domenica 27 febbraio 2022

La poesia di Giovanni Marradi


 


Giovanni Marradi non ebbe una vita particolarmente movimentata, e visse sempre nella sua città natale: Livorno, tra il 1852 e il 1922; pur non avendo completato gli studi, grazie all'aiuto di Ferdinando Martini divenne dapprima insegnante, quindi Provveditore agli studi nella sua Livorno. Poeta dalla vena facile e istintiva, fu sempre definito "carducciano"; in effetti, l'aggettivo gli calza a pennello; ciò è facilmente constatabile sia leggendo molti dei suoi migliori versi, sia perché fu lui stesso a definirsi un seguace del Carducci (che però non ebbe parole particolarmente lusinghiere nei suoi confronti). Il critico Luigi Baldacci affermò che Marradi fu il poeta che tenne in considerazione più di altri le Rime nuove di Giosuè Carducci; secondo lo stesso, ciò che avvicina l'opera poetica del livornese a quella del pietrasantino, è "un ambito comune di naturalismo". Sempre Baldacci, paragona la poesia di Marradi alla musica di Pietro Mascagni e ad alcune opere pittoriche dei macchiaioli; insomma, esistono elementi comuni, non solo tra i poeti toscani attivi nella seconda metà dell'Ottocento, ma anche tra artisti di vario genere nati nella stessa regione; tutti infatti presentano peculiarità ben identificabili, che vanno ricondotte all'area geografica in cui questi artisti vissero e crearono le loro opere migliori. Anche un altro critico insigne: Ferruccio Ulivi, vide nella poesia di Marradi evidenti accenti naturalistici, ma, pure, identificò certe somiglianze con alcuni versi di Gabriele D'Annunzio; tornando però a quanto scrisse il Baldacci, Marradi fu sempre o quasi polemico nei confronti della poesia dannunziana e non solo (criticò anche i versi di Giacomo Zanella e di Vittorio Betteloni), rimanendo fedele soltanto al "maestro" Carducci. Chiudo riportando un elenco delle opere poetiche di Marradi, seguito da quello delle migliori antologie in cui è stato incluso; infine, ho trascritto tre poesie da me particolarmente gradite di questo poeta, ormai quasi dimenticato.

 

 

 

Opere poetiche

 

"Canzoni moderne", Zanichelli, Bologna 1879 (sotto lo pseud. di G. M. Labronio)

"Fantasie marine", Tip. Cino dei F.lli Bracali, Roma 1881.

"Mortuaria", Stab. Tipografico dell'Ordine, Ancona 1881.

"Ricordi lirici", Sommaruga, Roma 1884.

"Poesie", Triverio, Torino 1887.

"Nuovi canti", Treves, Milano 1891.

"Ballate moderne", Voghera, Roma 1894.

"Rapsodia garibaldina", Verri, Milano 1899.

"Poesie", Barbera, Firenze 1902 e successive.

 

  

Piatto anteriore della ottava tiratura stereotipa del volume: Giovanni Marradi, "Poesie", Barbera, Firenze 1923 

 

 

Presenze in antologie

 

"Poesie moderne (1815-1887)", raccolte e ordinate da Raffaello Barbiera, Treves, Milano 1889 (pp. 459-461).

"Dai nostri poeti viventi", a cura di Eugenia Levi, Loescher & Seeber, Torino-Roma 1891 (pp. 123-128).

"Dai nostri poeti viventi", 3° edizione, a cura di Eugenia Levi, Lumachi, Firenze 1903 (pp. 222-232).

"Aria sana", a cura di G. Lanzalone e B. Cocurullo, Stab. Tip. Fratelli Jovane Di G., Salerno 1908 (pp. 285-288).

"I Poeti Italiani del secolo XIX", a cura di Raffaello Barbiera, Treves, Milano 1913 (p. 1251).

"Antologia della lirica italiana", a cura di Angelo Ottolini, R. Caddeo & C., Milano 1923 (pp. 247-250).

