Quando cominciai
a conoscere la poesia di Attilio Bertolucci (Parma 1911 - Roma 2000), leggendo
alcuni suoi versi presenti in varie antologie scolastiche e non, mi resi subito
conto della differenza netta che caratterizzava il suo fare poetico rispetto a
quello dei suoi coetanei e contemporanei. Ciò è stato riscontrato da tutti i
lettori e i critici che hanno avuto la fortuna, come me, di approfondire la
conoscenza di questo eccezionale poeta. In Poeti
italiani del Novecento¹, il critico letterario Pier Vincenzo Mengaldo, dopo
averlo definito "un isolato nel panorama contemporaneo" e dopo aver
identificato una palese influenza che i suoi versi esercitarono su alcuni
conterranei come Gaetano Arcangeli e Giorgio Bassani, afferma che Bertolucci
trovò ispirazione basandosi molto sulla poesia italiana del primo Novecento e
del secondo Ottocento, ovvero tenendo ben presenti i versi di Pascoli, Carducci
e i crepuscolari; in minor misura, afferma sempre Mengaldo, il poeta emiliano
mostra somiglianze con la poesia di alcuni anglosassoni ottocenteschi come
Thomas Hardy, e di francesi come Toulet ed Apollinaire. Anche un altro critico:
Gianni Pozzi, rintraccia alcuni elementi che avvicinano Bertolucci al poeta parigino;
sempre Pozzi, come si nota in questo frammento tratto da La poesia italiana del Novecento, sottolinea la distanza totale da
altri poeti italiani che nel terzo decennio del XX secolo andavano pubblicando
memorabili opere in versi:
A compenso delle
sue ridotte ambizioni, della limitatezza dei propositi che esprime, questa
poesia ci dà un suono puro come quello di un vetro cristallino, purezza che era
costituzionalmente negata alla ambiziosa ricerca lessicale di Quasimodo, o
anche allo sperimentalismo centrifugo del primo Luzi².
Ma la strada
anomala intrapresa dal giovane Bertolucci, fu seguita da altri e ben diversi (per
età e formazione) poeti italiani che erano molto attivi in quel preciso periodo
storico. Infatti, proprio in quegli anni alcuni "vecchi" come Ada
Negri e Francesco Pastonchi, fecero uscire dei volumi di versi che mostrano
delle caratteristiche non distanti dal modus
poetandi dello scrittore parmense; c'è poi Umberto Saba, che a partire dal
1934 sembra prendere la medesima strada. Ricordo infine Giorgio Caproni: un
altro ottimo poeta che iniziava a farsi notare proprio in quegli anni, con le
sue prime pubblicazioni, distanti anni luce dall'ermetismo.
Al di là di questi
discorsi, voglio dire che le poesie di Bertolucci mi piacquero immediatamente
proprio per la semplicità, la schiettezza e la limpidezza che sapevano e sanno
trasmettere. E nel panorama generazionale novecentesco, tra i suoi coetanei mi
appariva - e tutt'ora mi appare - il più talentuoso. D'altra parte,
quell'ermetismo così preponderante allora, si andò disgregando in breve tempo,
e anche altri poeti (potrei citare Mario Luzi, Alessandro Parronchi e Leonardo
Sinisgalli) intrapresero strade alternative alla corrente che dominò la scena
poetica italiana negli anni '30 e '40 del XX secolo. Insomma, la poesia di
Bertolucci, senza usare tante noiose parole, spicca perché non si rifà ad
alcuna tendenza o moda: è soltanto autentica poesia, e per questo rimarrà
immortale.
Ecco, infine, dopo
l'elenco delle opere poetiche di Bertolucci, cinque sue liriche.
"Sirio",
Minardi, Parma 1929.
"Fuochi in
novembre", Minardi, Parma 1934.
"La capanna
indiana", Sansoni, Firenze 1951, 1955.
"Viaggio
d'inverno", Garzanti, Milano 1971.
"La capanna
indiana", Garzanti, Milano 1973 (3° ed. accresciuta).
"La camera
da letto. Libro primo", Garzanti, Milano 1984.
"La camera
da letto. Libro secondo", Garzanti, Milano 1988.
"Le
poesie", Garzanti, Milano 1990.
"Verso le
sorgenti del Cinghio", Garzanti, Milano 1993.
"La
lucertola di Casarola", Garzanti, Milano 1997.
OTTOBRE
Sporge dal muro
di un giardino
La chioma gialla
di un albero.
Ogni tanto lascia
cadere una foglia
Sul marciapiede
grigio e bagnato.
Estasi, un sole
bianco fra le nubi
Appare, caldo e
lontano, come un santo.
Muto è il giorno,
muta sarà la notte
Simile ad un
pesce nell’acqua.
(da
"Poesie", Garzanti, Milano 1990, p. 17)
LA ROSA BIANCA
Coglierò per te
l'ultima rosa del
giardino,
la rosa bianca
che fiorisce
nelle prime
nebbie.
Le avide api
l'hanno visitata
sino a ieri,
ma è ancora così
dolce
che fa tremare.
È un ritratto di
te a trent'anni,
un po' smemorata,
come tu sarai allora.
(da
"Poesie", Garzanti, Milano 1992, p. 41)
O BRUNA VIOLETTA
O bruna violetta
giunta troppo
presto fra noi
che ancora sui
tetti
splende la neve
fragrante...
Il sole inonda la
città,
geme il violino e
il debole tamburo
l'accompagna
svogliato,
l'ora passa
adagio, la gente se ne va.
(da
"Poesie", Garzanti, Milano 1992, p. 81)
GLI ANNI
Le mattine dei
nostri anni perduti,
i tavolini
nell'ombra soleggiata dell'autunno,
i compagni che
andavano e tornavano, i compagni
che non tornarono
più, ho pensato ad essi lietamente.
Perché questo
giorno di settembre splende
così incantevole
nelle vetrine in ore
simili a quelle
d'allora, quelle d'allora
scorrono ormai in
un pacifico tempo,
la folla è uguale
sui marciapiedi dorati,
solo il grigio e
il lilla
si mutano in
verde e rosso per la moda,
il passo è quello
lento e gaio della provincia.
(da
"Poesie", Garzanti, Milano 1992, p. 101)
SOLO TU
Solo tu che
lontano da noi
porti nelle calde
sere
l'incanto
orientale delle tue palpebre
e i fiori
aromatici delle tue mani,
solo tu avresti
potuto liberarmi
dalle braccia
malefiche dei sogni
(essi stendono le
loro ombre su di me
anche al di là
delle notti).
Bastava che tu mi
chiamassi per nome,
ma ecco tu stavi
fra i sassi e le ginestre
nel vento del
mattino,
ora ti baciavo,
tu eri grave e muta.
(da "La
lucertola di Casarola", Garzanti, Milano 1997, p. 12)
NOTE
1) "Poeti
italiani del Novecento", a cura di Pier Francesco Mengaldo, Mondadori,
Milano 1990, p. 568.
2) Gianni Pozzi,
"La poesia italiana del Novecento: Da Gozzano agli Ermetici",
Einaudi, Torino 1995, p. 327.
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