Il passero e il lebbroso è il titolo di
una raccolta poetica di Leonardo Sinisgalli (Montemurro 1908 - Roma 1981), uscita nel 1970 grazie alla
Mondadori di Milano. Questo libro rappresenta una definitiva svolta della poetica
sinisgalliana; lo scrittore lucano, infatti, iniziò da qui un percorso che non
mutò fino all'ultima raccolta, caratterizzato da un'ulteriore scarnificazione
del testo poetico, che ha, come naturale conseguenza, la netta prevalenza di
epigrammi su ogni altro tipo di componimento in versi. Il passero e il lebbroso, è un libro di 115 pagine, in cui si
possono leggere 81 poesie, divise in sei sezioni senza titolo.
Analizzando questi versi si nota che la prima sezione si differenzia dalle altre per la maggior presenza di poesie brevissime (per lo più di due o tre versi); nelle successive invece, è facile ritrovare il poeta arguto e fantasioso della raccolta immediatamente precedente: L’età della luna. Nei versi di alcune liriche, Sinisgalli cita alcuni personaggi del mondo della cultura, contemporanei e non, tra i quali spicca quello del collega Eugenio Montale, che, in modo sagace e divertente, viene additato da Sinisgalli quale suo imitatore (il riferimento è, ovviamente, alle raccolte che il poeta ligure pubblicò durante gli anni sessanta del XX secolo). Personalmente ritengo Il passero e il lebbroso un bel libro, probabilmente sottostimato, così come lo sono altri dell'ingegnere lucano. Mi meraviglio del fatto che molti critici concentrino la loro attenzione soltanto sulle prime raccolte di Sinisgalli, poiché rilevo un livello alto nell'intera sua opera poetica, che va da 18 poesie (1936) a Dimenticatoio (1978). La recente uscita di un volume che finalmente riunisce tutti i versi di Sinisgalli, dà la possibilità ai lettori di verificare in modo semplice questa costanza di livello, e anche di far percepire sia la capacità di sintesi che la genialità del poeta di Montemurro, il quale va considerato come uno dei migliori in assoluto del Novecento. Chiudo riportando cinque poesie presenti in Il passero e il lebbroso.
LA DISTANZA
Ogni anno muta la
distanza
tra le cose che
stanno d’intorno
anche se io resto
inchiodato,
anche se le cose
sono inanimate.
(da “Il passero e il lebbroso”, Mondadori, Milano 1970, p. 23)
AURORA
Mi sveglio in un
bagno di sudore,
mi chiama da
lontano
una vocina
trafelata
proprio in cima
all'aurora.
Che speri, che
aspetti,
chi ti tiene
legato?
Vieni a stenderti
al mio lato,
è fresco buio
ventilato.
(da “Il passero e il lebbroso”, Mondadori, Milano 1970, p. 37)
CERCHI CONCENTRICI
I vicini hanno
messo a guardia
cani furenti.
Non vado oltre i
mucchi di pietre.
Ripiego nei miei
confini.
(da “Il passero e il lebbroso”, Mondadori, Milano 1970, p. 39)
UNO SPICCHIO DI
PERA
Raramente mia
madre
buttava via una
pera fradicia.
Riusciva sempre
col suo coltelluccio
che aveva la
punta ricurva
e serviva a
scappucciare le orecchiette
a salvarne almeno
uno spicchio.
(da “Il passero e il lebbroso”, Mondadori, Milano 1970, p. 49)
TRIANGOLAZIONI
Va in cerca di
poesia come di funghi.
Ama i luoghi più
delle persone,
ma fa lunghi
sproloqui con gli
straccivendoli.
(da "Il
passero e il lebbroso", Mondadori, Milano 1970, p. 85)
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