domenica 14 novembre 2021

La poesia di Attilio Bertolucci

 

Quando cominciai a conoscere la poesia di Attilio Bertolucci (Parma 1911 - Roma 2000), leggendo alcuni suoi versi presenti in varie antologie scolastiche e non, mi resi subito conto della differenza netta che caratterizzava il suo fare poetico rispetto a quello dei suoi coetanei e contemporanei. Ciò è stato riscontrato da tutti i lettori e i critici che hanno avuto la fortuna, come me, di approfondire la conoscenza di questo eccezionale poeta. In Poeti italiani del Novecento¹, il critico letterario Pier Vincenzo Mengaldo, dopo averlo definito "un isolato nel panorama contemporaneo" e dopo aver identificato una palese influenza che i suoi versi esercitarono su alcuni conterranei come Gaetano Arcangeli e Giorgio Bassani, afferma che Bertolucci trovò ispirazione basandosi molto sulla poesia italiana del primo Novecento e del secondo Ottocento, ovvero tenendo ben presenti i versi di Pascoli, Carducci e i crepuscolari; in minor misura, afferma sempre Mengaldo, il poeta emiliano mostra somiglianze con la poesia di alcuni anglosassoni ottocenteschi come Thomas Hardy, e di francesi come Toulet ed Apollinaire. Anche un altro critico: Gianni Pozzi, rintraccia alcuni elementi che avvicinano Bertolucci al poeta parigino; sempre Pozzi, come si nota in questo frammento tratto da La poesia italiana del Novecento, sottolinea la distanza totale da altri poeti italiani che nel terzo decennio del XX secolo andavano pubblicando memorabili opere in versi:


 Una poesia che sembra affidare ogni sua virtù alla sincerità e alla grazia affettiva del suo piccolo mondo, all'intimismo del suo modesto e cortese provincialismo, è quella di Attilio Bertolucci.

A compenso delle sue ridotte ambizioni, della limitatezza dei propositi che esprime, questa poesia ci dà un suono puro come quello di un vetro cristallino, purezza che era costituzionalmente negata alla ambiziosa ricerca lessicale di Quasimodo, o anche allo sperimentalismo centrifugo del primo Luzi².

 

Ma la strada anomala intrapresa dal giovane Bertolucci, fu seguita da altri e ben diversi (per età e formazione) poeti italiani che erano molto attivi in quel preciso periodo storico. Infatti, proprio in quegli anni alcuni "vecchi" come Ada Negri e Francesco Pastonchi, fecero uscire dei volumi di versi che mostrano delle caratteristiche non distanti dal modus poetandi dello scrittore parmense; c'è poi Umberto Saba, che a partire dal 1934 sembra prendere la medesima strada. Ricordo infine Giorgio Caproni: un altro ottimo poeta che iniziava a farsi notare proprio in quegli anni, con le sue prime pubblicazioni, distanti anni luce dall'ermetismo.

Al di là di questi discorsi, voglio dire che le poesie di Bertolucci mi piacquero immediatamente proprio per la semplicità, la schiettezza e la limpidezza che sapevano e sanno trasmettere. E nel panorama generazionale novecentesco, tra i suoi coetanei mi appariva - e tutt'ora mi appare - il più talentuoso. D'altra parte, quell'ermetismo così preponderante allora, si andò disgregando in breve tempo, e anche altri poeti (potrei citare Mario Luzi, Alessandro Parronchi e Leonardo Sinisgalli) intrapresero strade alternative alla corrente che dominò la scena poetica italiana negli anni '30 e '40 del XX secolo. Insomma, la poesia di Bertolucci, senza usare tante noiose parole, spicca perché non si rifà ad alcuna tendenza o moda: è soltanto autentica poesia, e per questo rimarrà immortale.

Ecco, infine, dopo l'elenco delle opere poetiche di Bertolucci, cinque sue liriche.

 

 

 

Attilio Bertolucci

 

 

"Sirio", Minardi, Parma 1929.

"Fuochi in novembre", Minardi, Parma 1934.

"La capanna indiana", Sansoni, Firenze 1951, 1955.

"Viaggio d'inverno", Garzanti, Milano 1971.

"La capanna indiana", Garzanti, Milano 1973 (3° ed. accresciuta).

"La camera da letto. Libro primo", Garzanti, Milano 1984.

"La camera da letto. Libro secondo", Garzanti, Milano 1988.

"Le poesie", Garzanti, Milano 1990.

"Verso le sorgenti del Cinghio", Garzanti, Milano 1993.

"La lucertola di Casarola", Garzanti, Milano 1997.

 

 

 


 

 

 

OTTOBRE

 

Sporge dal muro di un giardino

La chioma gialla di un albero.

 

Ogni tanto lascia cadere una foglia

Sul marciapiede grigio e bagnato.

 

Estasi, un sole bianco fra le nubi

Appare, caldo e lontano, come un santo.

 

Muto è il giorno, muta sarà la notte

Simile ad un pesce nell’acqua.

 

(da "Poesie", Garzanti, Milano 1990, p. 17)

 

 

 

 

 LA ROSA BIANCA

 

Coglierò per te

l'ultima rosa del giardino,

la rosa bianca che fiorisce

nelle prime nebbie.

Le avide api l'hanno visitata

sino a ieri,

ma è ancora così dolce

che fa tremare.

È un ritratto di te a trent'anni,

un po' smemorata, come tu sarai allora.

 

(da "Poesie", Garzanti, Milano 1992, p. 41)

 

 

 

 

O BRUNA VIOLETTA

 

O bruna violetta

giunta troppo presto fra noi

che ancora sui tetti

splende la neve fragrante...

 

Il sole inonda la città,

geme il violino e il debole tamburo

l'accompagna svogliato,

l'ora passa adagio, la gente se ne va.

 

(da "Poesie", Garzanti, Milano 1992, p. 81)

 

 

 

 

 GLI ANNI

 

Le mattine dei nostri anni perduti,

i tavolini nell'ombra soleggiata dell'autunno,

i compagni che andavano e tornavano, i compagni

che non tornarono più, ho pensato ad essi lietamente.

 

Perché questo giorno di settembre splende

così incantevole nelle vetrine in ore

simili a quelle d'allora, quelle d'allora

scorrono ormai in un pacifico tempo,

 

la folla è uguale sui marciapiedi dorati,

solo il grigio e il lilla

si mutano in verde e rosso per la moda,

il passo è quello lento e gaio della provincia.

 

(da "Poesie", Garzanti, Milano 1992, p. 101)

 

 

 

 

SOLO TU

 

Solo tu che lontano da noi

porti nelle calde sere

l'incanto orientale delle tue palpebre

e i fiori aromatici delle tue mani,

 

solo tu avresti potuto liberarmi

dalle braccia malefiche dei sogni

(essi stendono le loro ombre su di me

anche al di là delle notti).

 

Bastava che tu mi chiamassi per nome,

ma ecco tu stavi fra i sassi e le ginestre

nel vento del mattino,

ora ti baciavo, tu eri grave e muta.

 

(da "La lucertola di Casarola", Garzanti, Milano 1997, p. 12)

 

 

NOTE

1) "Poeti italiani del Novecento", a cura di Pier Francesco Mengaldo, Mondadori, Milano 1990, p. 568.

2) Gianni Pozzi, "La poesia italiana del Novecento: Da Gozzano agli Ermetici", Einaudi, Torino 1995, p. 327.

 

 

 

 

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