domenica 26 settembre 2021

Poeti dimenticati: Angelina Lanza

 

Nacque a Palermo nel 1879 e morì a Gibilmanna nel 1936. Poetessa, ma anche prosatrice (scrisse un diario struggente ed un romanzo), l'opera letteraria di Angelina Lanza risulta fortemente condizionata dall'intensa religiosità che le apparteneva e dai gravi lutti familiari che contraddistinsero la sua vita. Rimanendo nell'ambito poetico, si nota un'attenzione particolare per determinati argomenti: l'umanità sofferente, la bellezza della natura, la religione, gli affetti familiari e la nostalgia per l'età infantile. Allo stesso tempo si possono identificare i punti di riferimento che ebbe la poetessa siciliana, e che corrispondono ai nomi di Giacomo Zanella, Giovanni Pascoli, Vittoria Aganoor e Ada Negri. La sua raccolta più famosa: La fonte di Mnemosine, corrisponde anche alla sua ultima; in seguito, infatti, la scrittrice siciliana si sarebbe dedicata quasi esclusivamente alla prosa.

 

 

Opere poetiche

 

"Le rime dell'innocenza", Sandron, Milano-Palermo-Napoli 1903.

"La fonte di Mnemosine", Sandron, Palermo 1912.

 


 


Presenze in antologie

 

"La poesia italiana di questo secolo", a cura di Pietro Mignosi, Edizioni del Ciclope, Palermo 1929 (pp. 80-82).

"La nuova poesia religiosa italiana", a cura di Gino Novelli, La Tradizione, Palermo 1931 (pp. 175-179).

"Sicilia, poesia dei mille anni", a cura di Aldo Gerbino, Sciascia, Caltanissetta-Roma 2001 (pp. 368-369).

 

 

Testi

 

LA DEMENTE

 

La demente ci guarda: nel lento

occhio l'ombra del suo smarrimento

erra appena; un istante, vi tremola

il velo d'una lagrima.

 

Poi, d'un tratto, ritorna sereno

l'occhio, il viso: un sorridere pieno

di soave ignoranza, una trepida

grazia è sul viso pallido.

 

Viso pallido, bianchi capelli!

Ma i suoi labbri, i suoi labbri son quelli

d'una bimba; son tumidi, rosei,

freschi come due petali.

 

Sono labbri che ridono; e nulla

li convelle al singhiozzo. O fanciulla

in eterno! di quale tuo spasimo

vien questo riso placido?

 

Di che schianto restò questo flutto

blando e lieve? - Non sai; poi che tutto

deponesti il dolore, e se lagrimi

forse è beatitudine.

 

Ché tu, sola!, movesti a ritroso

nella vita, e il cuor tuo doloroso

arretrando toccò nella tènebra

le fonti alte dell'essere.

 

Ritrovasti l'antico rifugio

dell'infanzia; e ti piacque l'indugio

alle fonti onde sgorga la torbida

vita ed il sogno limpido.

 

Ma tu al sogno ti volgi: tergesti

il tuo pianto per sempre; mettesti

altre gemme. Carezzi la bambola,

sei novamente vergine.

 

(da "La fonte di Mnemosine", Sandron, Milano-Palermo-Napoli 1912, pp. 35-36)

 

 

 

 

AVVERTIMENTO

 

Non uccidere la formica

che va lenta per la tua via,

non esser tu, buona, nemica

al ramarro che fugge e spia,

 

non romper la zampa, non togliere l'ala

sottile al grillo, alla cicala.

 

Per un granello di frumento

trovato su l'orlo de l'aia,

non vedi che pena, che stento

ha la queta nera operaia?

 

Comincia coll'alba, finisce la sera,

spigolatrice e dispensiera.

 

Non vedi? il tuo sole godeva

il ramarro verde azzurrino,

ch'or dentro la tana solleva,

temendo, l'arguto capino:

 

ti dice: «mangiavo l'insetto nocivo;

abbi pietà, lasciami vivo.»

 

Non odi che fresco zampillo

di canto perenne nell'aria

vien da la cicala e dal grillo

per la campagna solitaria?

 

Se tu li tormenti per gioco e li uccidi,

chi canterà la nanna ai nidi?

 

(da "La fonte di Mnemosine", Sandron, Milano-Palermo-Napoli 1912, pp. 87-88)

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