Pur non avendo mai visitato Venezia - e me ne vergogno - considero la città lagunare tra le più belle, misteriose, e affascinanti del mondo intero. In verità, per affermare ciò, mi è bastato semplicemente vedere centinaia (per non dire migliaia) di immagini che la raffigurano: già queste infatti mi sono sufficienti per capire la grandezza e l'unicità di Venezia. In aggiunta, sono rimasto letteralmente incantato da una serie di capolavori artistici che hanno, al centro dell'attenzione, proprio il capoluogo veneto. Penso che Venezia superi di gran lunga, per fascino e per numero di capolavori, altre città europee che potrebbero assomigliare a lei, come Bruges o Amsterdam. Se dovessi fare una classifica delle città più belle del mondo, non avrei dubbi a inserire Venezia tra le prime dieci (e sicuramente non sarei il solo). A proposito di dieci, passando ora alle dieci poesie dedicate a Venezia che di seguito riporto, devo dire che ho scelto, per rappresentare in versi questa magnifica città, due poeti nati nella stessa, tre che videro la luce all'interno della regione Veneto e i restanti cinque di provenienza varia, ma tutti rigorosamente italiani. Il secolo in cui questi versi nacquero e furono pubblicati è, come al solito direi, il Novecento, per motivi che riguardano una preferenza ed una conoscenza personali; d'altronde so bene che non sono poche le belle poesie dedicate a Venezia, scritte e pubblicate nei secoli che precedono quello che ho scelto. Volendo dire qualche parola a proposito dei testi poetici, aggiungo che c'è chi loda la caratteristica calma delle strade e delle piazze di Venezia; chi la osserva in determinate stagioni (primavera e autunno) che evidenziano in misura maggiore la sua eccezionalità; chi fa riferimento alla sua lunga e gloriosa storia; chi elenca i colori che più colpiscono l'occhio del visitatore; chi è attratto dalle voci e dal dialetto degli abitanti; chi si sofferma a guardare le immancabili e affascinanti gondole che attraversano i canali cittadini... ma un po' tutti rimangono semplicemente estasiati di fronte alla bellezza del luogo, che ha caratteristiche uniche, assenti in qualunque altro posto del mondo. Evviva Venezia.
VENEZIA IN 10
POESIE DI 10 POETI ITALIANI DEL XX SECOLO
CITTÀ UMANA E
LIEVE
di Giulio Alessi
(Padova 1916 - ivi 1971)
Ti sento umana e
lieve, città di lenti canali
ai motoscafi
blandi, traghetti soavi
e gondole
affettuose. Quasi musica nata
dal dolore,
aperta alla dolcezza delle case
immerse nelle
care acque,
una stanca
saggezza è nei sussurri
del popolo
scaltro che si mesce
la luce nei
bicchieri e sulle rive il pane
bianco raccoglie,
amico ai dolci azzurri
della sera,
inquieti al cuore e cari
per il bastimento
lieto che arriva.
Nella tua ombra
stringe un desiderio
di fuga che
volteggia nelle vele:
ma poi sui
vaporetti bianchi gli uomini
offrono la grazia
del dialetto
alla nuvola di
fumo che si spande
hanno un cuore
che batte ad ogni pena,
città domenicale.
Si torna a te
e si resta
volentieri come le lampadine
in fila sopra
l'acqua invitano al conforto
dell'amore,
perché qui la presenza
non è mai
solitaria
se a spartire il
peso della vita
sono tutti
gentili.
(da "Le
poesie", Mursia, Milano 1986, p. 478)
SETTEMBRE A
VENEZIA
di Vincenzo
Cardarelli (Corneto Tarquinia 1887 - Roma 1959)
Già di settembre
imbrunano
a Venezia i
crepuscoli precoci
e di gramaglie
vestono le pietre.
Dardeggia il sole
l'ultimo suo raggio
sugli ori dei
mosaici ed accende
fuochi di paglia,
effimera bellezza.
E cheta, dietro
le Procuratìe,
sorge intanto la
luna.
Luci festive ed
argentate ridono,
van discorrendo
trepide e lontane
nell'aria fredda
e bruna.
Io le guardo ammaliato.
Forse più tardi
mi ricorderò
di queste grandi
sere
che son leste a
venire,
e più belle, più
vive le lor luci,
che ora un po' mi
disperano
(sempre da me
così fuori e distanti!)
torneranno a
brillare
nella mia
fantasia.
