La nebbia, come è facile immaginare, simboleggia assai frequentemente uno stato di incertezza e di indeterminatezza che può anche trasformarsi in confusione totale; esprime, soprattutto pensando ad alcuni poeti crepuscolari, una realtà per nulla chiara né rassicurante, bensì grigia, al limite della tetraggine. Ma la nebbia può avere anche altri significati; per esempio, in una delle poesie più note di Giovanni Pascoli, la vita appare come una valle sommersa da una nebbia fitta, che impedisce di vedere in modo nitido qualunque cosa circostante, e quindi permette soltanto d'intuire o d'interpretare soggettivamente ciò che è lì intorno; insomma, l'esistenza equivale a questo paesaggio indefinito e misterioso, di cui si sa poco o nulla e di cui poco o nulla possiamo dire.
Poesie sull'argomento
Sandro Baganzani:
"Nella nebbia" in "Senzanome" (1924).
Pompeo Bettini:
"Nel vel di una nebbia che bagna"
in "Versi e acquerelli" (1887).
Francesco Cazzamini
Mussi: "Nebbie" in "I Canti dell'adolescenza (1904-1907)"
(1908).
Ida Finzi: "A
Miramar d'ottobre" in "Poesia", agosto 1908.
Diego Garoglio:
"Nebbia d'autunno" in "Sul bel fiume d'Arno" (1912).
Ugo Ghiron:
"Nella bruma" in "Poesie (1908-1930)" (1932).
Giulio Gianelli:
"Nebbia" in «Gazzetta del Popolo della Domenica», agosto 1900.
Marino Marin: "Quando a l'alito fosco..." in
"Sonetti secolari" (1896).
Pietro Mastri:
"Effetti di nebbia" in "La Meridiana" (1920).
Nino Oxilia: "La nebbia fascia la città..." in
"Canti brevi" (1909).
Aldo Palazzeschi:
"Diaframma di evanescenze" in "I cavalli bianchi" (1905).
Aldo Palazzeschi:
"Festa grigia" in "Lanterna" (1907).
Giovanni Pascoli:
"Nebbia" in "Canti di Castelvecchio" (1903).
Giovanni Pascoli:
"Nella nebbia" in "Poemetti" (1900).
Giacinto Ricci
Signorini: "A grandi ondate i venti
furiosi" in "Poesie e prose" (1903).
Ceccardo
Roccatagliata Ceccardi: "Motivo grigio" in «Svegliarino», agosto
1897.
Agostino John
Sinadinò: "Succube, dal volto delle
acque..." in "La Festa" (1900).
Testi
NEL VEL DI UNA NEBBIA
CHE BAGNA
di Pompeo Bettini
Nel vel di una nebbia che bagna
vedemmo morir la
campagna
divisa in rettangoli a prati
da file di salci
spogliati.
Le foglie cadute dai rami
gremivan di mesti
ricami
la terra, e marcivano in pace;
o volte in un giallo
vivace
pezzavano gli alberi in guazzo
e avevano il rider
d'un pazzo.
Al fischio di sciocco tranello
volava a riprese un
uccello.
Pioveva col crescer del giorno
e noi volgevamo al
ritorno,
bagnata di nebbia la fronte,
guardando l'angusto
orizzonte,
la sola unità di misura
d'un piano di morta
natura.
(da "Versi e
acquerelli")
NELLA NEBBIA
di Giovanni Pascoli
E guardai nella
valle: era sparito
tutto! sommerso! Era
un gran mare piano,
grigio, senz'onde,
senza lidi, unito.
E c'era appena, qua e
là, lo strano
vocio di gridi
piccoli e selvaggi:
uccelli spersi per
quel mondo vano.
E alto, in cielo,
scheletri di faggi,
come sospesi, e sogni
di rovine
e di silenziosi
eremitaggi.
Ed un cane uggiolava
senza fine,
né seppi donde, forse
a certe péste
che sentii né lontane
né vicine:
eco di péste ne tarde
né preste,
alterne, eterne. Ed
io laggiù guardai:
nulla ancora e
nessuno, occhi, vedeste.
Chiesero i sogni di
rovine: Mai
non giungerà? Gli
scheletri di piante
chiesero: E tu chi
sei, che sempre vai?
Io, forse, un'ombra
vidi, un'ombra errante
con sopra il capo un
largo fascio. Vidi,
e più non vidi, nello
stesso istante.
Sentii soltanto
gl'inquieti gridi
d'uccelli spersi,
l'uggiolar del cane,
e, per il mar
senz'onde e senza lidi,
le péste né vicine né
lontane.
(da "Poemetti")
Claude Monet, "Houses of Parliament in the Fog" (da questa pagina web) |
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