Signore: è tempo. Grande era l'arsura.
Deponi l'ombra sulle
meridiane,
libera il vento sopra
la pianura.
Fa' che sia colmo
ancora il frutto estremo;
concedi ancora un
giorno di tepore,
che il frutto giunga
a maturare, e spremi
nel grave vino
l'ultimo sapore.
Chi non ha casa
adesso, non l'avrà.
Chi è solo, a lungo
solo dovrà stare,
leggere nelle veglie,
e lunghi fogli
scrivere, e incerto
sulle vie tornare
dove nell'aria
fluttuano le foglie.
Questi versi sono del
poeta Rainer Maria Rilke (Praga 1875 - Les Planches 1926), e li ho trascritti dall'
antologia Poeti del Novecento italiani e
stranieri, curata da Elena Croce e pubblicata a Torino dall'editore Einaudi
nel 1960. Più precisamente la poesia si trova alla pagina 474 nella versione in
lingua tedesca (vedi la foto in alto) e alla pagina seguente nella traduzione
in italiano di Giaime Pintor (Roma 1919 - Castelnuovo al Volturno 1943).
L'argomento, come si capisce facilmente, è l'autunno; nella prima
parte il poeta compone una sorta di preghiera in versi, implorandolo il Signore
a far sì che la nuova stagione sia clemente e conceda agli uomini la
possibilità di ottenere i massimi risultati dalle attività agricole connesse
con il periodo autunnale: maturazione e raccolta dei frutti, vendemmia e
semina. Quindi il poeta si lascia andare a meditazioni che mostrano un
pessimismo senza scampo. Gli ultimi tre versi, che potrebbero essere collegati
al precedente, in cui si evidenzia uno stato di solitudine permanente e
forzata, sembrano descrivere le attività giornaliere del poeta stesso, compresa
quell'incertezza del vivere accentuata da un senso profondo di caducità, simboleggiato dalle foglie fluttuanti lungo le vie: tipicità di paesaggi che è
facilissimo osservare nella stagione autunnale, sia in città che in campagna.
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