E sarà vera e
calma
felicità la mia.
(da
"Opere", Mondadori, Milano 1993, p. 44)
TRA I CAVALLI DI
SAN MARCO
di Giovanni
Chiggiato (Venezia 1876 - ivi 1923)
Salgano i sogni
nostri con giocondo
impeto in groppa
ai magici corsieri:
bronzi memori
degli antichi imperi
traeteci a
galoppo per il mondo!
Piazza San Marco
par quasi un profondo
lago di sol:
s'annegano i pensieri
Vostri, e i belli
occhi pieni di misteri,
in un mare di
luce, e il crine biondo.
Oggi non un dolor
tragico come
ieri e sempre a
la Vostra anima incombe!
io Vi guardo
poggiata a la colonna.
Il sol dà lampi
tra le Vostre chiome
e ai vostri piedi
volan le colombe:
quanta bellezza
in Voi, bionda Madonna!
(da "La
dolce stagione", Streglio, Torino 1901, p. 57)
DIARIO DI VENEZIA
di Beniamino Dal
Fabbro (Belluno 1910 - Milano 1989)
Era un rosato
pesce-luna, ai sogni
di me fanciullo,
la sua pianta immersa
in un celeste che
di vene tutta
la percorreva. Al
Ponte dei Sospiri
inventavo una
rissa di pugnali
improvvisi alla
luna, tra i discosti
mantelli e il fischio
basso del sicario
scampato in barca
verso il Brenta, a un legno
con altissime
ruote, che dilegua
per la strada di
Padova; lo squero
di San Trovaso
dava pece e legno
ai miei battelli
immaginari, in voga
per isole di
frati; nei giardini
ermi della Giudecca
una pisana
amavo, una
fanciulla-donna... So
ora che tal
Venezia era di tutti
una Venezia, non
la mia, patita
città che
persuade ai suoi canali
con gradini
verdastri e in grami odori
marcisce a sera,
frantumato corpo
di pietra e
muschio; ora ben so il suo volto
d'azzurro e di
buio, i marinai tedeschi
che si baciano
stretti a una colonna
delle Procuratìe,
a un fil di valzer
che dal Lavena
sgorga; nel mattino
so i velivoli
alti, con la gente
che ìlare li
guarda come quando
la regata rapisce
i cuori al volo
dei remi
scintillanti... e una Pisana
che altera e
inerme mi dona in segreto
con le tenui
mammelle luminose
il miele di
Bisanzio.
(da "Gli
orologi del Cremlino", Neri Pozza, Venezia 1959, pp. 15-16)
PRIMAVERA A
VENEZIA
di Manlio Dazzi
(Parma 1891 - Padova 1968)
La primavera
venuta col vento
getta all'aria
Venezia. (D'un tratto
una bambina s'è
messa a saltare
le ginocchia di
rosa scoperte,
la corda segna il
grande arco del cielo.)
Le facciate
leggiere sghimbesce,
rari tappeti
distesi nel sole
da spalancati
balconi d'aprile.
(Un che di biondo
le sventola al viso.)
Non c'è altro
legno che possa fiorire,
ma questi di
barche alla riva
sono gonfi
d'antica
tenerezza
improvvisa di gemme.
(Nell'arco teso
affannosa rimbalza
la filastrocca.
Col vento
fugge l'ora
beata.)
L'acqua, un grido
d'azzurro.
(da
"Stagioni", Mondadori, Milano 1969, p. 92)
RIVA DEGLI
SCHIAVONI
di Ugo Ghiron
(Roma 1876 - ivi 1952)
Fruscìo
d'invisibile gondola
(o è il lento
sciacquare
del mare?)...
Il vasto brusìo
della riva
già tacque.
Di lumi trapunta
- distesa di
torri e di cupole
che immensa
galleggia -
nereggia
nel pallido
albore lunare
Venezia
sull'acque.
Non voce!
Non c'è che il
fruscìo
di quella
invisibile gondola,
che il fiacco
sciacquare
del mare.
Ed ecco sul mare,
d'un tratto,
remota,
sperduta, una
nota...
Un'altra...
Un canto leggero
che s'alza,
sì vago e
sommesso
che par della
notte
la voce, che
lento
oscilla e si
culla nel vento.
