venerdì 15 aprile 2022

La Via Crucis in 10 poesie di 10 poeti italiani

 La “Via Crucis” è rappresentata dalle quattordici stazioni (croci di legno a cui si associano opere artistiche a tema), raffiguranti i momenti salienti della “Passione di Cristo”. Questo rito religioso si svolge la sera del Venerdì santo. Nelle 10 poesie che ho trascritto di seguito a questo preambolo, oltre alla dolorosa fase ultima della vita di Gesù, si parla, spesso tramite simboli, anche di un percorso dominato da una sofferenza particolarmente acuta, riguardante l’umanità intera o, più semplicemente, un individuo soltanto (che può essere il poeta stesso o una persona a lui vicina). Ho escluso dalla selezione due belle poesie – di Umberto Bellintani e David Maria Turoldo – solamente perché le avevo già incluse in altri post pubblicati già diversi anni or sono. Forse è superfluo aggiungere che quest’anno, la vera Via Crucis, è qualcosa di particolarmente toccante ed è, nello stesso tempo, estremamente significativa, poiché sappiamo tutti molto bene il difficilissimo momento della storia che l’umanità intera sta vivendo, e forse vivrà ancora per lungo tempo.

 

 

LA VIA CRUCIS IN 10 POESIE DI 10 POETI ITALIANI

 

 

VIA CRUCIS

di Franco Berardelli (1908-1932)

 

Lagrime e sangue da la faccia accesa

cadono a stille sulla veste bianca.

Lungo è il cammino e già la forza manca,

ché sulle spalle il rozzo legno pesa.

 

Ogni più lieve sosta Gli è contesa:

e a poco a poco la persona stanca

s'incurva e cede, né una man l'affranca

dal pondo, o la sorregge nell'ascesa.

 

Gemon le donne e piangono sommesse,

in cuore e in volto tristi addolorate,

procedono con Lui verso la Croce.

 

«Non su me, non su me, ma su voi stesse

sopra i nati vostri, lacrimate!»

Sale dolente la divina voce.

 

(da "Antologia della poesia cattolica italiana del Novecento", UPSIC, Roma 1959, p. 351) 

 

 

 


VIA CRUCIS

di Vittorio Emanuele Bravetta (1889-1965)

 

La via della Croce

non è finita

sul monte Calvario.

La Croce, come una lancia

divelta da mano feroce,

ha ripreso il cammino, è partita

per un viaggio che dura

da secoli e secoli, e va

senza mai sosta, errante

di terra in terra,

di guerra in guerra:

la Croce, eterna viandante.

A volte si degna

di farsi portare

da un cireneo volontario,

eroe, martire, santo,

o anche soltanto

da un povero cristo,

e va, nuda, tetra,

a cercare in abissi

d'orrore, altre vittime umane

che il martello inchioda, la spugna

attosca, la lancia squarcia

tra gli scherni dell'aguzzino.

Poi getta via i crocefissi

e riprende, nuda, il cammino.

 

(da "Il sole dorme", Rebellato, Cittadella Veneta 1962, p. 36)

 

 

 

 

L'INCONTRO CON LA MADRE

STAZIONE QUARTA

di Giovanni Cristini (1925-1995)

 

Egli ti chiese un giorno

d'entrare in noi, nel nero fiume del mondo.

E con pazienza attese che fiorisse

il bianco giglio alle tue pure soglie,

e gli angioli tremavano, e tu pure tremavi

su poca paglia, il grembo aperto al mistero.

 

La notte era il tuo grembo, il curvo cielo.

 

Il canto che chiudeva

le due remote rive

era di pace agli uomini, ma il prezzo

scorreva già nelle tue calde lacrime.

Grave fu il tuo consenso.

Egli violò il tuo grembo,

divenne albero pietra sangue fuoco,

fiorì d'amore le oscure radici.

 

La nostra lebbra intanto

già s'attaccava all'orlo

della sua rossa veste. E non la scosse

per amore di te, sua dolce Madre.

Quello era il prezzo

del tuo anteriore riscatto

e del nostro che dura e che vacilla.

Egli l'assunse, e non curava gli angioli

che si velavano il volto

e il cielo fatto oscuro oltre le nubi.

 

Ora l'incontri, e se gli allarghi le braccia

stringi sul cuore un lebbroso, acuta spada.

Tutto fu già scontato

in quell'istante in cui chinasti il capo,

e un divino consenso

come un soffio spirò dalle tue labbra.

 

E il Signore discese in mezzo a noi,

nel nero fiume del mondo.

 

(da "Poesia religiosa italiana", Edizioni Piemme, Casale Monferrato 1994, p. 768)

 

 

 

 

SOTTO LA CROCE

di Silvio Cucinotta (1873-1928)

 

Egli non trema al rombo del destino?

Ride l'idea. Con serena faccia

a la sua croce libero s'allaccia

e va sereno per il suo cammino.

 

E coglie, andando, fremiti e lamenti,

urli di fame e gemiti di morte:

la sua parola su le folle insorte

scende secura con pacati accenti.

 

Ma più nera d'intorno la procella

stride del male: da le aperte gole

una folla di livide parole

copre di fango l'opera novella.

 

Un bagliore sanguigno intanto rade

l'estremo dubitar dell'orizzonte:

allor, fremendo, al suol piega la fronte

e stanco sotto la sua croce cade...

