Poeticamente
parlando, il nome di Costanzo Gazzera è legato ad un solo volumetto di versi,
intitolato Dall'anima. Ricordi e Sogni.
Questo libriccino fu pubblicato dall'editore Streglio di Torino nel 1898. Ora,
rimane difficile stabilire chi sia Costanzo Gazzera; mi sembra improbabile
infatti che si tratti del famoso archeologo italiano nato a Bene Vagienna nel
1778 e morto a Torino nel 1859; ed è improbabile sia per il fatto che,
nell'anno in cui uscì questo volumetto, costui fosse scomparso da ben quarant'anni,
ma anche perché, leggendo i versi della raccolta, ci si accorge che
appartengono ai tempi in cui il libro andò alle stampe, e non possono essere
stati scritti mezzo secolo prima. Questa tesi è confermata anche dal sito Internet Culturale, in cui è possibile
consultare i cataloghi delle più o meno grandi biblioteche italiane, e che,
nella scheda del libro in questione, aggiunge al nome di Costanzo Gazzera la
dicitura: "omonimi non identificati". Dato quindi per certo che si
tratta di omonimia, mi preme aggiungere che questi pochi versi furono scritti
da un eccellente poeta, e che il volumetto, nel periodo in cui fu pubblicato,
venne segnalato da alcune riviste importanti. La raccolta Dall'anima (Ricordi e sogni
è il sottotitolo) si compone di 27 poesie, racchiuse in 56 pagine. Dopo il
preambolo: tre sonetti preceduti dalla dicitura Alla memoria de' miei fratelli DOMENICO ed ONORATO, seguono tre
sezioni intitolate rispettivamente: IL DRAMMA, TRISTE ANIMA e LE CONSOLATRICI
DELLA VITA. Leggendo tutte le poesie, ciò che emerge maggiormente è un senso di
profonda tragicità - dovuto anche alle dolorose esperienze personali - e un
saldo legame familiare; non è un caso che in molte di queste poesie i
protagonisti siano i parenti più stretti del poeta. Quest'ultimo elemento (ma
anche il primo è pertinente) avvicina decisamente il Gazzera alla poetica di
Giovanni Pascoli, ed in particolare ai temi della raccolta Myricae, che proprio
in quegli anni veniva pubblicato dal poeta romagnolo, con edizioni nuove e
arricchite di ulteriori versi. Un altro elemento che si nota chiaramente è un
frequente riferimento all'acqua, che quasi sempre è collegata alla morte (nella
poesia Il gorgo, per esempio, si
parla di un tragico evento che coinvolse due giovinetti). Infine, soprattutto
nelle ultime liriche, il Gazzera pone in risalto le figure femminili, siano
esse vere (la sorella, la madre e la sposa), siano immaginarie o leggendarie
(Ofelia, l'amante e la musa); tutte quante o quasi, vengono incluse nella terza
sezione che porta un titolo molto simile a quello di una raccolta di Giovanni
Alfredo Cesareo, ma che non credo possa avere avuto alcuna influenza sul
Gazzera. Ricordo infine che, a quanto ne so, altri due sonetti del medesimo
autore, esclusi da questa raccolta, furono pubblicati nel medesimo anno della
sua uscita, ovvero nel 1898, dalla Gazzetta
letteraria. Dopo Dall'anima, di
Costanzo Gazzera non si seppe più nulla, e nemmeno si è mai saputo se questo
fosse il suo vero nome o soltanto uno pseudonimo (forse proprio questo elemento
fece sì che in molti ritennero l'archeologo scomparso da quarant'anni quale
autore di questi versi). Chiudo riportando due fra le migliori poesie tratte da
Dall'anima.
L'ANIMA
L'azzurro, la
porpora e l'oro
distendon lor
riso nei cieli
con mutevol
vicenda:
poi tendono
lividi veli
le nubi,
chiudenti tremenda
ruina in lor
seno.
Poi migran pel
cielo sereno,
com'esili fiocchi
di lana,
candidi cirri a
schiere:
fioriscon nel
cielo una vana
vicenda di mostri
e chimere
le nubi
dileguanti.
Un lembo dei
cieli cangianti
io penso esser
l'anima, gioia
del sole a quando
a quando.
Poi nubi vi tende
la noia,
e nembi il
dolore: migrando
sempre passano i
sogni.
(da
"Dall'anima. Ricordi e sogni", Streglio, Torino 1898, p. 27)
L'AMANTE
Da la mia fronte,
o Amica ignota ancora,
tu con le dita
tremule trarrai
la invisibil
ghirlanda, ond'ebbi assai
spine al cervel
che tutto ne dolora.
Io avrò ne gli
occhi una novella aurora,
la bella luce
ch'io non vidi mai...
O qual corona al
capo mio darai
tutta di sogni, o
Amica ignota ancora?
Ecco, tra il vel
di lagrime che gli occhi
lucido offusca,
or io ti vedo, o Ignota,
che me, me chiami
alla novella via:
e mi par che una
dolce melodia
lenta mi giunga,
pallida, remota...
O fantasma, ecco,
a te piego i ginocchi.
(da
"Dall'anima. Ricordi e sogni", Streglio, Torino 1898, p. 52)
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