domenica 6 settembre 2020

La navigazione nella poesia italiana decadente e simbolista

 È questo uno degli argomenti più cari e maggiormente sfruttati dai poeti italiani che si possono identificare nell'area del decadentismo e del simbolismo. La navigazione ovviamente si svolge sempre sulle acque che, molto spesso, sono quelle del mare; non sono però rare le volte in cui ci si trova in presenza di fiumi o di laghi (e a questi precisi contesti di cui mi sono già occupato in passato, rimando coloro che volessero avere ulteriori informazioni). Ciò che colpisce il lettore imbattutosi nei versi che trattano di navigazioni, è il cospicuo numero di imbarcazioni che vengono citate, e che divengono protagoniste di composizioni poetiche assai fantasiose. Le barche a vela compaiono in maggior numero, e i colori delle vele, spesso diversi e opposti, divengono altamente simbolici. In alcuni casi le barche si trovano sulla riva e risultano abbandonate evidenziando un'immagine di tristezza, sconfitta e rassegnazione. I naviganti, siano essi al timone o semplici passeggeri, molto spesso son tutt'uno con le anime dei poeti; e altrettanto spesso la navigazione che compiono è piena di difficoltà, di incognite ma, anche, di speranze; quest'ultime sono legate alla meta, che nei desideri e nei sogni dei viaggiatori corrisponde all'agognata visione di una terra simile al paradiso o ad un Eldorado che a sua volta può simboleggiare diverse cose (una donna, un ideale, la felicità eccetera). Però questa navigazione può dimostrarsi ancor più incerta, obbligata e senza alcuna meta, o verso qualcosa che non è ben definito e che potrebbe essere anche la Morte. Ma la navigazione, a volte, termina improvvisamente e drammaticamente, a causa di un naufragio, e sono i poeti più pessimisti che citano e descrivono queste situazioni estreme; qui, ovviamente, l'imbarcazione che va a fondo rappresenta spesso la fine delle speranze stesse o la perduta fede in qualcosa. Ma ci sono anche delle poesie in cui viene esaltata la navigazione in se stessa; in questi casi il viaggio attraverso il mare rappresenta tutto ciò che di bello e di buono si può desiderare, e il poeta lo può fare in compagnia di un'anima gemella, provando il massimo dell'assuefazione fisica e mentale. C'è infine chi si rifà alla storia del famigerato "Vascello fantasma" e in questo caso, ovviamente, vi sono evidenti riferimenti alla leggendaria saga dell'Olandese volante: personaggio romantico, condannato a navigare nei mari più burrascosi per l'eternità.

 

 

 

 

Poesie sull'argomento

 

Mario Adobati: "Il traghetto" e "Bonaccia" in "I cipressi e le sorgenti" (1919).

Gustavo Botta: "Partono i navigatori..." in "Alcuni scritti" (1952).

Ricciotto Canudo: "La vela de la piccola paranza" e "Strano. La vista di una nave mi ha fatto trasalire" in "Piccole Anime senza corpo" (1898).

Luigi Capuana: "Ad una barca" in "Semiritmi" (1888).

Enrico Cavacchioli: "Il timoniere" e "I naviganti" in "Le ranocchie turchine" (1909).

Guelfo Civinini: "L'asilo" in "L'Urna" (1900).

Arturo Colautti: "Il faro" e "La pesca" in "Canti virili" (1896).

Sergio Corazzini: "La nave" in "Marforio", giugno 1903.

Guglielmo Felice Damiani: "Naufragio" in "Lira spezzata" (1912).

Adolfo De Bosis: "Tu navigherai senza posa..." e "Io mi son un..." in "Amori ac Silentio e Le rime sparse" (1914).

Federico De Maria: "La canzone della vela" in "La Leggenda della Vita" (1909).

Eugenio Gara: "Fantasia della vela bianca" in "Antologia della Diana" (1918).

Luisa Giaconi: "La prora" in «Il Marzocco», gennaio 1897.

