domenica 5 settembre 2021

"Dall'anima. Ricordi e sogni" di Costanzo Gazzera

 

Poeticamente parlando, il nome di Costanzo Gazzera è legato ad un solo volumetto di versi, intitolato Dall'anima. Ricordi e Sogni. Questo libriccino fu pubblicato dall'editore Streglio di Torino nel 1898. Ora, rimane difficile stabilire chi sia Costanzo Gazzera; mi sembra improbabile infatti che si tratti del famoso archeologo italiano nato a Bene Vagienna nel 1778 e morto a Torino nel 1859; ed è improbabile sia per il fatto che, nell'anno in cui uscì questo volumetto, costui fosse scomparso da ben quarant'anni, ma anche perché, leggendo i versi della raccolta, ci si accorge che appartengono ai tempi in cui il libro andò alle stampe, e non possono essere stati scritti mezzo secolo prima. Questa tesi è confermata anche dal sito Internet Culturale, in cui è possibile consultare i cataloghi delle più o meno grandi biblioteche italiane, e che, nella scheda del libro in questione, aggiunge al nome di Costanzo Gazzera la dicitura: "omonimi non identificati". Dato quindi per certo che si tratta di omonimia, mi preme aggiungere che questi pochi versi furono scritti da un eccellente poeta, e che il volumetto, nel periodo in cui fu pubblicato, venne segnalato da alcune riviste importanti. La raccolta Dall'anima (Ricordi e sogni è il sottotitolo) si compone di 27 poesie, racchiuse in 56 pagine. Dopo il preambolo: tre sonetti preceduti dalla dicitura Alla memoria de' miei fratelli DOMENICO ed ONORATO, seguono tre sezioni intitolate rispettivamente: IL DRAMMA, TRISTE ANIMA e LE CONSOLATRICI DELLA VITA. Leggendo tutte le poesie, ciò che emerge maggiormente è un senso di profonda tragicità - dovuto anche alle dolorose esperienze personali - e un saldo legame familiare; non è un caso che in molte di queste poesie i protagonisti siano i parenti più stretti del poeta. Quest'ultimo elemento (ma anche il primo è pertinente) avvicina decisamente il Gazzera alla poetica di Giovanni Pascoli, ed in particolare ai temi della raccolta Myricae, che proprio in quegli anni veniva pubblicato dal poeta romagnolo, con edizioni nuove e arricchite di ulteriori versi. Un altro elemento che si nota chiaramente è un frequente riferimento all'acqua, che quasi sempre è collegata alla morte (nella poesia Il gorgo, per esempio, si parla di un tragico evento che coinvolse due giovinetti). Infine, soprattutto nelle ultime liriche, il Gazzera pone in risalto le figure femminili, siano esse vere (la sorella, la madre e la sposa), siano immaginarie o leggendarie (Ofelia, l'amante e la musa); tutte quante o quasi, vengono incluse nella terza sezione che porta un titolo molto simile a quello di una raccolta di Giovanni Alfredo Cesareo, ma che non credo possa avere avuto alcuna influenza sul Gazzera. Ricordo infine che, a quanto ne so, altri due sonetti del medesimo autore, esclusi da questa raccolta, furono pubblicati nel medesimo anno della sua uscita, ovvero nel 1898, dalla Gazzetta letteraria. Dopo Dall'anima, di Costanzo Gazzera non si seppe più nulla, e nemmeno si è mai saputo se questo fosse il suo vero nome o soltanto uno pseudonimo (forse proprio questo elemento fece sì che in molti ritennero l'archeologo scomparso da quarant'anni quale autore di questi versi). Chiudo riportando due fra le migliori poesie tratte da Dall'anima.

 

 

 


 

 

 

L'ANIMA

 

L'azzurro, la porpora e l'oro

distendon lor riso nei cieli

con mutevol vicenda:

poi tendono lividi veli

le nubi, chiudenti tremenda

ruina in lor seno.

 

Poi migran pel cielo sereno,

com'esili fiocchi di lana,

candidi cirri a schiere:

fioriscon nel cielo una vana

vicenda di mostri e chimere

le nubi dileguanti.

 

Un lembo dei cieli cangianti

io penso esser l'anima, gioia

del sole a quando a quando.

Poi nubi vi tende la noia,

e nembi il dolore: migrando

sempre passano i sogni.

 

(da "Dall'anima. Ricordi e sogni", Streglio, Torino 1898, p. 27)

 

 

 

 

L'AMANTE

 

Da la mia fronte, o Amica ignota ancora,

tu con le dita tremule trarrai

la invisibil ghirlanda, ond'ebbi assai

spine al cervel che tutto ne dolora.

 

Io avrò ne gli occhi una novella aurora,

la bella luce ch'io non vidi mai...

O qual corona al capo mio darai

tutta di sogni, o Amica ignota ancora?

 

Ecco, tra il vel di lagrime che gli occhi

lucido offusca, or io ti vedo, o Ignota,

che me, me chiami alla novella via:

 

e mi par che una dolce melodia

lenta mi giunga, pallida, remota...

O fantasma, ecco, a te piego i ginocchi.

 

(da "Dall'anima. Ricordi e sogni", Streglio, Torino 1898, p. 52)

 

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