1886-1907)
Era il tronco
possente al suolo avvinto
con radici
fortissime, che grave
dolce ombra
copria, come un recinto
sacro a Mercurio,
delle genti prave
Dio
consigliere... Un dì venne per nave
un uomo audace
che nel labirinto
della foresta si
cacciò con schiave
genti che forse
in guerra aveva vinto.
Vide l’albero e
ne ordinò la morte...
Lampeggiaron le
accette nelle mani
dei lavoranti per
un giorno intero.
E a sera nel
silenzio triste e nero,
lacerato da mille
solchi immani
scrosciò a terra
il colosso immenso e forte.
(da «Marforio»,
26 febbraio 1903)
CHE FARÒ PER TE,
ALBERO MIO?
di Libero De
Libero (1906-1981)
Che farò per te,
albero mio?
Delle stagioni
alla siepe
futile pianta ti
vidi e soave
nel rumore del
vento e con te
misurato crescevo
al tronco
che m'afflisse
per molti inverni.
Al primo fiore il
cielo si finse
azzurro e i
frutti assaporò l'estate.
Non io te offesi,
ma settembre
che a sé basta e
gli altri non bada
e tanto a me ti fa
nemico.
(da "Romanzo", All'Insegna del Pesce d'Oro, Milano 1965, p. 84)
ALBERO
di Emilio
Girardini (1858-1946)
Alberi ce n'è
tanti e verdi e folti
ben più di questo
pensile ne l'aria
sul ciglio di una
roccia solitaria:
alberi, non
lontano, ce n'è molti.
Ma questo
abbandonato - un vero paria
tra i suoi
fratelli - ha in sé tutti raccolti
i miei pensier,
gli affetti miei sepolti
sovra cui stende
un'ombra funeraria.
E che abitasse in
lui credo una strega
chi sa in qual
tempo, poi che, quando è sordo
il vento, a
bisbigliarmi egli si piega
strane novelle
che poi tosto scordo.
(da "Poesie
scelte", Arti Grafiche Friulane, Udine 1938, p. 54)
ALBERO
di Carlo Levi
(1902-1975)
Non scambiare la
scorza con il legno,
natura con
impegno,
la dolce
mozartiana aria amorosa
con il dolore che
sotto riposa.
12 febbraio 1946
(da “Poesie”,
Donzelli, Roma 2008, p. 183)
L'ALBERO E LA
PRIMAVERA
di Giuseppe
Lipparini (1877-1951)
Vedi quell'esile
tronco che trema sul dorso del colle?
Qui nella valle è
freddo, è buio: ci opprime Scirocco
umido, greve; le
cose son piene di fango e di nebbia;
grondano i rami
di brina, i muri hanno odore di muffa.
Pure, lassù, non
la vedi? là dietro quell'albero solo,
s'apre una
striscia di cielo; e l'albero gracile oscilla
verso il
turchino, perché lontano lontano ha veduto
lungo le prode
dei fiumi sovraggiungere la primavera.
(da "Le
foglie dell'alloro", Zanichelli, Milano 1916, p. 426)
ALBERO
di Salvatore
Quasimodo (1901-1968)
Da te un'ombra si
scioglie
che par morta la
mia
se pure al moto
oscilla
o rompe fresca
acqua azzurrina
in riva
all'Ànapo, a cui torno stasera
che mi spinse
marzo lunare
già d'erbe ricco
e d'ali.
Non solo d'ombra
vivo,
ché terra e sole
e dolce dono d'acqua
t'ha fatto nuova
ogni fronda,
mentr'io mi piego
e secco
e sul mio viso
tocco la tua scorza.
(da "Poesie", Newton Compton, Roma 1992, p. 29)
ALBERO VECCHIO
di Fernanda
Romagnoli (1916-1986)
Fitto tremore
insidiava il suo braccio
nella manica
scura,
la stretta delle
dita intorno al calice
non impediva al
vino di oscillare.
(Ah, come antico
olivo che si spacca,
- la frattura del
ramo
- la segreta
secchezza delle vene).
Proseguimmo i
discorsi, fingevamo
di non vedere.
Ma in sé l'albero
vecchio riceveva
l'alito muto
delle nostre pene:
e grigie
foglioline nei suoi occhi
- intrepide -
si rialzarono a
stormire
tutte le
primavere possedute.
(da "Il
tredicesimo invitato e altre poesie", Milano 2003, p. 87)
L'ALBERO
ADDORMENTATO
di Giuseppe Tròccoli (1901-1962)
Stanco e
negletto, l'albero d'olivo
Lascia che i rami
suoi cedano al poggio
L'antica forza
che non torna più.
Capre, qua e laà,
selvatiche rodendo
Vanno ai
cespugli, indifferenti e sorde
Se da la strada
il carrettiere passa
E guarda a valle
ove la sera scende.
C'è la cicala
sola tra le fronde
Che sempre canta
e non dispera mai:
E c'è il saluto
dell'Avemaria.
Il vecchio olivo
s'addormenta e sogna.
(da "L'ombra
che ne la mente passa", Vallecchi, Firenze 1947, p. 106)
Michelle MacNeill, "Landscape with Figure and Tree" (da questa pagina web) |
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