Edmondo De Amicis
(Oneglia 1846 - Bordighera 1908) è stato, è, e molto probabilmente sarà sempre
ricordato come prosatore, e in particolar modo come autore del romanzo Cuore: punto di riferimento
imprescindibile per tutti gli italiani - bambini, giovani e in età matura - a
partire dall'ultimo decennio del XIX secolo, fino all'avvento del fascismo. La
fortuna di questo famoso romanzo, così come la fortuna dell'autore, si andarono
affievolendo cogli anni; il motivo principale sta nel fatto che il libro Cuore fu giudicato e bollato, da una
parte eccessivamente sentimentale, e dall'altra oltremisura patriottico. Fatto
sta che il De Amicis, da un po' di tempo a questa parte, è caduto, se non nel
dimenticatoio, in un limbo perpetuo. Pochi o pochissimi conoscono i versi di
questo scrittore, che pure, a suo tempo, ebbero discreta fama, e furono più
volte ripubblicati in un unico volume edito dalla Treves di Milano (la prima
edizione è del 1880). Della poesia di De Amicis si sono occupati diversi,
illustri critici del Novecento; un po' tutti concordano nell'identificare
alcuni elementi che la contraddistinguono - come l'abbassamento del tono e una
palese prosasticità - i quali fanno sì che venga considerato, insieme ad altri
del suo tempo, come un precursore del crepuscolarismo. C'è poi più di qualcuno
che pone in evidenza l'umorismo, presente in svariate liriche del nostro;
Ferruccio Ulivi evidenzia anche "una bonaria satira del costume",
mentre Ettore Janni afferma, dopo aver individuato un latente pessimismo
affiorante qua e là nei suoi versi (camuffato ed annacquato da un più
riscontrabile umorismo): «Si può dire del
De Amicis che provenga egli pure, buono buono, dalla Scapigliatura».
Concludo
riportando un elenco delle antologie che hanno preso in considerazione il De
Amicis "poeta", seguito da tre poesie estratte dall'unico volume di
versi che pubblicò questo scrittore troppo spesso identificato soltanto quale
autore del libro Cuore.
Edmondo De Amicis |
Presenze in
antologie
"Dai nostri
poeti viventi", 3° edizione, a cura di Eugenia Levi, Lumachi, Firenze 1903
(pp. 135-136).
"Antologia
della lirica italiana", a cura di Angelo Ottolini, R. Caddeo & C.,
Milano 1923 (pp. 235-236).
"Poeti
minori del secondo Ottocento italiano", a cura di Angelo Romanò, Guanda,
Bologna 1955 (pp. 266-269).
"I poeti
minori dell'Ottocento", a cura di Ettore Janni, Rizzoli, Milano 1955-1958
(vol. IV, pp. 8-14).
"Poeti
minori dell'Ottocento", a cura di Luigi Baldacci, Ricciardi, Napoli 1958
(pp. 999-1008).
"Poeti
minori dell'Ottocento italiano", a cura di Ferruccio Ulivi, Vallardi,
Milano 1963 (pp. 593-596).
"Poeti della
rivolta", a cura di Pier Carlo Masini, Rizzoli, Milano 1977 (pp. 395-397).
"Poesia
italiana dell'Ottocento", a cura di Maurizio Cucchi, Garzanti, Milano 1978
(pp. 409-416).
"L'albero a
cui tendevi la pargoletta mano", a cura di due anonimi, Mursia 1979 (p.
220).
"Poesia
italiana 1224-1961. Un'Antologia", a cura di Antonio Carlo Ponti, Guerra,
Perugia 1996 (p. 172).
"Le poesie
che amo", a cura di Alessandro Gennari, Mondadori, Milano 1998 (pp.
83-84).
Testi
A MIA MADRE
Non sempre il
tempo la beltà cancella
O la sfioran le
lacrime e gli affanni;
Mia madre ha
sessant'anni,
E più la guardo e
più mi sembra bella.
Non ha un detto,
un sorriso, un guardo, un atto
Che non mi tocchi
dolcemente il core;
Ah se fossi
pittore
Farei tutta la
vita il suo ritratto.
Vorrei ritrarla
quando inchina il viso
Perch'io le baci
la sua treccia bianca,
O quando inferma
e stanca
Nasconde il suo
dolor sotto un sorriso.
Ma se fosse un
mio prego in cielo accolto
Non chiederei del
gran pittor d'Urbino
Il pennello
divino
Per coronar di
gloria il suo bel volto;
Vorrei poter
cangiar vita con vita,
Darle tutto il
vigor degli anni miei,
Veder me vecchio,
e lei
Dal sacrifizio
mio ringiovanita.
(da
"Poesie", Treves, Milano 1882, pp. 105-106)
LA PIOGGIA
Con che dolcezza
i primi anni rammento
E i miei
trastulli e il mio paterno tetto
Sporgendo il
volto a questo vivo e schietto
Odor di pioggia
che mi porta il vento!
Riveggo il padre
mio sui libri intento,
Dorato dal
chiaror del caminetto,
E risento dal
piccolo mio letto
Delle lunghe
notturne acque il lamento.
E sogno ancora i
pellegrini erranti
Per vaste selve e
nere alte castella
Nido ospitai di
fuggitivi amanti;
E un vago raggio
dell'età fuggita
Al già stanco mio
sguardo il mondo abbella...
Odorando la
pioggia, amo la vita.
(da
"Poesie", Treves, Milano 1882, p. 147)
ALLA TERRA
T'amo, feconda e
pia terra, e t'ammiro,
E ti palpo, e di
te colmo le mani,
E su te chino il
volto, avido, e i sani
Profumi tuoi,
riconoscente, aspiro;
E in te l'occhio
figgendo, in breve giro
Scopro monti e
foreste e valli e piani,
E mi smarrisco
per recessi arcani,
E dietro a mille
vaghe ombre sospiro.
E a traverso a'
tuoi strati in te sprofondo
Con paurosa
voluttà la mente
Fino all'intime
viscere del mondo,
E bacio il manto
tuo florido e bello,
Terra forte,
gentil, fida, innocente,
Che ricopri mio
padre e mio fratello.
(da
"Poesie", Treves, Milano 1882, p. 158)
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