"Antologia della lirica italiana. Ottocento e Novecento", nuova edizione, a cura di Carlo Culcasi, Garzanti, Milano 1947 (pp. 135-136).

"Antologia della lirica contemporanea dal Carducci al 1940", a cura di Enrico M. Fusco, SEI, Torino 1947 (pp. 303-305).

"La lirica moderna", a cura di Francesco Pedrina, Trevisini, Milano 1951 (pp. 425-428).

"Poeti minori del secondo Ottocento italiano", a cura di Angelo Romanò, Guanda, Bologna 1955 (pp. 304-310).

"I poeti minori dell'Ottocento", a cura di Ettore Janni, Rizzoli, Milano 1955-1958 (vol. IV, pp. 172-179).

"Un secolo di poesia", a cura di Giovanni Alfonso Pellegrinetti, Petrini, Torino 1957 (pp. 129-131).

"Poeti minori dell'Ottocento", a cura di Luigi Baldacci, Ricciardi, Napoli 1958 (pp. 1057-1071).

"Poeti minori dell'Ottocento italiano", a cura di Ferruccio Ulivi, Vallardi, Milano 1963 (pp. 605-611).

"Poesia dell'Ottocento", a cura di Carlo Muscetta ed Elsa Sormani, Einaudi, Torino 1968 (vol. II, pp. 2139-2158).

"Poeti della rivolta", a cura di Pier Carlo Masini, Rizzoli, Milano 1977 (pp. 265-270).

"Poesia italiana dell'Ottocento", a cura di Maurizio Cucchi, Garzanti, Milano 1978 (pp. 449-453).

 

 

 

 

Testi

 

 

UNA RUPE

 

Terribile dirupo

che con la testa enorme

domini, eretto e cupo

fantasma, il ciel che dorme,

 

sei forse, entro la notte,

tacito al buio e al gelo,

lo spettro di Nembrotte

che scalar pensa il cielo?

 

Che fai, che fai, diritto

silenzioso e cupo,

contro il ciel confitto

terribile dirupo?

 

Non so; ma invidio, o monte,

l'ala de' tuoi falconi

quando l'aerea fronte

di nuvole incoroni.

 

Invidio le tue lotte

col dio che ti percote,

e fulminate e rotte

le tue foreste immote.

 

E alla tua cima invano

l'occhio e il desio s'aderge

da questo reo pantano

che stagna e mi sommerge.

 

(da "Poesie", Barbèra, Firenze 1923, pp. 126-127)

 

 

 

 

PALAZZO IN ROVINA

(DALLA ROCCA DI FOSSOMBRONE)

 

Era ostello di Duchi, e luce e suono

n'uscìa d'armi e di feste. Ora è stamberga

di proletari, e sdraiavi le terga

irreverenti l'ispido colono.

 

Pace a voi, Duchi. L'inclita magione

vostra ruina, e ad agio suo vi passa,

pei rotti muri, il popolo e il rovaio.

Or da' verdi pendii di Fossombrone

sovrasta indarno alla città giù bassa

l'aula del trono, ohimè, fatta granaio!

Pace a voi, morti. Sfolgora april gaio,

e ancor sul vostro secolar letargo

porta viole e oblio. — Principi, largo,

largo alla plebe che vi invade il trono!

 

(da "Poesie", Barbèra, Firenze 1923, p. 274)

 

 

 

 

 SOGNI E RICORDI

 

Scorre fra l'ingiallita erba che muore

un rivolo di limpida acqua viva,

e a me, sotto una mite ombra tardiva,

l'onda de' sogni scorre lenta in cuore.

 

Né mai fu così dolce il sogno alato

dell'avvenire, quando più lo infiora

la verde illusion della speranza,

come ora è dolce del lontan passato

la vision che sfuma e si scolora

nelle memorie, in cerula distanza.

Oh come, ormai, dell'avvenir che avanza

langue a me il sogno pallido ed incerto,

or che sfiorì del roseo tuo serto,

giovinezza mia, l'estremo fiore!

 

(da "Poesie", Barbèra, Firenze 1923, p. 328).

 

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