Giacomo Gigli: "Calma" e "Brigantino" in "Maggiolata" (1904).

Arturo Graf: "La nave tra' ghiacci" e "Giunge il nocchier funereo" in "Dopo il tramonto" (1893).

Arturo Graf: "La vela" in "Le Rime della Selva" (1906).

Luigi Gualdo: "La barca" in "Le Nostalgie" (1883).

Giuseppe Lipparini: "Isolda" in "Le foglie dell'alloro. Poesie (1898-1913)" (1916).

Giuseppe Lipparini: "Traghetto" in "Stati d'animo e altre poesie" (1917).

Gian Pietro Lucini: "I Naviganti" in "Il Libro delle Figurazioni Ideali" (1894).

Olindo Malagodi: "Rimembranza" in "Poesie vecchie e nuove (1890-1915)" (1928).

Pietro Mastri: "Il vascello fantasma (Luna nuova)" in "L'arcobaleno" (1900)

Pietro Mastri: "La nave" in "La fronda oscillante" (1923).

Ettore Moschino: "La felicità" in "I Lauri" (1908).

Domenico Oliva: "Nel porto" in "Poesie" (1889).

Angiolo Orvieto: "Anelito" in "La Sposa Mistica. Il Velo di Maya" (1898).

Nino Oxilia: "Le mie brame nel porto a naufragare" in "Canti brevi" (1909).

Aldo Palazzeschi: "La lancia" in "I cavalli bianchi" (1905).

Aldo Palazzeschi: "Vela lontana" in "Lanterna" (1907).

Francesco Pastonchi: "Il pilota dorme" in "Il pilota dorme" (1913).

Guido Ruberti: "Il faro" in "Le Evocazioni" (1909).

Antonio Rubino: "Vascello fantasma" in "Versi e disegni" (1911).

Angelo Toscano: "I Poeti" in "Il Libro dei Venti anni" (1900).

Alessandro Varaldo: "La Gondola dal Letto di Rose" in "Il 1° libro dei trittici" (1897).

Alessandro Varaldo: "La lancia arranca audacemente..." in "Marine liguri" (1898).

Remigio Zena: "Negra notte profonda" in "In yatch da Genova a Costantinopoli" (1887).

 

 

 

 

Testi

 

I NAVIGANTI

di Gian Pietro Lucini

 

Videro le Galee rider dal mare

oltre le Sirti Aurora, e cristallina

Morgana materiar palazzi ed are:

carche d'oro ad Ophir, d'argenti a Cina,

d'issopo e mirra in Asia e di più rare

glossopetre a Zabarca, alla marina

secreta dei miraggi a riposare

le carene fermâr. Cantar l'Ondina

 

al ritmo lento del grave Oceano

udì 'l nocchiero e novellar di Fate,

mentre, ardito nel cuor più non umano,

sorgeva il desiderio d'insperate

ebrietà di conquiste e d'un arcano

veleggiar per region' non pria tentate.

 

E ancora e sempre veleggiò penando

l'acque dei Sogni audace la Galea:

e ancora e sempre il cuor sale sperando

e arriva a te, Fatale Madre e Dea.

 

(da "Il Libro delle Figurazioni Ideali", Galli di Chiesa e Guindani, Milano 1894, pp. 56-57)

 

 

 

 

LA VELA DE LA PICCOLA PARANZA...

di Ricciotto Canudo

 

La vela de la piccola paranza, si ergeva biancheggiante ne la notte lunare.

Io la guardava come un fantasma che menasse la barca ad una meta misteriosa.

Così ho visto il Sogno eretto su la mia Anima. Ma la notte è illune. Ed il mare, su cui naviga la mia Anima, non è calmo; ma infestato di Najadi e di Mostri atroci, che tormentano la mia piccola nave...

 

(da "Piccole anime senza corpo", Barboni, Castrocaro 1898, pp. 16-17)



Odilon Redon, "The Barque"
(da questa pagina web)



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