Nacque a Palermo
nel 1879 e morì a Gibilmanna nel 1936. Poetessa, ma anche prosatrice (scrisse
un diario struggente ed un romanzo), l'opera letteraria di Angelina Lanza
risulta fortemente condizionata dall'intensa religiosità che le apparteneva e
dai gravi lutti familiari che contraddistinsero la sua vita. Rimanendo
nell'ambito poetico, si nota un'attenzione particolare per determinati
argomenti: l'umanità sofferente, la bellezza della natura, la religione, gli
affetti familiari e la nostalgia per l'età infantile. Allo stesso tempo si
possono identificare i punti di riferimento che ebbe la poetessa siciliana, e
che corrispondono ai nomi di Giacomo Zanella, Giovanni Pascoli, Vittoria
Aganoor e Ada Negri. La sua raccolta più famosa: La fonte di Mnemosine, corrisponde anche alla sua ultima; in
seguito, infatti, la scrittrice siciliana si sarebbe dedicata quasi
esclusivamente alla prosa.
Opere poetiche
"Le rime
dell'innocenza", Sandron, Milano-Palermo-Napoli 1903.
"La fonte di
Mnemosine", Sandron, Palermo 1912.
Presenze in
antologie
"La poesia
italiana di questo secolo", a cura di Pietro Mignosi, Edizioni del
Ciclope, Palermo 1929 (pp. 80-82).
"La nuova
poesia religiosa italiana", a cura di Gino Novelli, La Tradizione, Palermo
1931 (pp. 175-179).
"Sicilia, poesia dei mille anni", a cura di Aldo Gerbino, Sciascia, Caltanissetta-Roma 2001 (pp. 368-369).
Testi
LA DEMENTE
La demente ci
guarda: nel lento
occhio l'ombra
del suo smarrimento
erra appena; un
istante, vi tremola
il velo d'una
lagrima.
Poi, d'un tratto,
ritorna sereno
l'occhio, il
viso: un sorridere pieno
di soave
ignoranza, una trepida
grazia è sul viso
pallido.
Viso pallido,
bianchi capelli!
Ma i suoi labbri,
i suoi labbri son quelli
d'una bimba; son
tumidi, rosei,
freschi come due
petali.
Sono labbri che
ridono; e nulla
li convelle al
singhiozzo. O fanciulla
in eterno! di
quale tuo spasimo
vien questo riso
placido?
Di che schianto
restò questo flutto
blando e lieve? -
Non sai; poi che tutto
deponesti il
dolore, e se lagrimi
forse è
beatitudine.
Ché tu, sola!,
movesti a ritroso
nella vita, e il
cuor tuo doloroso
arretrando toccò
nella tènebra
le fonti alte
dell'essere.
Ritrovasti
l'antico rifugio
dell'infanzia; e
ti piacque l'indugio
alle fonti onde
sgorga la torbida
vita ed il sogno
limpido.
Ma tu al sogno ti
volgi: tergesti
il tuo pianto per
sempre; mettesti
altre gemme.
Carezzi la bambola,
sei novamente
vergine.
(da "La
fonte di Mnemosine", Sandron, Milano-Palermo-Napoli 1912, pp. 35-36)
AVVERTIMENTO
Non uccidere la
formica
che va lenta per
la tua via,
non esser tu,
buona, nemica
al ramarro che
fugge e spia,
non romper la
zampa, non togliere l'ala
sottile al
grillo, alla cicala.
Per un granello
di frumento
trovato su l'orlo
de l'aia,
non vedi che
pena, che stento
ha la queta nera
operaia?
Comincia
coll'alba, finisce la sera,
spigolatrice e
dispensiera.
Non vedi? il tuo
sole godeva
il ramarro verde
azzurrino,
ch'or dentro la
tana solleva,
temendo, l'arguto
capino:
ti dice:
«mangiavo l'insetto nocivo;
abbi pietà,
lasciami vivo.»
Non odi che
fresco zampillo
di canto perenne
nell'aria
vien da la cicala
e dal grillo
per la campagna
solitaria?
Se tu li tormenti
per gioco e li uccidi,
chi canterà la
nanna ai nidi?
(da "La
fonte di Mnemosine", Sandron, Milano-Palermo-Napoli 1912, pp. 87-88)
Nessun commento:
Posta un commento