Nacque a Roma nel
1893 e morì nel 1976. Dopo la laurea in Giurisprudenza, svolse diverse attività
lavorative; ricoprì incarichi prestigiosi nell'ambito dell'amministrazione e fu
segretario particolare del ministro Giuseppe Bottai. Si interessò alla
letteratura e pubblicò, oltre a due volumi poetici, diverse traduzioni di opere
di famosi scrittori francesi; è anche autore di due testi teatrali. Come poeta,
esordì nel 1925, con un volume di prose liriche, a cui seguì, ben tredici anni
dopo, un esile libro di versi, che di fatto concluse la sua carriera poetica.
Inizialmente influenzato dalle tematiche del decadentismo e del frammentismo
vociano, Mucci si trasformò in un poeta assai più misurato, che, in parte,
mostra una vicinanza alla poetica di Umberto Saba; inoltre i suoi versi si
distinguono per una percepibile essenzialità unita ad una limpidezza d'immagini
e di pensieri che è raro ritrovare in altri poeti del suo tempo.
Opere poetiche
"Natura
morta", Gobetti, Torino 1925.
"Poesie",
Edizioni del Cavallino, Venezia 1938.
Presenze in
antologie
"Le più
belle pagine dei poeti d'oggi", 2° edizione, a cura di Olindo Giacobbe,
Carabba, Lanciano 1928 (vol. V, pp. 104-106).
Testi
SOGNO DI CASA MIA
Se non proprio a mezzanotte, certo verso
quell'ora, i sogni dei miei parenti fuggono a frotte dalle fronti posate sui
cuscini e vagano attraverso il ronzante silenzio delle stanze abbandonate.
Povere stanze buie, che rimanete estatiche,
quasi gelate ore ed ore, per mettermi paura con le apparizioni incantate degli
armadi, solenni e sacerdotali, dei tavoli, pronti a qualsiasi impossibile giro,
delle sedie, sempre comiche e complicate!
Come se non vi conoscessi, come se potesse
intimorirmi la vostra statuaria impassibilità o i vani vostri scricchiolii che
nel fondo cupo, sembrano interrompere ed illuminare l'oscurità, rubando il
mestiere alle lucciole! Guardate, piuttosto, anche voi i sogni dei miei
parenti: da sotto le porte delle camere da letto eccoli infatti sgusciare ad
uno ad uno.
(da "Natura
morta")
CANTO SPIRITUALE
Il tempo non
abitua
A questa dura
prigionia del corpo!
Solo nel sonno
liberat me Dominus.
È allora che dal
fianco mi spicco
E sul madido
sudario
Sorridendo
abbandono
La tramortita
spoglia.
Nei prati
d'asfòdelo
Mansueti
brucavano liocorni.
Ma quando fra le
tempie ricongiunte
Folgora crudo il
risveglio,
Dentro la cella
di calce e di sangue
Torno a ridurmi
cattivo.
Servo, diffido,
osservo.
E guardo al
fianco, in attesa
Dell'ultimo volo.
(da “Poesie”)
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