Oscilla, ecco, e
balza
più acuto, d'un
tratto, nel cielo.
E tutto
n'è pieno e sussulta
il cielo un
istante! Ma già
si copre la voce
d'un velo
di lacrime...
Piange,
implora, singulta
il canto, più
lento, più piano.
Lontano
si frange...
Muor l'ultima
nota
nel colpo
(o è il lento
fruscìo d'una gondola?)
dell'acqua
che sciacqua.
[da "Poesie
(1908-1930)", Sandron, Palermo 1932, pp. 45-46]
VENEZIA E IL
MONDO
di Guido Marta
(Venezia 1889 - Treviso 1960)
Il mondo è,
forse, tutto come questa
Città, co' suoi
canali, con le calli
vigilate agli
svolti da occhi gialli
di fanali e di
gatti alla finestra?
Ma forse il mondo
è quello, che divide
da noi questo
cancello, a cui m'addosso
per raccogliere
in me quanto più posso
il gran sogno di
verde che m'irride.
Ma forse il mondo
è bello è grande è vario
con le sue
scarrozzate d'allegria,
e non somiglia
certo a questa via
tacita, come un
vico circondario.
Tacita e buia, sì
che chi s'affaccia
sopra un ponte,
dall'ansia, a um tratto, è colto
di rivolgere al
sole un altro volto
e di tendergli il
cuore con le braccia.
(da "La neve
in giardino", Il Giornale dell'Isola Letterario", Catania 1922)
VENEZIA
di Aldo
Palazzeschi (Firenze 1885 - Roma 1974)
Acquamarina
cèrula
berillo verde
azzurrognolo
crisòlito di
color verde
con qualche ombra
di giallo
spinello rosso e
roseo
malachite
lapislazzuli diaspro sanguigno
cornalina
giacinto occhio di gatto
eliotropio
diamante corallo
opale iridescente
calcedonio appena
rosso
balascio rosso
carico
onice negra
screziata di opalino
corindone
sardonica crisopazio
granato molto
lucente
ametista topazio
smeraldo rubino
turchina zaffìro
e sotto cupole
d'oro massiccio
tre festoni di
perle
oro oro oro
oro...
(da "Tutte
le poesie", Mondadori, Milano 2002, p. 810)
NOTTE VENEZIANA
di Francesco
Pastonchi (Riva Ligure 1874 - Torino 1953)
Mio desiderio
vestito di nero
con una gran gala
di seta, chi
ti sciolse in
quella folle notte? Schiavi
d'oriente carichi
di profumi
per te
riapprodavano a San Marco:
per te sfarzo di
luminarie in piazza
e gran
ricevimento dava il doge
a re e principi
di tutta la terra.
Ma tu obliquavi
per calli e campielli
misteriosamente
fuggitiva,
mio desiderio
vestito di nero.
(da
"Endecasillabi", Mondadori, Milano 1949, p. 76)
PRIMAVERA DI
VENEZIA
di Diego Valeri
(Piove di Sacco 1887 - Roma 1976)
Senti, sotto la
pietra, il soffocato
fremito della
terra che formicola
di giovani
violenze prigioniere?
Senti il respiro
immenso che solleva
i palazzi, le
cupole, le altane
più verso il
cielo, e in cielo avventa cumuli
di nuvole
d'argento, apre ferite
di luce azzurra,
viva come sangue?...
O primavera che
non puoi fiorire
in petali di
pèsco, luccicare
in filo d'erba,
bevere nell'aria
per mille bocche
il sole e la rugiada,
rovesciarti a
torrente per le forre,
cantare con la
lunga onda dei fiumi
per la pianura -
o primavera schiava;
io non so cosa
più soave e bella
di te, che fai
tua festa d'un riflesso
blando d'acque e
di cieli, d'uno strido
aspro di rondine,
d'un rombo errante
di campane, d'un
bianco sventolìo
di cenci al sole,
d'un fremer di vela
d'oro, nel vento
che la gonfia e preme:
o primavera che
non puoi dar fiore,
o giovinezza dal
sepolto cuore.
(da "Poesie
vecchie e nuove", Mondadori, Milano 1952, pp. 77-78)
Canaletto, "The Entrance to the Grand Canal, Venice" (da questa pagina web) |
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