 

(da "Brume", Trinchera, Messina 1913, p. 13)

 

 

 

 

LA VIA DEL CALVARIO

di Saverio Fino (1874-1937)

 

Figliolo di Gesù, prendi la croce,

e portala al Calvario. Una feroce

turba l'opprime. Ei cade e sorge e cade

e sorge e cade disfatto. L'invade

lo scoramento: l'anima gli manca,

cosa, ah!, più trista del corpo che sfianca.

Intorno abbuia l'universo e tutto.

Maria, lo vedi di tua carne il frutto?

Giovanni, vedi la tua Madre? Gli occhi

guardano aridi; tremano i ginocchi.

Con Te, Gesù, nel fango la mia stolta

umanità morde la terra; ascolta

i suoi gemiti! Hai rotta la persona,

ma io piango e ancora Tu, Gesù, perdona.

Ecco, è il Calvario: è l'ultima agonia;

pendi ai chiovi, Gesù, l'anima mia!

 

(da "Elevazione e altri versi", Società Editrice Internazionale, Torino 1923, pp. 30-31)

 

 

 

 

VIA CRUCIS

di Luigi Grilli (1858-1931)

 

Sta la solinga vetta,

Che arride al viandante,

Alta nella raggiante

Gloria del sole eretta.

 

Ei tra gli sterpi affretta,

Acceso il volto, ansante,

Ma il piede riluttante

A terra, ecco, lo getta.

 

E il sognatore in alto

Guarda, sospira e tace,

Vinto nell'arduo assalto:

 

Vinto non già fiaccato;

Ché pel suo cor pugnace

È la battaglia fato.

 

(da «Natura ed Arte», dicembre 1899)

 

 

 

 

MOMENTI DELLA PASSIONE (III)

di Margherita Guidacci (1921-1992)

 

Senza bellezza né vigore. L'arbusto secco, piegato

dal vento del deserto, che lo ricopre di sabbia grigia.

L'animale condotto al macello,

il corpo una rigida angoscia, lo sguardo un muto tremito.

Noi lo vorremmo lontano, lo abbiamo respinto dal nostro mondo!

Non sopportiamo la sua vista né il suo ricordo.

Perché dunque ci perseguita sempre, perché torna a balenarci davanti

come una spada che ferisce ed illumina?

Perché ci appartiene più di quanto noi stessi ci apparteniamo?

Chiudiamo invano gli occhi: anche il buio più nero,

come il candido panno della Veronica,

fa soltanto da sfondo al volto doloroso

del Figlio dell'Uomo.

 

(da "Le poesie", Le Lettere, Firenze 1999, p. 327)

 

 

 

 

VIA CRUCIS

di Angiolo Orvieto (1869-1967)

 

Su su per l'erta del dolore umano

vanno schiere infinite di viventi,

lente movendo sempre innanzi, invano,

per l'aer bigio, tra' vapor dolenti.

 

Decine di milioni, a mano a mano,

passano i vivi pallidi e silenti;

il volto e la persona d'un arcano

duolo ha l'impronta ed ha gli atteggiamenti.

 

E vanno e vanno e vanno senza tregua

verso la mèta oscura della morte,

che chiude nel mister la cupa strada.

 

E mentre che un esercito dilegua,

erompe un altro fuor da ignote porte,

e dietro a lui convien che a morte vada.

 

(da "Poesie scelte", Olschki, Firenze 1979, p. 46)

 

 

 

 

LA VIA CRUCIS...

di Michele Pierri (1899-1988)

 

     La via crucis che con tanta spontaneità e contribuzione riesco a seguire è quella della tua vita stazione per stazione, che la memoria di continuo mi mostra nella sua conosciuta realtà. E questo m'induce a pensare che tu sei stata la presenza umana di Dio a me più vicina anche negli altri atti dell'esistenza, col tuo evangelo domestico dalle nozze di Cana in poi. Voglia Gesù concedermi l'ultimo evento, la sua resurrezione da te rappresentata a illuminare la mia pochezza di cieco.

 

(da "E ti chiamo - libera verità", La Finestra, Trento 2002, p. 219)

 

 

 

 

LA VIA CRUCIS

di Maria Luisa Spaziani (1922-2014)

 

La bronchite stanotte mi trasforma

in una quercia carica di neve.

Crocifissa alla terra con radici

di debolezza e brividi,

sento i rami che grevi si curvano

sotto il peso di mille cristalli.

 

Conobbi un giorno un ragazzetto, molto

più malato di me.

Respirava a fatica, ed un veliero

insabbiato pareva nel suo letto,

ma il pensiero in alto era il rigogolo

sulla cima dell’olmo fulminato.

 

Questa notte lo penso, io che so bene

che presto guarirò.

E simile mi sento a quel fedele

che vidi a Bruges nel suo manto di lontra.

Guardava una via Crucis e si sforzava

d’immaginare il fiele e ogni tormento.

 

E forse oscuramente anche sentiva

che non soltanto il Cristo delle icone

il passo sterminato delle tenebre

lo varca in nostro nome.

 

(da "Tutte le poesie", Mondadori, Milano 2012, p. 101)



Duccio da Buoninsegna, "Le stazioni della Via Crucis"
(da questa pagina web)


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