Un solo profumo
di rosa
in calda
atmosfera veloce,
beato di sé, si
riposa,
nell’ombra che ha
forma di croce.
È solo un
profumo: è sospiro
di farsi bontà
volontaria,
che induce a
color di zaffiro
il nimbo di sole
dell’aria.
La terra solleva
dall’ombra,
con braccia
d’eterno avvenire,
il duro dolor che
la ingombra,
sognando altri
cieli fiorire.
E ignara ogni
vita si sposa,
dall’ombra che ha
forma di croce,
a un cielo che
odora di rosa,
in calda
atmosfera veloce.
COMMENTO
La poesia senza
titolo che ho trascritto qui sopra, è la numero 82 della raccolta di Arturo
Onofri (Roma 1885 – ivi 1928) intitolata Terrestrità
del sole; pubblicata nel 1927 presso l’editore Vallecchi di Firenze,
rappresenta una definitiva svolta nel percorso poetico dello scrittore romano.
Ad essa seguiranno altre, assai simili raccolte – alcune delle quali uscite
quando Onofri era già scomparso – che presentano, come particolarità
principale, la scelta esclusiva di una poesia filosofica, molto legata alle
teorie di Rudolf Steiner (1861-1925), il quale sosteneva che nel continuo
trasformarsi dell’universo e della natura terrestre, si manifesta la presenza
di Dio. La poesia riportata, si trova alla pagina 137 del suddetto libro, che
ora è possibile leggere, insieme alla successiva raccolta Vincere il drago! (1928), in una edizione anastatica, pubblicata
nel 1998 da La Finestra Editrice di Trento. Il contenuto mostra diverse
simbologie; in primo piano ci sono la rosa (ovvero l’amore), che qui non si
percepisce visivamente, ma in modo olfattivo, e la croce (ossia il dolore e,
nello stesso tempo, la cristianità); anche quest’ultima non è direttamente
visibile, ma la sua presenza è evidenziata dall’ombra che copre la rosa (o
meglio, il suo profumo). Amore e dolore cristiano, divengono pura energia,
spinta a fare del bene; grazie alla potenza di questa unione, anche il disco
luminoso del sole si trasforma, divenendo simile ad un zaffiro (minerale di
colore azzurro), e, quindi, confondendosi col cielo. Nella terza quartina della
poesia, la terra prende vita, e solleva dall’ombra (della croce) il dolore duro
e pesante che la occupa, rendendolo quindi più sopportabile; infine, la terra
stessa, divenuta anche essere pensante, s'immagina (sogna) l’esistenza di altri cieli,
fioriti in un non ben identificato luogo, in cui, proprio grazie alla forza
dell’amore cristiano, non esiste alcun genere di dolore. Non facile risulta l’interpretazione
dell’ultima quartina, in cui il poeta sembra vedere una unione inconsapevole ma
sicura, tra gli esseri viventi della terra ed il cielo (ovvero l’ultraterreno)
che ha assorbito e fatto suo il profumo della rosa (ossia l’amore e la bontà),
e che si sostanzia in uno slancio verso il bene universale.
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